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Diritto di critica sindacale nella Convenzione europea dei diritti dell'uomo

15 maggio 2015, Andrea Tigrino, Michele Valente e Nicola Canestrini

Il diritto di critica sindacale, pur dovendosi muovere all'interno dei parametri prefissati per la libertà d'espressione, nell'analisi della giurisprudenza della Corte di Strasburgo  si articola in maniera generalmente più permissiva in presenza di determinate circostanze concrete. 

 

La libertà d'espressione sindacale nella giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo

 

1. Introduzione

La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (?CEDU?) è, come noto, un trattato internazionale redatto dal Consiglio d'Europa ratificato da tutti i suoi 47 Stati membri.

All'interno dei suoi 59 articoli e 14 protocolli aggiuntivi, il novero dei diritti protetti e riconosciuti dalla Carta è vastissimo, perché spazia dal diritto alla vita al diritto ad un equo processo, dal divieto di tortura alla proibizione del lavoro forzato e della schiavitù.

L?organo forse più conosciuto istituito dalla Convenzione è rappresentato dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, organo giurisdizionale internazionale istituito nel 1959 con sede a Strasburgo (da qui ?Corte di Strasbirgo?, o ?Corte EDU?) la cui giurisprudenza sta progressivamente assumendo un ruolo sempre più rilevante nelle aule giudiziarie: a tal proposito, appare significativo evidenziare come, a fronte dei circa 10.000 ricorsi ricevuti dalla Corte fino al 2000, gli stessi siano saliti a 49.900 soltanto negli otto anni successivi.

Proprio con riguardo alle sentenze pronunciate, ogni anno si contano decine di condanne dell'Italia per violazione delle disposizioni della Convenzione: dalla consultazione dell'elenco redatto dalla Camera dei Deputati e liberamente reperibile sul sito della Corte di Cassazione (la prima impegnata nella classificazione degli abstract relativi alle pronunce della Corte EDU) è infatti possibile riscontrare ben di 63 condanne con solo riferimento al 2012, cui seguono le 39 del 2013 e le 44 del 2014.

 Ad ogni modo, la CEDU e la giurisprudenza della sua Corte non esplica la propria forza conformatrice con esclusivo riferimento agli Stati firmatari della convenzione intesi come soggetti di diritto internazionale (pur essendo stata concepita, all'epoca, per esercitare soprattutto una "moral suasion" nei confronti degli Stati firmatari), vantando un effetto diretto anche all'interno della giurisprudenza italiana: e ciò come ?parametro subcostituzionale? interposto fra norma ordinaria e norma costituzionale (con possibilità / necessità di sollevare questione di legittimità costituzionale dell?eventuale normativa interna in contrasto con la normativa o giurisprudenza europea, qualora non sia possibile una interpretazione conforme o ?convenzionalmente orientata), o ? secondo un orientamento peraltro isolato, allo stato ? addirittura per affermare l'effetto diretto della CEDU nell'ordinamento nazionale.

Detto effetto diretto deriverebbe, secondo l?impostzone del Tar Lazio, dall'art. 6/2 del Trattato sull?Unione Europea post Lisbona 2009, secondo il quale "l'Unione aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali" e, secondo il comma 3, "i diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell?uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, fanno parte del diritto dell'Unione in quanto principi generali", con conseguente necessaria disapplicazione della norma interna in contrasto con la CEDU (sentenza TAR Lazio, n. 11984 del 2010).

Senza arrivare alla contestata conclusione del TAR Lazio, il giudice italiano, secondo una consolidata giurisprudenza italiana che prende le mosse dalle cd. ?sentenze gemelle? (che poi gemelle non sono afatto, come sa lo studioso attento) o ?sentenze telefoniche? della Corte Costituzionale 348 e 349 del 2007, è comunque pacificamente tenuto a verificare sempre se la norma interna risulti in contrasto con la Convenzione europea, proponendo - nell'ipotesi in cui eventuali contrasti non appaiano sanabili in via interpretativa (cd. "interpretazione convenzionalmente orientata")-  questione di legittimità costituzionale per l'impossibilità di una interpretazione conforme. 

2. La libertà di espressione (cenni)

 Date queste premesse, fra i principi basilari dell'ordinamento costituzionale italiano e più ampiamente di ogni sistema democratico svetta la libertà d'espressione, "pietra angolare del sistema democratico" (Corte Costituzionale 19.02.1965, n.9; 17.4.1969, n.84), "fondamento della democrazia" (Corte cost. n. 172 del 1972) nonché "il più alto, forse dei diritti fondamentali" (Corte cost. n. 138 del 1985).

 Tale diritto incontra specifica tutela anzitutto con riferimento all'art. 10 CEDU, quest'ultimo comprensivo di due commi rispettivamente inerenti il novero di libertà riconosciute e le loro possibili limitazioni.

ARTICOLO 10 Libertà di espressione

1. Ogni persona ha diritto alla libertà d?espressione. Tale diritto include la libertà d?opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera. Il presente articolo non impedisce agli Stati di sottoporre a un regime di autorizzazione le imprese di radiodiffusione, cinematografiche o televisive.

2. L?esercizio di queste libertà, poiché comporta doveri e responsabilità, può essere sottoposto alle formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni che sono previste dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla sicurezza nazionale, all?integrità territoriale o alla pubblica sicurezza, alla difesa dell?ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, alla protezione della reputazione o dei diritti altrui, per impedire la divulgazione di informazioni riservate o per garantire l?autorità e l?imparzialità del potere giudiziario.

(?) Limiti generali alla libertà di espressione (cenni)

La libertà d?espressione e il diritto di critica, come espressione del più generale diritto di libertà di espressione / informazione,  ne condividono l'ambito applicativo.

Essa ha come principale antagonista il diritto all?onore e alla riservatezza dei singoli soggetti che vengono investiti dall?esercizio di tale diritto: tutto ciò rende il confine tra diritto all?informazione e diffamazione estremamente labile.

 La Corte EDU interviene in maniera decisa sul tema nel ricorso Mengi c. Turchia (13471/05 e 38787/07): nel caso di specie, una giornalista era stata condannata per aver pubblicato sul quotidiano Vatan una forte critica ad alcuni membri della commissione incaricata di redigere una bozza del nuovo Codice Penale turco. 

Referente primario della critica era uno studioso stimato a livello internazionale, che veniva tratteggiato come un ottantenne bigotto ed ossessivo che discrimina le donne e i bambini. 

Questi aveva proposto di ridurre le pene previste per i reati di stupro e omicidio d?onore e perciò la giornalista ne auspicava la reclusione in una clinica. La Corte, ritenendo che la condanna violasse l?art. 10 CEDU, nella motivazione della sentenza dettava un decalogo a cui le autorità interne devono attenersi per valutare l?eventuale commissione del reato di diffamazione da parte di chiunque scriva su un giornale (ivi compreso il sindacalista):

  • Interesse pubblico alla notizia: una vicenda che interessa un ristretto gruppo di persone e non apporta alcun contributo apprezzabile ad un dibattito generale (come per esempio una notizia di puro gossip) non è oggetto di tutela dell?art. 10 CEDU.
  • Verifica della notizia: il giornalista deve verificare, nei limiti del possibile, le fonti, onde accertarne l?attendibilità e la verità sostanziale dei fatti[1]. Per valutare ciò, occorre sincerarsi della corrispondenza tra l?affermato e l?accaduto: in caso di inesattezze, è necessario correggerle tempestivamente e pubblicarle sotto forma di rettifiche.
  • Rispetto delle regole deontologiche: il linguaggio offensivo ricade fuori dalla scriminante della libera manifestazione del pensiero se è teso ad una denigrazione dell?individuo oggetto di critica. Al contrario, se dal contesto emerge che l?intento dell?articolo è quello di criticare basandosi su fatti, è permesso un linguaggio colorito ed aggressivo: ecco perché l?uso di frasi volgari non determina ex se il travalicamento dei limiti dell?art 10 CEDU, dovendosi ritenere tale condotta una mera scelta stilistica del giornalista. Il dovere di moderazione si attenua ulteriormente nell?ipotesi di critica all?homopublicus, che si pone per sua scelta all?attenzione del pubblico e quindi deve accettare un livello di critica superiore all?ordinario: in tali circostanze è tollerata una maggiore dose di esagerazione e provocazione.
  • Agire in buona fede: è indice riassuntivo dei primi tre, volto a sanzionare situazioni che solo formalmente rientrano nel libero esercizio di cronaca ma che si risolvono in una critica effettuata al solo scopo di ledere la sfera personale del ricevente.

 Da questa breve disamina la Corte EDU fa discendere la distinzione tra giudizi di fatto e giudizi di valore: se infatti l?esistenza del fatto può essere soggetta a prova, tale onere non può essere richiesto - per sua stessa natura - in un giudizio di valore. Richiederne la dimostrazione della verità fomenta quindi un forte effetto dissuasivo sulla libertà di 3. informare. 

3. La libertà di espressione in ambito lavorativo

 Il tema offre rilevanti spunti di riflessione in rapporto al diritto sindacale ed alle libertà ad esso riconducibili, data la possibile e anzi fisiologica litigiosità che caratterizza i rapporti fra le parti sul luogo di lavoro : a tal proposito, la stessa Convenzione concepisce un art. 11 il quale, in ragione di uno schema già osservato, individua sia il diritto alla libertà di riunione e associazione  - tra cui spicca  appunto quella sindacale -, sia le ipotesi in cui tali libertà possono essere contemperate nell'ottica di un  superiore interesse nazionale.

ARTICOLO 11  Libertà di riunione e di associazione

1. Ogni persona ha diritto alla libertà di riunione pacifica e alla libertà d?associazione, ivi compreso il diritto di partecipare alla costituzione di sindacati e di aderire a essi per la difesa dei propri interessi.

2. L?esercizio di questi diritti non può essere oggetto di restrizioni diverse da quelle che sono stabilite dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una società democratica, alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, alla difesa dell?ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale e alla protezione dei diritti e delle libertà altrui. Il presente articolo non osta a che restrizioni legittime siano imposte all?esercizio di tali diritti da parte dei membri delle forze armate, della polizia o dell?amministrazione dello Stato. 

Si procederà dunque all?analisi della giurisprudenza della Corte di Strasburgo, la quale, pur dimostrandosi granitica nel garantire il più ampio diritto di critica nell?ambito dell?attività sindacale, ha tuttavia tracciato limiti precisi di cui si darà conto in seguito con esempi concreti. 

La Corte EDU, Schettini e altri c. Italia, dec. 9 novembre 2000; Wilson, Sindacato Nazionale giornalisti e altri c. Regno Unito, 2 luglio 2002 (in La CEDU e il ruolo delle Corti, a cura di Pasquale Gianniti, Zanichelli Editore, 2015) ribadisce l?indirizzo tradizionale per cui la contrattazione collettiva è solo uno degli strumenti a disposizione dei sindacati, non escludendo quindi che essi e i loro membri debbano comunque essere liberi, in un modo o nell?altro (e cioè anche con la critica), di cercare di persuadere il datore di lavoro ad ascoltare le loro richieste in favore dei propri assistiti.

 A partire da questo terreno comune, la casistica permette, ai fini di una migliore comprensione,  una sub divisione della materia in due species, individuate nell?esercizio del diritto di critica rispettivamente in forma scritta e orale. Entrambe, pur muovendo da una base giurisprudenziale condivisa, presentano margini di tolleranza differenti, meritevoli pertanto di una trattazione separata.

4. Il diritto di critica sindacale

 La libertà d?espressione sindacale e il diritto di critica, soprattutto quando esercitato in forma scritta (es. tramite volantinaggio, pubblicazione su riviste sindacali a carattere locale o addirittura nazionale), ma anche se esercitato in forma orale, condividono, come si è detto, il loro ambito applicativo con il più generale diritto alla libertà d?informazione.

 Il diritto di critica sindacale, deve quindi muoversi all?interno dei succitati parametri prefissati per la libertà d?espressione, ma si articola in maniera generalmente più permissiva in presenza di determinate circostanze concrete.

Nel ricorso Vellutini and Michel v. France  (ricorso n. 32820/09) ?The Court reiterated that the limits of acceptable criticism were wider as regards a politician than as regards a private individual. Politicians inevitably and knowingly laid themselves open to close scrutiny of their every word and deed by both journalists and the public at large, and they consequently had to display a greater degree of tolerance towards criticism. Moreover, the local controversy in today?s case was in itself a very lively one. The applicants? remarks had been made in response to the mayor?s accusations about the professional and personal conduct of a member of their union. In that context, as for any individual who took part in a public debate, a degree of exaggeration, or even provocation, with the use of somewhat immoderate language, was permitted.?

Nel caso di specie, il presidente e il segretario generale dell?USPPM, un sindacato di polizia, erano stati condannati dalle corti francesi per aver pubblicato e distribuito tra i cittadini un volantino contenente ?remarks which, in the mayor?s view, were clearly defamatory and were directed against him as an elected official in order to discredit him in the eyes of those residents.?

I due sindacalisti erano intervenuti in difesa di una poliziotta iscritta al loro sindacato, la quale aveva avuto una controversia con il suo superiore - che nelle pubblicazioni non viene mai citato per nome, anche se identificabile - ed aveva subito dei provvedimenti ?for having an offensive attitude and threatening behaviour towards colleagues?: a seguito di ciò, ?she filed a complaint against a number of municipal employees for wilful assault, insults and threats, and false accusations.?

Fattispecie concreta a parte, che però deve sempre essere tenuta in debita considerazione nell?analisi della giurisprudenza della Corte EDU, dall?analisi della motivazione della Corte emergono numerosi profili di interesse: l?uomo politico, che non dev?essere inteso nella più stretta accezione di uomo appartenente ad un partito politico ma indica invece chiunque, per le caratteristiche del suo lavoro o per la sua posizione sociale, si ritrovi a giocare un ruolo preminente nella vita sociale[2], è soggetto ad una critica più ampia.

Infatti ?Politicians inevitably and knowingly laid themselves open to close scrutiny of their every word and deed by both journalists and the public at large, and they consequently had to display a greater degree of tolerance towards criticism?.  

 Se poi l?argomento è d?interesse pubblico, ?for any individual who took part in a public debate, a degree of exaggeration, or even provocation, with the use of somewhat immoderate language, was permitted.?

 Il tema dell?esagerazione e della provocazione viene ripreso anche in Papaianopol c. Romania (ricorso n. 17590/02): i profili fattuali di questo caso sono estremamente interessanti, essendo in presenza di un giornalista che, in veste di leader del sindacato degli insegnanti, pubblica su un giornale a tiratura nazionale un articolo intitolato ?Terror at D. High School in Câmpulung Muscel? in cui accusava il preside di ?using dictatorial methods in his school, taking measures in his own interest, obstructing reforms, using threats and physical violence, etc. It explained that he had been assigned to the school as a teacher by the communist regime before 1989 and that he had been promoted to headmaster in 1989 after joining the majority political party (the ?PDSR?)?.

 La Corte di Strasburgo ritenne che la condanna dell?autore dell?articolo avesse violato l?art. 10 CEDU: in particolare, anche se Mr. Papaianopol aveva semplicemente riportato delle lamentele provenienti dagli insegnanti - utilizzando quindi delle fonti non accreditate e per certi versi di parte -  egli si è comunque assicurato di dare al suo scritto ?a sufficient factual basis?.

La libertà d?espressione è quindi garantita anche se l?articolo riguardava il preside in prima persona, indicandone nome e posizione, perché la critica riguardava la sua capacità professionale e non la sua vita privata. L?autore agiva in buona fede, ?being convinced that he was informing the public about a debate of general interest?; infatti ?The Court further noted that the applicant had participated actively in his trial and had constantly offered to prove the veracity of his comments?: pertanto dal comportamento processuale del ricorrente è possibile desumere indici a favore della scriminante in esame.

 Infatti ?for a restriction of freedom of expression to comply with the Convention it had to be prescribed by law and to pursue a legitimate aim such as the protection of the reputation or rights of others. It was not in dispute between the parties that those two conditions had been fulfilled in the present case. Such restriction also had to be based on relevant and sufficient reasons and to be proportionate to the aim pursued. The Court had to ascertain whether this requirement was met by the penalty imposed on Mr Papaianopol.?

 Per valutare il legittimo esercizio dell?art 10 CEDU, l?articolo incriminato dev?essere considerato ovviamente nella sua interezza, senza soffermarsi su un?unica frase estrapolandola dal contesto.

Nel caso Marian Maciejewsky c. Polonia (ricorso n. 34447/05) le autorità nazionali avevano erroneamente condannato la ricorrente per un articolo intitolato ?thieves in the administration of justice?. 

La Corte, pur riconoscendo che l?occhiello era forte, rilevava che i giudici nazionali avrebbero dovuto valutare l?articolo nel suo complesso: nel fare ciò, i giudici sono altresì tenuti a prendere in considerazione il probabile impatto di una propria decisione non solo nel caso concretamente trattato, ma anche sui media in generale. È questo il motivo per cui nello stesso caso Papaianopol c. Romania (application n. 17590/02) la Corte ammoniva lo Stato per aver comminato una pena troppo severa[3], peraltro in concorso con vizi motivazionali nella sentenza.

I limiti alla libertà d?espressione sindacale vengono tratteggiati in negativo dalla sentenza Palomo Sanchez and Others v. Spain (application nos. 28955/06, 28957/06, 28959/06 and 28964/06).

Nella vicenda in esame, i ricorrenti avevano pubblicato sulla prima pagina della newsletter del sindacato ?a caricature showing two employees of the company giving sexual favours to the director of human resources? accompagnata da ?two articles, worded in vulgar language, [which, ndr] criticised the fact that those two individuals had testified in favour of the company during the proceedings brought by the applicants. The newsletter was distributed among the workers and displayed on the notice board of the trade union on the company?s premises.? La Corte di Strasburgo ha ritenuto che ?the cartoon and the two articles were offensive and impugned the dignity of the people concerned?, statuendo come la difesa della libertà d?espressione non sia estendibile alle affermazioni umilianti o offensive, perché queste non sono necessarie per la formazione del convincimento altrui. Il principio di buona fede tra le parti impone un bilanciamento tra i vari interessi in gioco: i ricorrenti ?included accusations which were aimed not directly at the company but against two other employees and the human resources manager?, scadendo così nell? ?use of offensive cartoons or expressions, even in the context of labour relations?. Dev?essere infatti tracciata una chiara distinzione ?between criticism and insult and that the latter might, in principle, justify sanctions?.

Nel caso Marchenko V. Ukraine (ricorso n. 4063/04) il ricorrente, insegnante e capo di un?unione sindacale, accusava il direttore della scuola in cui lavorava di essersi indebitamente appropriato di ?humanitarian aid given to the school, had used the school car, TV set and video equipment for private purposes and had taken bricks from one of the school?s walls?. Le indagini svolte non hanno fatto emergere alcuna prova delle presunte appropriazioni indebite. La Corte ?first noted that Mr Marchenko, despite being a union representative acting on a matter of public concern, had a duty to respect the reputation of others, including their presumption of innocence, and owed loyalty and discretion to his employer. The Court further observed that Mr Marchenko should have made his allegations first to the director?s superior, or other competent authority, before disclosing them to the public. The Court then noted that Mr Marchenko had not attempted to use the legal means available to challenge what he considered ineffective investigation by the public auditing service and the prosecutor into his allegations, but had instead accused the director harshly during a public picket.?

L?attività sindacale non si esplica solamente tramite pubblicazioni più o meno formali, dirette ai suoi iscritti o ad un pubblico di lettori più o meno vasto giacchè in prima battuta, il sindacalista è presente sul posto di lavoro e ingaggia confronti orali

La Corte di Strasburgo nel ricorso Palomo Sanchez and Others v. Spain (application nos. 28955/06, 28957/06, 28959/06 and 28964/06) ha occasione di affermare, in obiter dictum, che i confini della libertà d?espressione sono più ampi se l?oggetto del contendere riguarda ?instantaneous and ill-considered reactions in the context of a rapid and spontaneous oral exchange?: pertanto written assertions devono essere giudicate con un maggiore rigore, poiché, pur potendo essere redatte in uno stato emotivo alterato, vi è sempre la possibilità di una successiva revisione a mente lucida. 

 

Sentenze rilevanti della Corte di Strasburgo (cfr. il motore di ricerca HUDOC http://hudoc.echr.coe.int/) 

  • Corte EDU, Schettini e altri c. Italia, dec. 9 novembre 2000; Wilson, Sindacato Nazionale giornalisti e altri c. Regno Unito, 2 luglio 2002 (in La CEDU e il ruolo delle Corti, a cura di Pasquale Gianniti, Zanichelli Editore, 2015) = contrattazione collettiva è solo uno degli strumenti a disposizione dei sindacati, che devono essere liberi, in un modo o nell?altro, di cercare di persuadere il datore di lavoro ad ascoltare le loro richieste;
  • Vellutini and Michel v. France  (application n 32820\09)  = scambio reciproco di accuse tra sindacalisti.

Richiesta la buona fede e le critiche devono essere connesse ai compiti svolti dalla persona e non di natura privata. Personaggio pubblico deve sottoporsi a più critiche del privato. Ammessa esagerazione e provocazione se il dibattito è di pubblico interesse. Meglio se il comportamento processuale del ricorrente è cooperativo e offre prove a supporto delle sue affermazioni. Personaggio non identificato ma identificabile.

  • Papaianopol c. Romania (application n. 17590\02) = sindacalista critica il preside, dicendogli che ha avuto quel posto per raccomandazioni politiche.

Articolo basato principalmente sulle lamentele fatte dai docenti (+ indicazione delle loro generalità).  Personaggio pubblico deve sottoporsi a più critiche del privato. Personaggio identificato con nome e cognome: lecito esercizio dell'art. 10 CEDU perché c'è una sufficiente base fattuale e c'è comportamento processuale collaborativo per dimostrarlo. Richiesto l'interesse generale.Comunque la pena irrogata dallo stato era troppo alta.

  • Palomo Sanchez and Others v. Spain (application nos. 28955/06, 28957/06, 28959/06 and 28964/06) = CONDANNA CONFERMATA per vignetta che ritrae due lavoratori, che hanno testimoniato a favore dell'azienda in un processo instaurato dal sindacato, "giving sexual favours" al direttore risorse umane.

Richiesta buona fede e rispetto dei lavoratori: non è una notizia necessaria agli altri per fargli formare un'opinione. La stessa frase, orale o scritta, è valutata differentemente: è più grave la seconda. Condannati perché hanno messo in mezzo i due lavoratori: ciò travalica il diritto di critica al datore di lavoro.

  • Mengi c. Turchia (13471\05 e 38787\07) = giornalista accusa studioso internazionale di essere un discriminatore che dovrebbe essere internato.

Distinzione tra giudizio di fatto VS giudizio di valore, soli i primi sono soggetti a prova. Richiesto l'interesse pubblico della notizia (NO gossip). Ammesso linguaggio volgare, se non è per denigrare ma nel complesso porta una critica basata sui fatti. Bene provocazione e esagerazione, no dovere di moderazione;

  • Marian Maciejewsky c. Polonia (application n. 34447\05) = articolo intitolato "Ladri nell'amministrazione della giustizia".

Non bisogna estrapolare una frase (in questo caso un titolo) dal suo contesto. Prima di condannare, giudici devono considerare tutto l'articolo e il possibile effetto dissuasivo sui media in generale.

  • Csanics c. Ungheria, n°12188\06 = definizione di uomo pubblico deve essere intesa in senso ampio ( è uomo pubblico il datore di lavoro di tanti dipendenti).
  • Wojtas-Kaleta V. Poland (application n. 20436\02) = base fattuale concreta e pubblico interesse.
  • Marchenko V. Ukraine (application n. 4063\04) = CONDANNA CONFERMATA, sindacalista aveva accusato il preside di appropriazione indebita.

Manca qualsiasi prova, non c'è rispetto della presunzione di innocenza. Sindacalista doveva PRIMA andare a parlarne col superiore o con le autorità, e solo dopo eventualmente pubblicare l'articolo.Pena irrogata dallo stato era troppo alta.

 

 

 

 

 

 



[1] Corte EDU, Wojtas-Kaleta V. Poland (application n. 20436\02). Nel caso di specie, una giornalista sindacalista aveva contestato in un articolo il palinsesto televisivo del proprio datore di lavoro, il quale aveva deciso di sopprimere due programmi di musica classica, sostenendo che ?while classical music was the heritage of the nation, its continuous dissemination was seriously jeopardised by diminishing its time on the air and polluting air time instead with violence and pseudo- musical kitsch.?. A seguito del ricorso per le misure disciplinari applicate alla sindacalista, la Corte di Strasburgo le ritenne illegittime  perché ?the applicant?s statements had relied on a sufficient factual basis and had at the same time amounted to value judgments which were not susceptible of proof.?

[2] Corte EDU, Csanics c. Ungheria, n°12188\06: ?It was true that the plaintiff was not a public figure, but the high number of the employees concerned made the issue a subject of considerable public interest. In the applicant?s view, as a trade union leader, he had had no other choice but to stand up for those rights in the impugned manner.?

[3] Nel caso Marchenko V. Ukraine (application n. 4063\04) il ricorrente, insegnante e capo di un?unione sindacale della scuola in cui lavorava, veniva  ingiustamente condannato alla reclusione di un anno ?for publicly and unfoundedly accusing the director of the school for misappropriating public funds?.  ?The Court concluded that that had been an excessive measure, which had had a dissuasive effect on public debate, in violation of Article 10.?