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Pericolo di fuga nei procedimenti estradizionali richiede elementi concreti (Cass. 30966/239

17 luglio 2023, Cassazione penale

In tema di misure coercitive disposte nell'ambito di una procedura d'estradizione passiva, il pericolo di fuga, che giustifica l'applicazione del provvedimento limitativo della libertà personale, può essere inteso come pericolo d'allontanamento dell'estradando dal territorio dello Stato richiesto, con conseguente rischio di inosservanza dell'obbligo assunto a livello internazionale di assicurarne la consegna al Paese richiedente. La sussistenza di tale pericolo deve essere motivatamente fondata su elementi concreti, specifici e rivelatori di una vera propensione e di una reale possibilità d'allontanamento clandestino da parte dell'estradando, che abbiano cioè uno stretto legame nella realtà di fatto e che non siano basati su presunzioni o preconcette valutazioni di ordine generale o su elementi eventuali ed ipotetici, secondo le astratte possibilità degli accadimenti umani.

 

Corte di cassazione

Sez. VI Num. 30996 Anno 2023

Presidente: DE AMICIS GAETANO
Relatore: VIGNA MARIA SABINA
Data Udienza: 14/07/2023 - deposito 17/07/2023

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma

avverso la ordinanza emessa il 12/06/2023 dalla Corte di appello di Roma

nei confronti di MA nato il */1979 a Velletri
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dai Consigliere Maria Sabina Vigna;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Antonietta Picardi, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

letta la memoria dell'avvocato LC e udite le richieste della stessa, che ha insistito per il rigetto del ricorso
 

RITENUTO IN FATTO

1.Con l'ordinanza impugnata, la Corte di appello di Roma ha convalidato l'arresto provvisorio eseguito ex artt. 715, comma 2, e 716, cod. proc. pen. nei confronti di M, in conseguenza di un mandato di arresto a fini estradizionali emesso in data 9 giugno 2023 dal Tribunale penale specializzato in criminalità organizzata dell'Uruguay, per il reato di esportazione di sostanze stupefacenti ivi commesso il 23 maggio 2023.

La Corte territoriale ha, poi, ritenuto esistenti sufficienti punti di riferimento di M sul territorio italiano, tali da rendere idonea a contenere il pericolo di fuga la misura cautelare degli arresti domiciliari, senza utilizzazione dello strumento di contenimento ex art. 275-bis cod. proc. pen. Ciò, anche al fine di rendere compatibile la misura stessa con la prosecuzione dell'attività lavorativa da parte dell'interessato.

2. Avverso l'ordinanza, ricorre per cassazione il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di appello di Roma deducendo la violazione di legge in relazione all'art. 275, comma 3, cod. proc. pen., applicabile nella vicenda esaminata.

Per i delitti di criminalità organizzata, ivi compreso quello di cui all'art. 74 d.P.R. 309/1990, fattispecie alla quale astrattamente è riconducibile il fatto riportato dalle autorità uruguaiane, le esigenze cautelari devono essere soddisfatte mediante l'applicazione della custodia cautelare in carcere; possono essere concesse misure meno gravose in presenza di concreti elementi da cui desumere l'idoneità di tali misure e dei quali il giudice è tenuto a dare conto per specifica previsione legislativa.

Nel caso di specie, l'Autorità procedente avrebbe dovuto motivare la sussistenza di detti elementi; non appare congruo argomentare favorevolmente soltanto sulla base del fatto che l'estradando è cittadino italiano incensurato e con uno stabile domicilio in Italia, quando risulta che lo stesso ha commesso il reato di esportazione di 60 kg. di cocaina, recandosi in uno tato extra continentale, dal quale poi si sarebbe spostato in altro Stato sudamericano, per trasferirsi, infine, in Etiopia. Ne consegue che, avuto riguardo alla gravità del reato commesso e alla pena che potrà essere applicata e tenuto conto dei mezzi, dei quali l'estradando appare disporre, non è possibile affermare che la misura degli arresti domiciliari sia idonea a scongiurare il pericolo di fuga.

3.L'avvocato LC ha depositat una memoria difensiva, evidenziando l'adeguatezza della misura cautelare applicata e sottolineando come, in realtà, la Procura Generale deduce un'erronea applicazione della legge in ragione di una carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta, in tal modo denunciando un vizio di motivazione, non deducibile in questa sede.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito indicate.

2.La Corte di cassazione, in più occasioni, ha chiarito che, in tema di misure coercitive disposte nell'ambito di una procedura d'estradizione passiva, il pericolo di fuga, che giustifica l'applicazione del provvedimento limitativo della libertà personale, può essere inteso come pericolo d'allontanamento dell'estradando dal territorio dello Stato richiesto, con conseguente rischio di inosservanza dell'obbligo assunto a livello internazionale di assicurarne la consegna al Paese richiedente. La sussistenza di tale pericolo deve essere motivatamente fondata su elementi concreti, specifici e rivelatori di una vera propensione e di una reale possibilità d'allontanamento clandestino da parte dell'estradando, che abbiano cioè uno stretto legame nella realtà di fatto e che non siano basati su presunzioni o preconcette valutazioni di ordine generale o su elementi eventuali ed ipotetici, secondo le astratte possibilità degli accadimenti umani (Sez. 6, n. 20648 del 14/04/2022, Plaku, non massimata; Sez. 3, n. 23319 del 09/02/2016, Daci, Rv. 26706; Sez. 6, n. 28758 del 09/04/2008, Costan, Rv. 240322; Sez. 6, n. 1295 del 23/03/1994, Zoran, Rv. 198523; Sez. 6, n. 13939 del 17/03/2005, Bucur, Rv. 231330; Sez. 6, n. 2840 del 08/01/2007, Ronnan, Rv. 235554).

3. In tale contesto assume rilievo il principio di adeguatezza ,che si ricollega a quello di gradualità delle misure cautelari e che deve essere osservato durante tutto l'iter cautelare, dalla richiesta di applicazione della cautela, alla istanza di revoca o sostituzione; l'art. 277 cod. proc. pen. dispone in tal senso che le modalità di esecuzione delle misure devono salvaguardare i diritti delle persone ad esse sottoposte, il cui esercizio non sia incompatibile con le esigenze cautelari del caso concreto.

La vicenda cautelare presuppone cioè una visione unitaria e diacronica dei presupposti che la legittimano, nel senso che le condizioni cui l'ordinamento subordina l'applicabilità di una determinata misura devono sussistere non soltanto all'atto della applicazione del provvedimento cautelare, ma anche per tutta la durata della relativa applicazione. Adeguatezza e proporzionalità devono, quindi, assistere la misura, "quella" specifica misura, non soltanto nella fase genetica, ma per l'intero arco della sua "vita" nel processo, giacché, ove così non fosse, si assisterebbe ad una compressione della libertà personale qualitativamente o quantitativamente inadeguata alla funzione che essa deve soddisfare /con evidente compromissione del quadro costituzionale di cui si è innanzi detto (così, testualmente, Sez. U., n. 16085 del 31/03/2011, Khalil, Rv. 249324).

4.Nel caso di specie, a fronte delle molteplici comprovate circostanze fattuali, di cui si è detto, l'ordinanza della Corte di appello appare conforme alla regula iuris di cui sopra. L'ordinanza impugnata ha, infatti, ritenuto sussistenti le esigenze cautelari e, tenuto conto del fatto che il M è persona incensurata, ben inserita nel tessuto sociale, con stabile dimora e con la famiglia, che vive a poca distanza da lui, disponibile a prendersi cura di ogni sua esigenza di vita, ha applicato la misura degli arresti domiciliari.

4.1.Va rimarcato che),uno dei presupposti giustificativi della misura cautelare in atto (la sua compatibilità con l'attività lavorativa svolta da M) è venuto meno, perché l'autorizzazione è stata, nelle more, revocata.

Quest'ultima circostanza, tuttavia, non sembra rivestire i caratteri della decisività, tenuto conto che il provvedimento cautelare, come si è detto, appare ben motivato ed è attaccabile solo per violazione di legge e che i contorni del fatto sono tuttora da precisare.

5.Deve, infine, sottolinearsi che il ricorso muove dal presupposto - erroneo - che il reato ascritto a M sia quello di cui all'art. 74 d.P.R. 309/90, sebbene, allo stato, la Corte di appello lo abbia qualificato come violazione dell'art. 73 del citato d.P.R., in assenza di elementi indiziari che lascino presumere l'esistenza di una associazione finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso il 14 luglio 2023