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Critica politica e ingiurie (Cass., 20998/15)

20 maggio 2015, Cassazione penale

L'esercizio del diritto di critica politica può rendere non punibili espressioni anche aspre e giudizi di per sé ingiuriosi, tesi a stigmatizzare comportamenti realmente tenuti dal soggetto criticato: non può invece scriminare la falsa attribuzione di una condotta scorretta, utilizzata come fondamento per l'esposizione a critica del soggetto stesso.

Corte di Cassazione

sez. V Penale, sentenza 20 aprile ? 20 maggio 2015, n. 20998


Ritenuto in fatto

1.Con la sentenza impugnata il Tribunale di Modena ha confermato l'assoluzione di D.F.A. dal reato di diffamazione avente ad oggetto le accuse e i giudizi formulati dallo stesso nel corso di una riunione indetta dall'Unione Nazionale Commercianti Ortofrutta e ad oggetto l'attività dell' Unione Regionale delle Bonifiche Emilia Romagna.
2. Avverso la sentenza ricorre la parte civile per mezzo del difensore e procuratore speciale deducendo errata applicazione della legge penale e correlati vizi della motivazione in merito alla riconosciuta sussistenza della scriminante dell'esercizio del diritto di critica. In proposito la ricorrente evidenzia come le esternazioni dell'imputato facessero riferimento a fatti non veri, non rivestissero interesse pubblico e risultassero al di fuori dei limiti della continenza espressiva richiesta per il riconoscimento della ritenuta scriminante.

Considerato in diritto

1.I1 ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato e per certi versi generico.
2. II Tribunale ha correttamente ritenuto che la condotta dell'imputato fosse scriminata dal legittimo esercizio del diritto di critica e specificamente di critica politica.
2.1 E' infatti indubbio - e nemmeno seriamente contestato dalla ricorrente - che la contrapposizione tra l'associazione rappresentata dall'imputato e la parte civile avesse radici squisitamente politiche, attenendo alla stessa opportunità ed utilità di mantenere in vita i Consorzi di bonifica, a cui peraltro sono assegnate dalla legge tra l'altro funzioni di governo ambientale del territorio e di imposizione fiscale che ne definiscono la funzione pubblicistica.
2.2 Ed in tal senso i giudici di merito hanno dunque fatto applicazione dei più ampi criteri dettati da questa Corte per il governo della menzionata scriminante qualora il requisito della continenza debba essere valutato in riferimento ad espressioni utilizzate nell'ambito della polemica politica e nei confronti di chi svolge funzioni pubbliche a qualunque titolo. L'esercizio del diritto di critica politica può infatti rendere non punibili espressioni anche aspre e giudizi di per sé ingiuriosi, tesi a stigmatizzare comportamenti realmente tenuti dal soggetto criticato, rimanendo però pacifico come non possa scriminare la falsa attribuzione di una condotta scorretta, utilizzata come fondamento per l'esposizione a critica del soggetto stesso (Sez. 5, n. 14459 dei 2 febbraio 2011, Contrisciani, Rv. 249935).
2.3 E' poi vero, come sostenuto dal ricorrente, che la degenerazione della critica nell'argumentum ad hominem fine a sé stesso esula dal legittimo esercizio del diritto, ma è bene precisare che tale consolidato principio trova la sua giustificazione nell'esigenza di salvaguardare soprattutto la dignità dell'essere umano e la sua traslazione nell'ambito della critica ad un ente deve dunque essere presa in~
considerazione con molta cautela ai fini di indebite e sostanzialmente inutili compressioni della libertà di tutti i cittadini di manifestare il proprio dissenso nei confronti di soggetti che svolgono funzioni pubbliche (o anche pubbliche) come nel caso di specie.
2.4 Deve pertanto convenirsi con i giudici dei merito che definire i Consorzi di bonifica dei "carrozzoni" evocandone la sostanziale inutilità costituisce esercizio legittimo dei diritto di critica e non certo una gratuita e ingiustificabile aggressione verbale.
2.5 Quanto poi alla presunta violazione del vincolo di verità con riguardo ai fatti che l'imputato avrebbe citato a sostegno della sua critica (e cioè che i tributi richiesti dai menzionati Consorzi non sarebbero dovuti, che tali enti aumenterebbero le spese e gli stipendi senza alcuna utilità per il territorio) ancora una volta il Tribunale ha correttamente ritenuto che in realtà il D.F. si sia limitato ad esprimere delle opinioni attraverso la formulazione di personali giudizi o interpretazioni e non già ad accreditare fatti specifici. Che tali opinioni non vantino eventualmente una base fattuale idonea ad avvalorarle e possano ritenersi screditabili sulla base della prospettazione dell'oggettiva realtà è circostanza di per sé irrilevante ai fini della configurabilità della scriminante. Ciò che non viene consentito è infatti cercare di avvalorare una critica attribuendo al suo destinatario fatti non corrispondenti al vero e non già formulare giudizi privi di qualsiasi base fattuale.
2.6 Generiche risultano infine le doglianze avanzate dal ricorrente in merito al difetto dell'interesse sociale alle esternazioni dell'imputato.
3. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue ai sensi dell'art. 616 c.p.p. la condanna dell'ente ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma, ritenuta congrua, di euro mille alla cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.