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Cade in strada, va risarcito (Cass. 17625/16)

5 settembre 2016, Cassazione civile

Scivola sulla ghiaia (cd. slip and fall): una volta accertata l'esistenza d'un nesso di causa tra la cosa in custodia ed il danno, è onere del custode - per sottrarsi alla responsabilità dr cui all'art. 2051 c.c. - provare la colpa esclusiva o concorrente del danneggiato (che può desumersi anche dalla agevole evitabilità del pericolo), mentre deve escludersi che la vittima, una volta provato il nesso di causa, per ottenere la condanna del custode debba anche provare la pericolosità della cosa. 

 

Corte di Cassazione

sez. VI Civile - 3, ordinanza 13 aprile - 5 settembre 2016, n. 17625

Svolgimento del processo
1. 1 consigliere relatore ha depositato, ai sensi dell'ars. 380 bis c.p.c., la seguente relazione:
"1. F.P. ha impugnato per cassazione la sentenza con la quale la Corte d’appello di Catanzaro ha rigettato la domanda, da essa proposta contro il Comune di Bisignano, avente ad oggetto il risarcimento dei danni alla salute patiti in seguito ad una caduta, provocata dal manto stradale sconnesso.
2. Deduce la ricorrente che la Corte d'appello avrebbe violato gli arti. 2051 e 2697 c.c.. addossando alla vittima l'Onere di provare che lo stato dei luoghi era pericoloso e che la cosa fosse 'potenzialmente pericolosa':
3. Il motivo appare manifestamente fonduta.
La Corte d'appello di Catanzaro, dopo avere r fermato che la fattispecie dedotta in giudizio era disciplinata dall'art. 2051 c. c., e dopo avere accertato in facto che effettivamente la caduta di F.P. fu causata dalle buche e dal brecciolino presenti sulla strada da lei percorsa, ha soggiunto che. l'accoglimento della domanda avrebbe "richiesto la dimostrazione del fatto che lo stato dei luoghi presentava una obiettiva situazione di pericolosità
(-) "sarebbe stato necessario dimostrare evidentemente, da parte dell'attrice, n. d. r.] che la cosa avesse una potenzialità dannosa intrinseca, tale da giustificare l'oggettiva responsabilità del custode"
3. 1. Ciascuna di tali affermazioni, tuttavia, non è coerente con l'interpretazione dell'art. 2051 cc. ormai consolidata nella giurisprudenza di questa Corte.
Al fine di stabilire come debba ripartirsi l'onere della prova tra danneggiato e custode, nei casi in cui si applichi l'art. 2051 questa Corte ormai da diverso tempo ha distinto due ipotesi.
Quando il danno è causato da cose dotate da un intrinseco dinamismo, l'attore ha il solo onere di provare il nesso di causa tra la cosa ed il danno, mentre non è necessaria la dimostrazione della pericolosità della cosa.
Quando il danno è causato da cose inerti e visibili (marciapiedi, scale, strade, pavimenti, e simili), il danneggiato può provare il nesso di causa tra cosa e danno dimostrandone la pericolosità (ex multis, da ultimo., sez. 6 - 3., Ordinanza n. 21212 del 20/ 10/ 2015, Rv. 637445).
La pericolosità della cosa finte di danno non è, dunque, fatto costitutivo della responsabilità del custode, ma è semplicemente un indizio dal quale desumere, ex art. 2727 c. c., la sussistenza d’un valido nesso di causa tra una cosa inerte e il danno: nel senso che quando questo si assume provocato da una cosa priva di intrinseco dinamismo, dal fatta noto che quella cosa fosse pericolosa il giudice può risalire al fatto ignorato dell'esistenza del nesso di causa; mentre dal fatto noto che non lo fosse potrà risalire al fatto ignorato che sia stata la distrazione della vittima a provocare il danno.
3.2. Nel caso di specie, è stata la stessa Corte d'appello a ritenere dimostrata la sussistenza del nesso di causa tra la cosa ed il danno p. 5, primo capoverso, della sentenza impugnata).
Una volta stabilito ciò, sarebbe stato onere della amministrazione convenuta provare la colpa esclusiva o concorrente della vittima.
La Corte d'appello, invece, pur affermando di non disporre d'una prova in tal senso (come si desume dal condizionale passato "sarebbe stato necessario dimostrare ecc."), ha rigettato la domanda, mutuando dalla ritenuta non pericolosità della cosa non la prova dell'assenza di nesso di causa, ma quella della assenza di colpa del custode.
4. Si propone pertanto l'accoglimento dei ricorso e la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Corte d'appello di Catanzaro affinché si attenga al seguente principio di diritto:
"Una volta accertata l'esistenza d'un nesso di causa tra la cosa in custodia ed il danno, è onere del custode - per sottrarsi alla responsabilità dr cui all'art. 2051 c.c. - provare la colpa esclusiva o concorrente del danneggiato (che può desumersi anche dalla agevole evitabilità del pericolo), mentre deve escludersi che la vittima, una volta provato il nesso di causa, per ottenere la condanna del custode debba anche provare la pericolosità della cosa”.
2. La parte controricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis, comma 2, c.p.c., con la quale ha insistito per il rigetto del ricorso.

Motivi della decisione

3. Il Collegio condivide le osservazioni contenute nella relazione. Ritiene, invece, non decisive le contrarie osservazioni svolte dalla amministrazione controricorrente nella propria memoria.
4. Nella propria memoria ex art. 380 bis c.p.c., il comune di Bisignano richiama numerose decisioni di questa Cote, nelle quali si afferma che nel caso di danni causati da cose in custodia, quando la cosa fonte del danno sia statica ed inerte, "per la prova del nesso causale occorre dimostrare che lo stato dei luoghi presentava una obiettiva situazione di pericolosità" (pp- 3-5 della memoria).
Ma nessuno, e tanto meno la relazione sopra trascritta, nega questo principio.
L'errore della sentenza impugnata, come già rilevato dalla relazione preliminare, è consistito nello scambiare la prova del nesso di causa con quella della assenza di colpa.
La pericolosità della cosa inerte è indizio dal quale risalire, ex art. 2727 c.c., alla prova del nesso di causa. Se una cosa inerte non è pericolosa, ciò può bastare per affermare che manchi il nesso di causa tra la cosa e il danno. Ma quando il nesso di causa tra cosa e danno è positivamente accertato (come ritenne la Corte d'appello nel nostro caso), non è più necessario stabilire se la cosa stessa fosse pericolosa o meno.
La non pericolosità d'una cosa inerte infatti può escludere il nesso di causam non la colpa del custode: sicché se quel nesso è dimostrato aliunde, la pericolosità della cosa diventa giuridicamente irrilevante. Nel caso di specie, l'esistenza del nesso di causa è stata positivamente accertata dalla Corte d'appello. Provato tale nesso, spettava dunque al Comune dimostrare la propria assenza di colpa.
Ed è a questo punto che la Corte d'appello, dovendo stabilire se il Comune avesse superato la presunzione di colpa posta a suo carico dall'art. 2051 c.c., ha evocato il concetto di "pericolosità" della cosa, giungendo alla erronea conclusione che, non essendo la cosa pericolosa, mancasse per ciò solo la colpa del Comune. Statuizione erronea, perché anche il proprietario di cose non pericolose risponde ex art. 2051 c.c., una volta appurato un valido nesso di causa tra cosa e danno.
11 ricorso deve dunque essere accolto, in applicazione del principio di cui al 5 4 della relazione sopra trascritta.
5. Le spese del presente grado di giudizio saranno liquidate dal giudice del rinvio.

P.Q.M.

la Corte di cassazione, visto l'art. 380 c.p.c. (-) accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d'appello di Catanzaro, in diversa composizione, anche per le spese.