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Successione di leggi penali nel tempo: la guida in stato di ebbrezza, lavori di pubblica utilità

15 ottobre 2014, Giovanni Guarini e Nicola Canestrini

L'individuazione, tra una pluralità di disposizioni succedutesi nel tempo, di quella più favorevole al reo, va eseguita non in astratto, sulla base della loro mera comparazione, bensì in concreto, mediante il confronto dei risultati che deriverebbero dall'effettiva applicazione di ciascuna di esse alla fattispecie sottoposta all'esame del giudice: è quindi più favorevole la normativa introdotta nell'agosto 2010 che prevede quale pena sostitutiva dei lavori di pubblica utilità per il reato di guida di stato di ebbrezza. 

Successione di leggi penali nel tempo: la guida in stato di ebbrezza tra sospensione condizionale e lavori di pubblica utilità

 (commento alla sentenza Corte di Cassazione, sez. numero 32101/14 )

Come noto, il legislatore è intervenuto più volte sulla disciplina della guida in stato di ebbrezza, introducendo nell'agosto 2010 la possibilità di svolgere lavori di pubblica utilità quale pena sostitutiva (art. 186, comma 9-bis, codice della strada).

Ciò ha ovviamente posto il problema quale fosse la norma più favorevole da applicare ai procedimenti pendenti: nel caso che ha dato origine alla sentenza in commento, i giudici di primo e secondo grado avevano ritenuto che fosse più favorevole nel complesso quella prevista dall?art. 186 commi 1, 2 lett. ?c? e 2 sexies del D. Lgs. 285 del 1992 previgente rispetto alla novella ex art. 33 co. 1 lett. ?d? L. 120 del 2010, in vigore dal 13 agosto 2010.

Tale conclusione è stata motivata dall?autorità giudiziaria osservando, innanzitutto che ?la disciplina, in concreto, più favorevole al reo è quella ?vecchia? . Il giudice di prime cure ? osserva la Corte di Appello ? sarebbe partito dal minimo della pena detentiva, pervenendo ?ad una pena finale di mesi 1 e giorni 10 di arresto alla quale se avesse applicato la ?nuova? disciplina non sarebbe mai potuto pervenire?.

Il Consesso, altresì, pur non disconoscendo che con la ?vecchia? normativa l?imputato avrebbe potuto accedere alla sanzione sostitutiva dei lavori di pubblica utilità, conseguendo quindi con una condotta attiva l?estinzione del reato, ha tuttavia ritenuto che con minor sacrificio, ovvero con un semplice non facere, l?imputato ha beneficiato dell?estinzione del reato grazie al decorso temporale di cui all?art. 167 c.p., giacché al medesimo era stata concessa la sospensione condizionale della pena.

Quanto, poi, al giudizio prognostico in ordine al sopraggiungere di elementi negativi che non permetterebbero il conseguimento dell?estinzione del reato,  sia con riferimento alla sospensione condizionale sia con riferimento ai lavori di pubblica utilità, la Corte del gravame  ha rilevato come in caso di mancata dichiarazione di positivo svolgimento di questi ultimi, l?imputato avrebbe dovuto,  in ogni caso, scontare una pena più grave di quella che discenderebbe dall?ipotetica revoca della sospensione condizionale, poiché raddoppiata nel minimo. Mentre, con la concessione della sospensione condizionale la revoca sarebbe solo eventuale, considerata l?incensuratezza dell?imputato, e comunque la pena da scontare sarebbe più mite rispetto a quella sconterebbe a seguito della revoca dei l.p.u.

A ben vedere, il problema affrontato e risolto in senso giuridicamente criticabile dai giudici di merito attiene all?individuazione della disciplina più favorevole, così come imposto dall?art. 2/4 c.p. in ossequio al quale ?se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli per al reo?.

Come noto, invero, l'individuazione, tra una pluralità di disposizioni succedutesi nel tempo, di quella più favorevole al reo, va eseguita non in astratto, sulla base della loro mera comparazione, bensì in concreto, mediante il confronto dei risultati che deriverebbero dall'effettiva applicazione di ciascuna di esse alla fattispecie sottoposta all'esame del giudice (Cassazione penale  sez. I, 02 ottobre 2003, n. 40915), dovendo anche tenere in considerazione l?interpretazione da dare alla novella modificativa della disciplina di cui all?art. 186 D. Lgs. 285 del 1992.

La giurisprudenza (Cass. Pen. 2 ottobre 2003; Cass. pen., 2 ottobre 2010, nr. 40915, CED 22647) è, infatti, pacifica nell?affermare che per stabilire se una legge è favorevole o sfavorevole è necessario tener conto di tutte le conseguenze che deriverebbero applicando in concreto, rispettivamente, la nuova legge e quella previgente (es. la legge eleva il massimo della pena, ma diminuisce il minimo: la valutazione circa l?irretroattività della legge varia a seconda che il giudice voglia applicare la pena massima o la minima) e non secondo una valutazione in astratto.

Si consideri dunque come la disciplina oggi in vigore, introdotta con la testé citata L. 2010 mediante un aumento della pena dell?arresto nel limite edittale minimo, portato da 3 a 6 mesi, e prevedendo con l?inserimento del comma 9-bis nell?art. 186 cod. str. e del comma 8-bis nell?art. 187 cod. str., la possibilità di sostituire le pene classiche, dell?arresto e dell?ammenda, con la pena del lavoro di pubblica utilità di cui all?art. 54 l.gs nr. 274 del 2000, sul duplice  presupposto che non ricorra l?aggravante di cui al comma 2-bis (incidente stradale provocato) e che il condannato non ne abbia già usufruito. In tal caso il giudice, sostituita la pena con quella dei l.p.u., incarica l?ufficio locale di esecuzione ovvero l?ufficio di P.S. territorialmente competente (ovvero, in mancanza, i Carabinieri) di verificare l?effettivo svolgimento del lavoro di p.u. e, in caso di svolgimento positivo, il G.E., con fissazione di apposita udienza, dichiara il reato estinto, revoca la confisca del veicolo eventualmente disposta e riduce della metà la sospensione della patente di guida.

In caso di violazione degli obblighi connessi allo svolgimento del lavoro di p.u., il giudice, sempre con le forme del procedimento di cui all?art. 666 c.p.p., ?tenuto conto dei motivi, della entità e delle circostanze della violazione, dispone la revoca della pena sostitutiva con ripristino di quella sostituta e della sanzione amministrativa della sospensione della patente e della confisca?.

L?art. 186 co. 1 2 ?c? previgente alla modifica del 2010, conteneva invece una pena edittale minima inferiore (3 mesi a fronte della nuova 6 mesi) ma non contemplava anche la possibilità di poter sostituire la pena con i lavori di pubblica utilità, previsione di certo più favorevole per il condannato considerata l?estinzione del reato e la revoca della confisca.

Preso dunque atto delle due diverse discipline vigenti all?epoca della commissione del fatto ed attualmente, è necessario stabilire quale sia la normativa da applicare all?imputato che, in ossequio ai principi codicistici di cui al comma 4 dell?art. 2 c.p., risulti essere quella più favorevole per il reo.

 

  1. La richiesta da parte dell?imputato di effettuare i lavori di pubblica utilità

Pare opportuno premettere come la possibilità di considerare la sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità norma più favorevolerispetto alla previgente sanzione penale fosse già stata ammessa in passato con riguardo alla materia degli stupefacenti[1].

Per quel che concerne, invece, il caso de quo fin dall?inizio dell?entrata in vigore della nuova disciplina, parte della dottrina e della giurisprudenza[2], pur tenendo in considerazione la maggior pena detentiva prevista nei minimi dalla nuova legge vigente, hanno ritenuto che sia comunque la nuova disciplina ad essere più favorevole, ove sia la stessa difesa a formalizzare una richiesta espressa di sostituzione delle pene classiche con il lavoro di p.u., al fine di conseguire gli effetti favorevoli conseguenti al suo positivo svolgimento.

Come si è detto, la normativa più favorevole ex art. 2 comma 4° deve essere individuata in concreto, e nella fattispecie in esame, dunque, la decisione in concreto dell?imputato di rendere applicativa la sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità risulta elemento che rende più favorevole detta disciplina. Del resto non sarebbe una soluzione grandemente innovativa, far dipendere da una scelta dell?imputato l?applicazione di una normativa penale: la volontà del condannato è configurata dalla legge come criterio privilegiato anche per stabilire quale sia la pena meno grave da eseguire tra le diverse pene irrogate per il medesimo fatto  (art. 669 c.p.p.).[3]

A simili conclusioni è peraltro giunto anche il Supremo Consesso (Cassazione penale  sez. IV, 17 gennaio 2012, n. 11198[4]) che ha argomentato sostenendo come non possa ?negarsi che, nel complesso, la nuova disposizione, alla luce dei tanti vantaggi introdotti a fronte del contestuale inasprimento della sanzione, laddove sia intervenuta la specifica scelta dell'imputato ovvero al sua mancata opposizione, divenga per lui oggettivamente ed in concreto più favorevole rispetto a quella previgente?. Infatti ? si argomenta -  ?con la sopravvenuta L. 29 luglio 2010, n. 120 ? è stata inasprita la pena detentiva prevista (?): ma ciò non si ritiene sia ostativo all'applicazione del beneficio in questione?.

 Il principio è stato nuovamente ribadito da recentissima giurisprudenza (Cassazione penale  sez. IV, 19 settembre 2012, n. 42496), la quale ha avuto modo di stabile come ?non vi (sia) dubbio che l'applicazione del lavoro di pubblica utilità - anche per gli ulteriori effetti che derivano dall'esito positivo del suo svolgimento - possa essere ritenuta dall'imputato quale disposizione di favore, che, in quanto tale, ben può quindi trovare applicazione, ai sensi dell'art. 2 c.p., comma 4, anche in relazione a fatti commessi sotto il vigore della previgente disciplina, laddove non definiti con sentenza irrevocabile?.

 

  1. Valutazione del maggior favore della ?nuova? disciplina quanto all?introduzione di una causa di estinzione del reato

Altresì, in giurisprudenza (ex multis Cassazione penale  sez. IV, 07 luglio 2011, n. 31145) vi è chi, a prescindere dalla scelta dell?imputato, ha ritenuto più favorevole la norma come modificata dalla l. 120/2010 in quanto contenente una causa di estinzione del reato, così: ?la nuova disciplina sarebbe nel complesso più favorevole, potendo portare, a seguito della sostituzione, finanche alla declaratoria di estinzione del reato oltre che alla riduzione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida ed alla revoca della confisca del veicolo, a seguito del completamento positivo del programma lavorativo?.

?In altri termini, tale (nuova) previsione rileva in modo decisivo, già a livello di valutazione astratta, non perché introduce la possibilità di scontare una pena meno afflittiva di quella detentiva, ma perché introduce un?ipotesi di estinzione del reato non contemplata dalla normativa previgente. E ad escludere tale rilevanza non vale  il richiamo al carattere non automatico ma eventuale della sostituzione della pena detentiva con altra meno afflittiva, perché, come per le attenuanti e il bilanciamento nel reato continuato, si deve guardare all?esistenza o meno dell?astratta possibilità per quel determinato imputato di fruire dell?istituto normativo vantaggioso (cioè la causa estintiva) ed, in caso positivo, la disciplina sanzionatoria  che lo contempla  deve ritenersi nel suo complesso  più vantaggiosa, anche a  prescindere dal successivo effettivo concretizzarsi o meno di quel vantaggio (come in caso di successiva revoca della sanzione sostitutiva). E d?altra parte sarebbe davvero singolare precludere ad un imputato la possibilità di ottenere una declaratoria di estinzione del reato pochi mesi dopo la sentenza, tra l?altro con contestuale revoca della confisca del veicolo,  sostenendo che  la normativa che gli attribuisce tale diritto è meno favorevole di  altra normativa  che  glielo nega?[5].

 2. la concessione della sospensione condizionale della pena

Il giudice di merito ha individuato la normativa più favorevole rilevando, tra l?altro, come sarebbe comunque stata concessa la sospensione condizionale, beneficio paragonabile, quanto agli effetti, a quello dei lavori di p.u..

Simile assunto pare evidentemente errato, poiché il raffronto delle due normative, quella ?vecchia? e quella ?nuova?, volta all?individuazione della disciplina in concreto più favorevole, deve essere effettua applicando la normativa stessa e non già istituti giuridici sempre e comunque applicabili, a prescindere dalla successione normativa, quali la sospensione condizionale della pena.

Invero, la possibilità di accedere al beneficio di cui agli artt. 163 e ss c.p. non era prerogativa solo della vecchia disciplina bensì beneficio a cui l?imputato può accedere anche con la nuova normativa, a suo totale discernimento.

In altre parole, sarebbe evidentemente errato e privo di rilievo ritenere che la normativa più favorevole sia quella previgente solo perché, comunque, è stata applicata la sospensione condizionale della pena, quando anche oggi è possibile usufruire di tale beneficio. Simile rilievo, poteva forse avere un senso qualora, con la nuova normativa, non fosse possibile fruire del beneficio di cui agli artt. 163 ss..

E comunque, pur volendo riconosce la facoltà del giudice disporre, anche d?ufficio, la sospensione di cui agli artt. 163 c.p. non si può, comunque, negare come sia in tal caso sia necessaria una ?concreta giustificazione, sul contrario interesse dell'imputato, della funzione rieducativa insita nel beneficio? (Cassazione penale  sez. III, 27 gennaio 2010, n. 11091) che nel provvedimento di primo grado, così in quello oggi impugnato, concretamente manca.

Il giudice di merito  infatti, non ha motivato ed argomentato sul perché l?applicazione d?ufficio della sospensione condizionale, contro la volontà dell?imputato, in un ottica di analisi dei risultati concreti ai quali si sarebbe giunti applicando le due diverse normative, sarebbe stata maggiormente favorevole in vista di un più ragguardevole effetto rieducativo e risocializzante dell?imputato.

A ciò si aggiunga come l?imputato abbia peraltro optato per l?espressa richiesta dei lavori di pubblica utilità, effettuando una scelta ulteriore rispetto all?espressa volontà di rinunciare alla sospensione condizionale della pena.

A ben vedere, l?effettivo svolgimento dei l.p.u., è maggiormente favorevole in punto di interiorizzazione degli agiti illegali, soprattutto in un?ottica di risocializzazione del condannato, più rilevante rispetto alla sola astensione dalla delinquenza.

Simile premialità, invero, ?porta un'immediata utilità alla collettività, dimostra come il responsabile del reato non solo venga effettivamente punito, ma in modo utile e vantaggioso per la società, è conveniente per lo stesso condannato che a fronte della trasgressione commessa può sviluppare un'attività risocializzante e utile anche sotto il profilo personale, ottenendo un trattamento di particolare favore"[6].

Ulteriori profili di censura della sentenza vanno individuati nella parte in cui si afferma che l?applicazione della sospensione condizionale della pena renderebbe la disciplina previgente più favorevole in considerazione, anche, degli gli effetti penali derivanti dall?estinzione ex art. 167 c.p., se raffrontati a quelli derivanti dall?estinzione ottenuta a seguito del buon esito dei lavori di p.u..

Il supremo Consesso, pur partendo dal presupposto  - corretto - che, anche a seguito del decorso di un determinato periodo di tempo si possa conseguire, ex art. 167 c.p., l?estinzione del reato, ha comunque errato nel ritenere implicitamente che gli affetti penali di detta estinzione sarebbero parificabili a quelli discendenti dal buon esito dei lavori di p.u., previsti dal comma 9bis art. 186 CDS.

Sul punto la  Suprema Corte ha affermato che ?l'estinzione del reato a norma dell'art. 167 cod. pen. non comporta anche l'estinzione degli effetti penali diversi da quelli espressamente previsti, sicché di esso deve tenersi conto ai fini della recidiva? (Cassazione penale  sez. VI, 29 novembre 2011, n. 5855).

L?estinzione del reato discendente dal positivo espletamento dei lavori di p.u., invece, oltre a riverberarsi sulle sanzioni accessorie (riducendo a metà del periodo di sospensione della patente e determinando la revoca della confisca del veicolo), estingue anche gli effetti penali in termini di recidiva, sala ovviamente l?impossibilità di fruire più di una volta di detto beneficio. 

 

3. Valutazione nella comparazione delle due normative: irrilevanza del giudizio prognostico nell?analisi concreta ed obiettiva delle norme in successione temporale

Infine, l?impugnata sentenza appare censurabile per violazione dell?art. 2 co. 4 c.p. e per difetto di motivazione, nella parte in cui sostiene che la nuova normativa ex dl 120 del 2010 sia meno favorevole all?imputato poiché, in ipotesi di violazione degli obblighi connessi ai lavori di pubblica utilità, l?imputato si troverebbe in ogni caso a dover scontare una pena più grave di quella che sarebbe stata inferta con la legge precedente o quella che dovrebbe scontare in caso di revoca della sospensione condizionale della pena post commissione di nuovo delitto.

Come già si è avuto modo di ripetere più volte, l?analisi delle due normative deve essere effettuata in concreto: simile raffronto, però, non potrà definirsi concreto qualora l?analisi del giudice sia essenzialmente di tipo prognostico, come quella effettuata dal giudice di merito.

A supporto di detta censura, si consideri quanto espresso da recentissima giurisprudenza (Cassazione penale  sez. IV, 17 gennaio 2012, n. 11198) in ossequio alla si stabilisce come non sia di  certo possibile fondare il discrimine tra le due normative ?sulle eventuali conseguenze derivanti dalla violazione degli obblighi imposti in caso di concessione del beneficio e, quindi, su un ragionamento meramente ipotetico??.  

E comunque, anche a voler dare adito al ragionamento avanzato dal Consesso, non si può non rilevare l?erroneità intrinseca di detto giudizio poiché si è del tutto omesso di considerare che l'inosservanza degli obblighi da parte del condannato, imposti nello svolgimento dei lavori di pubblica utilità, non comporta la revoca automatica del beneficio, potendo invece il giudice dell'esecuzione, del tutto discrezionalmente, valutare ?i motivi, l?entità e le circostanze della violazione?[7].

Simile potere discrezionale invece non è riconosciuto al giudice dell?esecuzione in caso di commissione di ulteriore reato che determini la ?revoca di diritto? del beneficio concesso, ex art. 168 c.p., nel qual caso invece la revoca sarà operante ope legis: evidente, è dunque, quale sia, ad ogni buon conto, la disciplina maggiormente favorevole.

 

  (scarica la sentenza Corte di Cassazione, sez. numero 32101/14 )

 



[1] Laddove è stato previsto con la riforma ex l. 49 del 2006 un aumento di pena edittale per il reato di detenzione di ?droghe leggere? (equiparate a quelle pesante sotto questo profilo), ma al tempo stesso una disposizione di favore, relativamente alla previsione del lavoro di pubblica utilità configurata come sanzione applicabile in sostituzione delle pene detentive e pecuniaria, in caso di riconoscimento della fattispecie attenuata del ?fatto di lieve entità? (art. 73/5bis dpr. ?90/309). Da ciò parte della dottrina dedusse che laddove il giudice ritenga di accedere alla richiesta di applicazione del lavoro di pubblica utilità, dovrà avere riguardo per determinare i limiti edittali della pena detentiva da sostituire a quelli stabiliti nel nuovo art. 73/5 dpr. ?90/309, essendogli imposto di applicare il novum normativo nella sua integralità[1].

La Cassazione recependo tale impostazione dottrinaria ha concluso nel senso che ?la sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità di cui all'art. 73, comma 5 bis d.P.R. n. 309 del 1990, introdotto dalla l. 21 febbraio 2006 n. 49, in relazione ai fatti di lieve entità di cui al precedente comma 5, deve ritenersi applicabile, in quanto prevede un trattamento più favorevole all'imputato, anche ai reati commessi anteriormente alla sua entrata in vigore?[1], sostenendo che ?resta irrilevante che la disposizione più favorevole sia rimessa alla "concretizzazione del giudice", peraltro all'interno di un ambito applicativo piuttosto indeterminato quale quello previsto dal comma 5 bis cit., in quanto la valutazione che deve essere fatta ai sensi del citato art. 2 c.p. riguarda anche l'ipotesi in cui la valutazione in concreto sulle disposizioni, abbia ad oggetto una norma che non operi automaticamente in maniera più favorevole nei confronti della normativa in vigore al tempo del commesso reato, ma dipenda da un giudizio rimesso al potere discrezionale del giudice, che debba verificare anche la sussistenza dei presupposti?.

[2] Dies R. ?I PRIMI INTERVENTI DELLA GIURISPRUDENZA SULLA RIFORMA DELLA GUIDA IN STATO DI EBBREZZA E PROBLEMI DI DIRITTO TRANSITORIO? in www.dirittopenalecontemporaneo.it.; Trib. Milano, sez. I penale, 17.2.2011, Giud. Mannucci Pacini in www.dirittopenalecontemporaneo.it; Trib. Rovereto, 2.12.2010 (sent.), Giud. Dies  in www.dirittopenalecontemporaneo.it;

[3] Dies R. Op. cit.

[4] Cassazione penale  sez. IV, 17 gennaio 2012, n. 11198: La sostituzione della pena detentiva con il lavoro di pubblica utilità con la pena inflitta per il reato di guida in stato di ebbrezza è pacificamente applicabile alle pregresse fattispecie di cui alla lett. b) del comma 2 del novellato art. 186 C.d.S. (cfr. la sopra richiamata Cass. pen. Sez. 4^, n. 4927 del 2.2.2012, Ambrosi).

Con la medesima sopravvenuta L. 29 luglio 2010, n. 120 da un canto è stato introdotto l'art. 186 C.d.S., comma 9 bis(che prevede la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, con l'aggiunta, in caso di esito positivo, dell'estinzione del reato, della riduzione alla metà della sanzione della sospensione della patente e della revoca la confisca del veicolo sequestrato) e, dall'altro, è stata inasprita la pena detentiva prevista (dal previgente D.L. 23 maggio 2008, n. 92, art. 4) per il reato di cui al comma 2, lett. c) della medesima norma, con introduzione del minimo edittale di sei mesi ed innalzamento del massimo ad un anno di arresto (ferma restando la congiunta pena dell'ammenda da Euro 1.500,00 a d Euro 6.000,00): ma ciò non si ritiene sia ostativo all'applicazione del beneficio in questione. Invero, non può negarsi che, nel complesso, la nuova disposizione, alla luce dei tanti vantaggi introdotti a fronte del contestuale inasprimento della sanzione, laddove sia intervenuta la specifica scelta dell'imputato ovvero al sua mancata opposizione, divenga per lui oggettivamente ed in concreto più favorevole rispetto a quella previgente, benchè la pena base di partenza debba comunque essere non inferiore, con attenuanti generiche e la diminuzione del rito abbreviato, a mesi due e giorni 20 di arresto ed Euro 667,00 di ammenda quale prevista dalla nuova formulazione dell'art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c)(non potendosi certo combinare un frammento normativo di una legge ed un frammento normativo dell'altra legge secondo il criterio del favor rei, perchè in tal modo verrebbe ad applicare una terza fattispecie di carattere intertemporale non prevista dal legislatore, violando così il principio di legalità: cfr. Cass. pen. Sez. 4^, n. 36757 del 4.6.2004, Rv. 229687).

Tanto si ritiene sostanzialmente in linea con l'orientamento espresso da questa Suprema Corte laddove è stato affermato, da un canto, che "in tema di successione di leggi penali, l'art. 2 cod. pen., comma 3, facendo riferimento alla "disciplina più favorevole", intende riferirsi a quella che in concreto -cioè proprio in relazione alla ipotesi in giudizio-venga a risultare, complessivamente, più favorevole per il giudicabile" (Sez. 6^, n. 394 del 30.5.1990, Rv.

186207) e, dall'altro, che "l'individuazione, tra una pluralità di disposizioni succedutesi nel tempo, di quella più favorevole al reo, va eseguita non in astratto, sulla base della loro mera comparazione, bensì in concreto, mediante il confronto dei risultati che deriverebbero dall'effettiva applicazione di ciascuna di esse alla fattispecie sottoposta all'esame del giudice" (Sez. 1^, n. 40915 del 2.10.2003, Rv. 226475 ed altre conformi). Del resto, la sentenza impugnata fonda il suo divisamente sulle eventuali conseguenze derivanti dalla violazione degli obblighi imposti in caso di concessione del beneficio e, quindi, su un ragionamento meramente ipotetico poichè, per escludere la natura più favorevole della nuova disposizione, si prefigura il caso di violazione delle prescrizioni con reviviscenza in sede esecutiva di un pena ben maggiore (doppia) di quella prevista dalla normativa previgente: non si pone nemmeno il problema dell'irrogabilità nel caso di specie della maggiore pena prevista dalla novella di cui alla L n. 120 del 2010 contestualmente al beneficio invocato e ai fini dell'applicazione di quest'ultimo, nè sul punto il ricorrente ha palesato particolari riserve.

 [5] In questo senso anche, Trib. Torino, 20.1.2011 (sent.), Est. Arata (guida in stato di ebbrezza) http://www.penalecontemporaneo.it/materia/3-/57-/-/484-

trib__torino__20_1_2011__sent____est__arata__guida_in_stato_di_ebbrezza.

[6] Estratto dalla relazione accompagnatoria del Tribunale di Milano alle Convenzioni con gli Enti per i l.p.u.

[7] CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rel. n. III/08/10 Roma, 3 agosto 2010 Novità legislative: Legge 29 luglio 2010, n. 120, recante ?Disposizioni in materia di sicurezza stradale?.