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Manganello è arma impropria (Cass. 37181/16)

7 settembre 2016, Cassazione penale

Il manganello rientra tra le armi delle quali è vietato il porto fuori della propria abitazione o delle appartenenze di essa: chi lo porta per lavoro, come gli addetti alla sicurezza, però ha un motivo legittimo per farlo (il "giustificato motivo" richiesto dalla norma) e quindi non commette reato.

 

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 1 marzo ? 7 settembre 2016, n. 37181

Ritenuto in fatto

 

. Con sentenza del 29/04/2014 il Tribunale di Trapani condannava D.V.G. alla pena di C. 2.000 di ammenda in ordine al reato di cui all’art. 4 L. n. 110 del 1975, previa concessione delle attenuanti generiche e del fatto di lieve entità (porto fuori dalla propria abitazione, senza giustificato motivo, un manganello "estensibile" in metallo lungo cm. 65, da considerarsi, per le circostanze di tempo e di luogo, utilizzabile per l’offesa alla persona - in Trapani il 31/07/2012).

1.1. L’istruttoria dibattimentale si svolgeva principalmente con l’audizione del teste dell’accusa, App. Sc. C.G., in servizio presso il N.O.R.M. di Trapani, e con l’acquisizione al fascicolo dibattimentale del verbale di sequestro operato nei confronti dell’odierno prevenuto il 31/07/2012 di un manganello in metallo della misura totale di cm. 65 ed una circonferenza pari a cm. 2,5 del tipo estensibile rigido.

1.2. La pattuglia composta dagli App. sc. C.G. e V.G. , in data (OMISSIS) , intorno alle ore 7.30, fermava per un controllo di routine un motociclo condotto dall’odierno prevenuto; in tale circostanza, i militari, oltre a rendersi conto che il mezzo condotto dal D.V.G. non era coperto da assicurazione, notavano, altresì, che quest’ultimo indossava una cintura contenente un manganello estensibile in metallo, arma impropria prontamente sottoposta a sequestro penale.
Proprio il verbale di sequestro forniva utile ed opportuno completamento al quadro probatorio scaturente dalla deposizione dell’Aps. C.G. .

1.3. In base all’art. 4, primo comma, L. n. 110 del 18/04/1975, tra le armi delle quali è vietato il porto salvo le autorizzazioni, quando consentite dalla legge, del Prefetto e del Questore vi rientrano quelle come pugnali e simili, la cui destinazione naturale è l’offesa alla persona, come le cosiddette "armi bianche", del quale è vietato in maniera assoluta il porto.

In particolare sarebbe compreso nella categoria degli strumenti da punta o da taglio atti ad offendere, costituente "arma bianca", il manganello, oggetto del presente sequestro, il cui porto fuori della propria abitazione o delle appartenenze di essa, per non incorrere in illiceità deve essere sorretto da giustificato motivo, non riscontrato nella vicenda e costituente un’eccezione alla configurazione del reato, poiché da un lato limita la validità del precetto penale e dall’altro paralizza l’azione penale; tale eccezione può trovare applicazione solo quando la situazione di fatto cui essa si riferisce sia pienamente provata, sottolineando che l’onere di provare tale situazione incombe a chi la deduce; ebbene, nel caso di specie, sebbene il D.V. avesse sostenuto di prestare servizio presso la S.T.A. Security in qualità di guardia giurata, non aveva fornito alcuna autorizzazione scritta al porto della predetta arma, sostenendo fermamente di averne ricevuto solo una verbale in ragione della sua occupazione lavorativa.

1.4. In ogni caso, le circostanze di tempo e di luogo in cui l’odierno imputato era stato fermato non giustificavano il possesso del manganello e, pertanto, si poteva ritenere concretizzato il reato ascrittogli.
La vicenda è riconducibile alla previsione di cui al terzo comma del suddetto articolo e non al quarto, in quanto catalogabile in quello di "lieve entità", in considerazione della particolare tipologia dell’arma, caratterizzata dalla scarsa offensività.

2. La difesa del D.V. proponeva ricorso per Cassazione avverso la predetta sentenza, chiedendone l’annullamento con adozione delle conseguenziali statuizioni.

2.1. Mancata assunzione di una prova decisiva, ex art. 606, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., per l’omessa audizione del teste di difesa A.A. , ritualmente indicato dalla difesa, ex art. 468 cod. proc. pen. ed ammesso dal Tribunale dopo l’apertura del dibattimento, che, come da capitolo di prova indicato in lista, avrebbe dovuto riferire in ordine all’attività svolta del D.V. .
Si trattava del datore di lavoro del prevenuto, titolare di una ditta dedita ai servizi di sicurezza dei locali pubblici e privati e, pertanto, provvede a fornire ai propri dipendenti l’uniforme e il manganello a corredo.
Lo stesso avrebbe potuto fornire anche l’autorizzazione/licenza in proprio possesso, concernente sia l’attività dei dipendenti, sia la dotazione con la quale gli stessi si recavano presso i locali commerciali a prestare la loro attività lavorativa.
Le omesse notifiche della difesa, pur essendo state effettuate presso la residenza del teste come dimostrato mediante la produzione del certificato di residenza del teste, inducevano il Tribunale a revocare l’ordinanza ammissiva, facendo venir meno la possibilità di difendersi dal "cuore" dell’accusa.

2.2. Manifesta illogicità della motivazione, ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. con riferimento alla testimonianza resa dal teste del P.M., l’app. CC C.G. , che aveva proceduto al controllo e, sentito all’udienza del 15/10/2013, riferiva testualmente che: "... questa persona presta servizio presso la S. T.A.. Security di Trapani.... indossava un pantalone scuro e una maglia, magliettina tipo polo, con sulla parte posteriore scritto Security, aveva una scritta bianca che c’era scritto Security una cintura con un porta manganello) un manganello estensibile in metallo" (cfr. pagg. 4, 5 e 6 delle trascrizioni relative alla testimonianza del teste C.G. ).

Dalle dichiarazioni del predetto teste emergeva un dato oggettivo: il prevenuto (peraltro alla guida del proprio motociclo, indi, senza alcuna intenzione di tenere celato il manganello) indossava l’uniforme tipica del personale che si occupa di sicurezza nei vari esercizi commerciali e aveva agganciato al cinturone il manganello incriminato.

Queste affermazioni del verbalizzante apparivano già da sole sufficienti a scriminare l’imputato dal fatto addebitatogli, stante il porto giustificato del manganello. Tali dichiarazioni sarebbero state ovviamente integrate dal datore di lavoro se il Tribunale non avesse deciso, come sopra spiegato, di revocare la relativa ordinanza ammissiva.

2.3. Omessa motivazione in violazione degli artt. 132 e 133 cod. pen., per mancata concessione della sospensione condizionale della pena e della non menzione della stessa nel casellario giudiziale.

Considerato in diritto

Il ricorso è fondato e comporta l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non costituisce reato.

2. Sussiste il vizio denunciato col secondo motivo di ricorso dimanifesta illogicità della motivazione: da una parte, il Tribunale dava atto che D.V.G. era stato trovato in possesso di un manganello, riposto all’interno di una cintura, e che, secondo quanto esposto dal teste di P.G.,vestiva un’uniforme tipica del personale adibito al servizio di sicurezza presso servizi commerciali, impegno lavorativo addotto dallo stesso D.V. come giustificazione della sua condotta; dall’altra, il Tribunale, senza confutare la tesi difensiva con l’illustrazione di un’ipotesi alternativa a spiegare la vicenda e senza smentire quanto esposto dal teste di P.G., sosteneva che le circostanze di tempo e di luogo non consentivano di giustificare il possesso dell’arma.
3. In conclusione, in mancanza di elementi concreti valorizzabili dal Giudice, risulta inevitabile disporre l’annullamento senza rinvio la sentenza impugnata.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non costituisce reato.