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Non è reato la coltivazione domestica inoffensiva (Trib. Tn, n. 1088/13)

6 novembre 2013, Tribunale di Trento

Non è reato la coltivazione di due piante di marijuana per mancanza di offensività della condotta, e cioè l?effettiva capacità della stessa di ledere il bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice, in quanto la modesta quantità di principio attivo (88mg) impedisce di vedere leso il bene giuridico protetto, cioè la salute pubblica.

Scarica la sentenza del Tribunale di Trento, sentenza 6 novembre 2013, n. 1088/13 in formato .pdf)

Nel procedimento penale per coltivazione di due piante di marijuana, conclusosi con una assoluzione per mancanza di offensività della condotta, venivano sequestrati, per quanto interessa, ca. 14 g di marijuana (?due piante di cui una senza foglie?): le successive analisi, presenti nel fascicolo dibattimentale su accordo delle parti, rivelano che il principio attivo è pari a 88 mg, di molto inferiore al quel peso soglia di 500 mg individuato come noto dal Decreto Ministero Sanità 11.04.2006 (in G.U. n. 95 del 24-4-2006) indicanti i ?limiti quantitativi massimi delle sostanze stupefacenti e psicotrope, riferibili ad un uso esclusivamente personale delle sostanze elencate nella tabella I del Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e delle sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, come modificato dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis?[1].

 Quanto al Delta-8-tetraidrocannabinolo (THC), il principio attivo contenuto nella marijuana, il decreto della salute citato prevede che la dose media singola sia pari a 25 mg (con quantità massima detenibile pari a 500 mg): applicando la media al caso di cui si tratta, con la quantità di stupefacente detenute dall?imputato era possibile confezionare 3 spinelli[2].

 Con tali premesse, posto anche che venga raggiunta la prova che sia stato l?imputato a coltivare la marijuana e non l?abbia invece acquistata nello stato in cui è stata sequestrata, la difesa evidenzava la assoluta inidoneità della condotta dell?imputato a ledere il bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice, risultando così inoffensiva[3].

 Infatti, come è stato anche recentemente osservato (Cass. pen., sentenza 18 marzo 2013, n. 12612[4]) ai fini della configurabilità del reato di coltivazione non autorizzata di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, è infatti necessario accertare la concreta offensività della condotta e cioè l?effettiva capacità della stessa di ledere il bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice (Sez. IV, 28-10-2008 n. 1222). Spetta quindi al giudice verificare, di volta in volta, se la condotta contestata risulti o meno, in concreto, inoffensiva, tale dovendo ritenersi solo quella che leda o metta in pericolo, anche in minimo grado, il bene protetto (Sez. VI, 1-4-2009, n. 17266, rv 243581).

 Occorre dunque verificare in concreto l?idoneità della sostanza ricavata a produrre un effetto drogante rilevabile in quest?ottica ciò che assume importanza non è che, al momento dell?accertamento del reato le piante non siano ancora giunte a maturazione, atteso che la coltivazione ha inizio con la posa dei semi, ma che esse siano idonee a produrre una germinazione ad effetti stupefacenti (Sez. V 8-10-2008 n. 44287, rv 241991). In quest?ordine di idee si colloca la pronuncia, richiamata anche dal giudice a quo, che ha ritenuto che la coltivazione domestica di una piantina di canapa indiana contenente principio attivo pari a mg 16, posta in un piccolo vaso sul terrazzo di casa, costituisca condotta inoffensiva ex art. 49 cp, che non integra il reato di cui all?art. 73 DPR 309/901 Sez. IV, 12-2-2011, n. 25674, rv n. 250721).

 Del resto, l'incriminazione della mera coltivazione di stupefacenti costituisce una notevole anticipazione della tutela penale, configurando ? osservano le SS.UU. nel noto arresto del 2008 ? un reato di ?pericolo di pericolo?, ossia ?del pericolo, derivante dal possibile esito positivo della condotta, della messa in pericolo degli interessi tutelati dalla normativa in materia di stupefacenti? (Cass. pen., sez. un., n. 28605/2008, Di Salvia). La Suprema Corte osserva tuttavia come tale anticipazione sia giustificata dalle esigenze di ?tutela della salute collettiva connesse alla valorizzazione del pericolo di spaccio? derivanti proprio dalla ?capacità della coltivazione, attraverso l'aumento dei quantitativi di droga, di incrementare (...) il mercato degli stupefacenti fuori del controllo dell'autorità?. La ?salute collettiva?, infatti, ?è bene giuridico primario che, anche secondo l'elaborazione dottrinale, legittima sicuramente il legislatore ad anticiparne la protezione ad uno stadio precedente il pericolo concreto?. La coltivazione, inoltre, a differenza di condotte come detenzione ed acquisto, sarebbe priva di un ?nesso di immediatezza? con l?uso personale della sostanza, essendo altresì impossibile ?determinare ?ex ante? la potenzialità della sostanza drogante ricavabile dalla coltivazione, così da rendere ipotetiche e comunque meno affidabili le valutazioni in merito alla destinazione della droga all?uso personale piuttosto che alla cessione.

Il Tribunale di Trento, accogliendo la tesi difensiva, assolveva l'imputato.


[1] Del resto, la stessa pubblica accusa contesta non già la detenzione ai fini di spaccio, ma solo la coltivazione senza autorizzazione.

[2] Dividendo infatti 88 mg (principio attivo della s.s. sequestrata) per 25 mg (dose media singola stabilita dal Decreto del Ministero della Salute cit.) risultano confezionabili 3 ?dosi medie singole efficaci? (e nn 4 come ha stabilito il L.A.S.S. di Laives.

[3] Si veda diffusamente Cass. pen., sent. 25674/2011:la giurisprudenza di legittimità ha più volte precisato che ?ai fini della punibilità della coltivazione non autorizzata di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, spetta al giudice verificare in concreto l?offensività della condotta ovvero l?idoneità della sostanza ricavata a produrre un effetto drogante rilevabile? (Cass. Sez. U, Sentenza n. 28605 del 24/04/2008 Ud. (dep. l0/07/2008) Di Salvia, Rv. 239921; Cass, Conforme, Sez. U. 24 aprile 2008, Valleua; Cass, Sez. 4, Sentenza n, 1222 del 28/10/2008 Ud. (dep. 14/01/2009), Nieoletti, Rv. 242371).

[4] Pubblicata anche su http://www.canestrinilex.com/risorse/coltivazione-di-sostanza-stupefacente-e-offensivita/. Del resto, come ricorda la citata sentenza della Cass. pen., sent. 25674/2011, la giurisprudenza di legittimità ha più volte precisato che ?ai fini della punibilità della coltivazione non autorizzata di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, spetta al giudice verificare in concreto l?offensività della condotta ovvero l?idoneità della sostanza ricavata a produrre un effetto drogante rilevabile? (Cass. Sez. U, Sentenza n. 28605 del 24/04/2008 Ud. (dep. l0/07/2008) Di Salvia, Rv. 239921; Cass, Conforme, Sez. U. 24 aprile 2008, Valleua; Cass, Sez. 4, Sentenza n, 1222 del 28/10/2008 Ud. (dep. 14/01/2009), Nieoletti, Rv. 242371).