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Informazioni supplementari MAE senza metratura cella (Cass. 35798/23)

25 agosto 2023, Corte di Cassazione

Va annullata la decisione di consegna per mandato di arresto europeo quando l'autorità emittente, richiesta di informazioni aggiuntive sulle condizioni di dentizione, non offra elementi di valutazione con riguardo alla metratura in astratto disponibile, in relazione alle stanze di detenzione comuni cui è destinato il ricorrente tenuto conto del numero degli occupanti, quindi alla fruibilità di uno spazio di 3 metri quadrati, ma neanche alla possibilità che, tenuto conto dello spazio e degli occupanti della cella, sia comunque assicurato uno spazio sufficiente e adeguato ai bisogni della persona umana, un dato, questo imprescindibile per valutare anche l'adeguatezza dei cd. fattori compensativi.

 

Corte di Cassazione

 sez. feriale penale, ud. 24 agosto 2023 (dep. 25 agosto 2023), n. 35798
Presidente Ricciarelli- Relatore Giordano 

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 7 luglio 2023 la Corte di appello di Milano ha disposto, in esecuzione del mandato di arresto Europeo del 4 maggio 2023, la consegna di R.M.G.  all'autorità giudiziaria della Romania per i reati di costituzione di un gruppo delinquenziale e furto qualificato reati commessi nella notte del 20- 21 marzo 2019. Dalla sentenza impugnata si rileva che il mandato di arresto è relativo alla esecuzione della pena di anni due e mesi otto di reclusione recata dalla sentenza del 12 gennaio 2023 emessa dal tribunale di primo grado di […] passata in giudicato il 7 marzo 2023. Nella sentenza si dà atto che la pena costituisce la risultante del cumulo di pene già inflitte per precedenti condanne al consegnando.

R.M.G.  è stato è stato arrestato il 4 maggio 2023 e si trova sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere.

Dalla sentenza impugnata (cfr. pag. 4 e ss.) si rileva che la Corte di appello, su eccezione proposta dal difensore, ha chiesto informazioni all'autorità rumena per conoscere il trattamento penitenziario riservato al consegnando e ha ricevuto le relative informazioni il 4 luglio 2023, ritenendole sufficienti ad escludere che, durante tutta l'esecuzione della pena, la persona consegnata possa essere sottoposta al rischio di trattamenti inumani e degradanti.

2.Con i motivi di ricorso, sintetizzati ai sensi dell'art. 173 disp. att. c.p.p. nei limiti strettamente indispensabili ai fini della motivazione, R.M.G.  chiede l'annullamento della sentenza impugnata denunciando vizio di violazione in relazione agli artt. 2 della L. 69/2005 e 2 e 3 della Convenzione Europea dei diritti dell'Uomo. Il vizio, evincibile dal provvedimento impugnato che sul punto non fornisce adeguata risposta alle deduzioni difensive, rigettando anche la richiesta di ulteriori informazioni, attiene alla valutazione di un requisito - quello della dimensione degli spazi di cui il consegnando potrà usufruire nei penitenziari di […] e […] - non essendo certo che le celle nelle quali si svolgerà la detenzione assicurino lo spazio vitale di 3 mq., spazio che viene indicato solo con riferimento al primo penitenziario dove il consegnando sconterà 21 giorni di isolamento, senza indicare neppure le modalità di computo (se, cioè, comprensivo o meno degli arredi comuni della cella, tra cui il letto). Generiche risultano anche le informazioni in merito agli istituti di effettiva destinazione e di ammissione al regime aperto, una volta scontato un quinto della pena inflitta.

Considerato in diritto

1.II ricorso, alla luce delle precisazioni che seguono, è fondato e, pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Milano.

Il tema è relativo al rischio che, consegnato all'autorità giudiziarie rumene per l'esecuzione della pena, R.M.G.  sia sottoposto a condizioni di detenzione tali da configurare un trattamento inumano e degradante.

La Corte di appello ha descritto il contenuto delle informazioni acquisite dallo Stato di consegna, osservando, in particolare, come la Direzione generale dell'Amministrazione Nazionale Penitenziaria rumena, con nota pervenuta il 4 luglio 2023 abbia fornito adeguate precisazioni in merito alle caratteristiche del regime esecutivo previsto nel caso di specie dal sistema processuale rumeno. La Corte ha precisato che, dopo un periodo di isolamento di 21 giorni, presso il penitenziario di (Omissis), R.M.G.  sarà assegnato al penitenziario di […] e sottoposto ad un regime trattamentale cd. semiaperto in ambienti dotati di illuminazione naturale, ventilazione e riscaldamento e muniti di arredi potendo usufruire di una discreta libertà di movimento nelle aree comuni e libero accesso durante la giornata con svolgimento di attività lavorative e formazione professionale. Scontato un quinto della pena, il consegnando, qualora fosse destinatario di un regime aperto di espiazione pena, sarebbe destinato al penitenziario di […], con detenzione in stanze dotate di finestre (una o due) e di separato locale bagno. Il regime aperto, prosegue la sentenza, consente ai detenuti di spostarsi non accompagnati nel luogo di detenzione; di svolgere attività lavorativa e di partecipare, fuori dal luogo di detenzione, ad altre attività funzionali al recupero e alla formazione scolastica e lavorativa.

La Corte di appello ha escluso la necessità di acquisire ulteriori informazioni e rispettose, quelle già fornite, degli standards Europei in materia escludendo, pertanto, il pericolo di sottoposizione del consegnando a trattamenti inumani e degradanti anche tenuto conto che, rispetto alle più risalenti condanne Romania in sede CEDU, per le condizioni di detenzione, con action pian del 2018, il Paese si era dotate di misure generali per risolvere il problema del sovraffollamento e delle pessime condizioni di detenzione.

La difesa del ricorrente ha, tuttavia, eccepito, con riguardo alla detenzione nel carcere di (Omissis), come non siano specificate le modalità di calcolo dello spazio vitale minimo di 3 mq. assicurato nella cella di detenzione, data la presenza del letto a castello e che, in ogni caso, non sono indicati gli spazi delle celle delle carceri di […] e di […] dove il ricorrente sarà ristretto per un non breve periodo, un quinto della pena, in regime cd. semiaperto, e, qualora ammesso al regime aperto, presso il carcere di […].

2.Premesso che in sede di consegna le autorità dello Stato di esecuzione non possono negare fede alle comunicazioni ricevute, in un contesto (cfr. pag. 2 e 3 della nota) che prevede la redazione di uno specifico e personalizzato Piano di valutazione e intervento educativo e terapeutico, con precise informazioni ai detenuti dell'offerta di programmi e attività della struttura; con la individuazione di un responsabile del piano stesso e, quindi, le previsioni di garanzia al detenuto delle informazioni e controllo delle condizioni di detenzione e la possibilità di denuncia all'autorità al magistrato di sorveglianza delle modalità di espiazione della pena (cfr. pag. 5 della nota), deve rilevarsi che la situazione carceraria nello Stato rumeno è obiettivamente mutata e di tale cambiamento dà atto, come correttamente rilevato dalla sentenza impugnata, la presentazione il 25 gennaio 2018 di un action pian per contrastare tutti i gaps riscontrati dalla sentenza pilota della Corte EDU Rezmives ed altri c. Romania del 25 aprile 2017, che aveva condannato la Romania per le carenze strutturali delle condizioni di detenzione, ritenute in violazione dell'art. 3 CEDU, chiedendo la introduzione di "misure generali per risolvere il problema del sovraffollamento carcerario e delle pessime condizioni di detenzione".

Come noto, con riferimento alla giurisprudenza sovranazionale, la fondamentale decisione in materia è costituita dalla sentenza della Corte EDU, Grande Camera (GC), 20 ottobre 2016, Mur§ie c. Croazia, che ha ribadito le condizioni (già identificate nella precedente sentenza-pilota 10 gennaio 2012, Ananyev and Others v. Russia, § 148) in assenza di una delle quali sussiste una "forte presunzione" ("strong presumption"; "forte prèsomption") di violazione dell'art. 3 CEDU per detenzione non conforme al divieto di trattamenti disumani e degradanti, ovvero: a) disponibilità di posto letto individuale; b) fruibilità di almeno tre metri quadrati di superficie pro capite; c) possibilità di spostarsi liberamente fra gli arredi della cella. Si tratta di una presunzione relativa, superabile dal Governo interessato con la dimostrazione della contemporanea presenza di fattori idonei a compensare in modo adeguato le limitazioni oggettive eventualmente registrate, ovvero: a) brevità della restrizione in spazio angusto; b) sufficiente libertà di movimento fuori dalla cella con attività adeguate; c) requisiti generali di detenzione dignitosi e assenza di altri elementi che aggravino le condizioni restrittive.

Alla luce di tale premessa, particolare rilievo assumono sia il rispetto del limite dei 3 metri quadri, come spazio minimo personale all'interno della cella, anche collettiva, e la determinazione del metodo di calcolo dello stesso. In base alla consolidata giurisprudenza Europea è pacifico che tale calcolo non debba comprendere la superficie occupata dai servizi sanitari (nel caso esclusi dal computo dello spazio nelle celle di tutti i penitenziari ove sarà ristretto il ricorrente e costituiti da ambienti autonomi), mentre va incluso lo spazio occupato dai mobili: l'importante è determinare se i detenuti abbiano la possibilità di muoversi normalmente nella cella. La Corte convenzionale ha, inoltre, precisato che, nell'ipotesi in cui il detenuto disponga di uno spazio personale compreso fra i tre e i quattro metri quadrati, perché sia riconoscibile la violazione dell'art. 3 della CEDU, oltre a tale limitato dato spaziale, devono sussistere altre carenze di fattori ambientali indispensabili, quali: la mancanza di accesso al cortile, all'aria e alla luce naturale, la cattiva aereazione, una temperatura insufficiente o troppo elevata nei locali, un'assenza di riservatezza nelle toilette, cattive condizioni sanitarie e igieniche.

In ultima analisi, si è osservato che la Corte EDU, nel suo più recente autorevole arresto, non assume il criterio geometrico-spaziale, seppur significativo ai fini del riconoscimento del sovraffollamento carcerario, come canone esclusivo per riconoscere un trattamento carcerario contrario all'art. 3 CEDU, ma accede ad una valutazione ponderata di tutti gli elementi ambientali che possano rendere tale trattamento contrario al rispetto della dignità personale.

3.Alla stregua di tali canoni interpretativi, condivisi nella giurisprudenza di questa Corte (Sez. 2, n. 27661 del 13/07/2021, Zlotea, Rv. 281554), può escludersi, stante il breve periodo in cui il ricorrente sarà sottoposto a regime cd. di quarantena o osservazione (21 giorni) che il ridotto spazio assicurato nella cella, sia pure inferiore a 3 mq. tenuto conto della presenza del letto a castello (cfr. pag. 4 della nota), sia di per sé ostativo, e, quindi, tale da integrare un trattamento disumano e degradante, poiché la detenzione non è di lunga durata e si inscrive nell'ambito di un regime che, in ossequio agli standards convenzionali, rispetta le esigenze personali individuali: le celle, infatti, come si desume dalle informazioni trasmesse, godono di buona areazione e luce, naturale e artificiale; buon servizio di riscaldamento; sono servite da locali adibiti a servizi igienici che garantiscono il servizio per ciascuna cella; è assicurata la fornitura di acqua calda; i detenuti hanno a disposizione spazi per la conservazione di effetti personali e alimenti con la individuazione di appositi spazi anche per celle frigorifere. Alla persona sottoposta a quarantena è assicurato il diritto ad una passeggiata di giornaliera di due ore e, se sceglie di parteciparvi, ha a disposizione anche una serie di ulteriori attività trattamentali (escluse quelle sportive perché devono essere precedute da un completo controllo clinico e quelle lavorative) potendo, così, trascorrere un periodo di tempo molto più lungo al di fuori della stanza di detenzione.

4.A diversa conclusione deve, invece, pervenirsi con riferimento alle condizioni di detenzione nei penitenziari di […] e di […] perché le informazioni ricevute - che illustrano diffusamente gli aspetti trattamentali, senz'altro positivi - sono del tutto carenti nella indicazione dello "spazio vitale" di cui il consegnando potrebbe usufruire nonostante nella richiesta di informazioni, la Corte di appello avesse precisamente richiesto di indicare "lo spazio" riservato nelle comuni celle di detenzione nelle quali, a regime cd. semiaperto, il detenuto trascorrerà le ore notturne e consumerà i pasti e, nel cd. regime aperto, le ore destinate all'appello e ai pasti.

4.1. In particolare, con riferimento alla detenzione in regime semiaperto presso il penitenziario di […], per essendo descritte le condizioni delle stanze di detenzione con riferimento agli arredi e alla disponibilità di spazi che assicurino la conservazione di beni ed effetti personali; buona areazione delle celle; ottimali condizioni climatiche con riscaldamento degli spazi, uso di acqua corrente e oggetti sanitari nonché condizioni igienico sanitarie soddisfacenti, si evince che la cella sarà chiusa in orario notturno e durante la consumazione dei pasti e aperta durante il giorno, con possibilità dei detenuti di muoversi non accompagnati in aree all'interno del posto di detenzione su percorsi stabiliti e di organizzare il tempo libero sotto sorveglianza in ottemperanza all'orario stabilito dall'amministrazione.

Nessun elemento di valutazione viene, invece, offerto non solo con riguardo alla metratura in astratto disponibile, in relazione alle stanze di detenzione comuni cui è destinato il ricorrente tenuto conto del numero degli occupanti, quindi alla fruibilità di uno spazio di 3 metri quadrati, ma neanche alla possibilità che, tenuto conto dello spazio e degli occupanti della cella, sia comunque assicurato uno spazio sufficiente e adeguato ai bisogni della persona umana, un dato, questo imprescindibile per valutare anche l'adeguatezza dei cd. fattori compensativi che, con riguardo alla sufficiente libertà di movimento al di fuori della cella mediante lo svolgimento di adeguate attività, non sono tuttavia, tali da compensare la carenza di spazio vitale nella cella di detenzione che costituisce un criterio di valutazione non negoziabile secondo le sentenze della Corte Edu (cfr., ad esempio, Corte EDU, 25/04/2017, Rezmives c. Romania; Corte EDU, 16/05/2017, Sylla e Nollomont c. Belgio; Corte EDU, 30/01/2020, M.B. c. Francia); della Corte di Giustizia dell'Unione Europea (Grande Sezione, 15/10/2019, Dumitru-Tudor Dorobantu) e delle Sezioni Unite di questa Corte (cfr. S.U. n. 6551 del 24/09/2020, Ministero della Giustizia, Rv. 280433).

Ad analoghe considerazioni si presta la valutazione delle condizioni di detenzione nel penitenziario di [..], nonostante il cd. regime aperto.

In sintesi, ritiene il Collegio che la costrizione di un detenuto in uno spazio inferiore a 3 metri quadrati in una cella collettiva determina una "forte presunzione" di violazione dell'art. 3 CEDU, presunzione, peraltro, relativa, che può essere vinta dall'esistenza di altri fattori in grado di compensare la carenza e, in primo luogo, dalla modesta riduzione di spazio personale che, anche all'interno della cella di detenzione, garantisca, in ogni caso, la sufficiente e normale libertà di movimento e lo svolgimento di attività, tenuto conto che nella cella si svolgono sia le ore di riposo notturno sia altre attività, come la consumazione dei pasti, e che, in ogni caso, il detenuto permane nella cella di detenzione quando non è autorizzato o impegnato in altre attività ed è solo quando tale spazio minimo vitale sia assicurato che vengono in rilievo ulteriori fattori compensativi relativi alle modalità di trattamento.

La mancata indicazione di tale essenziale parametro preclude di riconoscere valenza decisiva, per escludere il rischio di trattamenti inumani e degradanti, agli eventuali aspetti attinenti alla complessiva offerta trattamentale, e dovrà essere verificata, attraverso la richiesta di ulteriori e più precise indicazioni, all'autorità rumena a cura della Corte di appello.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Milano. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 22, comma 5, L. n. 69 del 2005.