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Sinistro mortale: convivenza irrilevante per danno da perdita del congiunto (Cass. 10335/23)

18 aprile 2023, Cassazione civile

La convivenza non assurge a connotato minimo attraverso cui si esteriorizza l'intimità dei rapporti parentali, essendo soltanto, al pari di altri, un elemento probatorio utile a dimostrare l'ampiezza e la profondità del vincolo affettivo che lega tra loro i parenti: non è condivisibile limitare la “società naturale” di cui all'art. 29 Cost. all'ambito ristretto della sola c.d. “famiglia nucleare” per arrivare così a escludere automaticamente il risarcimento del danno dinamico-relazionale a favore dei famigliari non conviventi con il defunto.

In caso di perdita del rapporto parentale, ciascuno dei famigliari superstiti ha diritto a una liquidazione comprensiva dell'intero danno non patrimoniale patito, da determinarsi in base alla durata e all'intensità del vissuto, alle caratteristiche del nucleo familiare superstite e a ogni altra circostanza che potrà essere allegata e provata anche in via presuntiva e secondo nozioni di comune esperienza, spettando all'altra parte la prova contraria di situazioni che compromettano l'unità, la continuità e l'intensità del rapporto familiare.

Ove dedotto e provato, il danno morale soggettivo può essere valutato e liquidato in aggiunta al danno dinamico-relazionale, senza che ciò costituisca una duplicazione risarcitoria: il primo trova fondamento nell'art. 32 Cost., mentre il secondo nell'art. 29 Cost. Ciò posto, nel liquidare il danno non patrimoniale derivante dalla perdita del rapporto parentale (sotto entrambi i profili dinamico-relazionale e della sofferenza soggettiva), il giudice potrà riconoscere una somma inferiore al minimo previsto dalle Tabelle Milanesi solo in presenza di circostanze eccezionali e peculiari che però non sono ravvisabili né nell'età della vittima e del superstite né nell'assenza di convivenza tra l'una e l'altro: queste ultime circostanze possono solo giustificare la quantificazione del risarcimento entro la fascia di oscillazione delle Tabelle, mentre altri sono i fattori idonei a determinare una liquidazione al di sotto del minimo tabellare (e.g. l'assenza di un saldo vincolo affettivo, l'esistenza di dissapori intrafamiliari, l'anaffettività del superstite nei confronti del defunto, ..).

In tema di illecito plurioffensivo, ciascun danneggiato è titolare di un autonomo diritto all'integrale risarcimento del pregiudizio subito, comprensivo sia del danno dinamico-relazionale sia del danno morale soggettivo.

 

Cassazione civile

sez. III, ord., 18 aprile 2023, n. 10335
Presidente Travaglino - Relatore Pellecchia

Rilevato che:

1. Il presente giudizio trae origine da un sinistro stradale, verificatosi il (omissis) , in cui ha perso la vita la signora F.C. , travolta da una motocicletta che transitava a velocità sostenuta. Nell'impatto decedevano anche il conducente della moto, S.F. , e il terzo trasportato, A.G. .

Gli eredi di A.G. convennero in giudizio la Società Milano Assicurazioni, la Assitalia "Le Assicurazioni d'Italia", quale impresa designata del F.G.V.S., e Z. (madre del defunto S. e proprietaria della motocicletta).

Si costituirono in giudizio, spiegando domanda riconvenzionale, anche V.T. , moglie di S.F. , in proprio e quale esercente la responsabilità genitoriale sui figli S.A. , S.M.L. e S.M. .

Il Tribunale di Reggio Calabria, con la sentenza n. 1 del 13 gennaio 2006, rigettò la domanda principale e quella riconvenzionale proposta da V.T. , dichiarando l'estromissione dal giudizio dell'Assitalia e compensando le spese di lite fra le parti.

In particolare, il Giudice di prime cure, pur riconoscendo quale unico responsabile del sinistro S.F. e quale società tenuta al risarcimento dei danni la Milano Assicurazioni, rigettò la domanda degli attori.

In motivazione, il Tribunale ha ritenuto che: a) i parenti dell'A. avessero agito in giudizio iure hereditatis e non iure proprio; b) non fosse possibile configurare qualsivoglia danno biologico e/o morale maturato in capo al de cuius e trasmesso per successione agli eredi perché l'A. era deceduto a distanza di un'ora dall'incidente, dopo essere stato trasportato in stato di coma agli (omissis) .

2. La Corte d'Appello di Reggio Calabria, con la sentenza n. 383-2019, pubblicata in data 6 maggio 2019, accogliendo parzialmente l'appello principale, condannava Z. al risarcimento dei danni patiti iure proprio dagli attori nella misura di 55.320,00 Euro per C.A. e A. ed Euro 8.000,00 ciascuno per i loro figli rigettando per il resto l'appello principale.

Inoltre, la Corte d'Appello accoglieva l'appello incidentale proposto da Milano Ass.ni s.p.a., escludendo che fosse stata fornita la prova dell'esistenza di un valido contratto di assicurazione con la compagnia assicuratrice, e riteneva passata in giudicato la statuizione relativa all'estromissione dal giudizio della Società Assitalia. Riconosceva, quindi, quale unico destinatario della condanna al risarcimento del danno Z. , in quanto proprietaria della motocicletta.

3. Avverso tale sentenza C.A. , A. , Am. e A. - in proprio e quali eredi di A. , defunto nel corso del giudizio di primo grado - propongono ricorso per Cassazione sulla base di tre motivi illustrati da memoria.

3.1. Resistono con controricorso Milano Ass.ni S.p.a (oggi Unipolsai Assicurazioni Spa) e la Società Generali Italia S.p.a. Quest'ultima ha depositato memoria.

Considerato che:

4.1. Con il primo motivo, i ricorrenti lamentano la nullità della sentenza, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione e/o falsa applicazione dell'art. 116 c.p.c., del D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 127, e degli artt. 1901 e 2700 c.c..

La Corte d'Appello, stravolgendo le risultanze istruttorie emerse nel corso del giudizio, avrebbe erroneamente ritenuto non assolto, da parte degli attori, l'onere di provare l'esistenza di un valido contratto di assicurazione con la società Milano.

A giudizio dei ricorrenti, la Corte non avrebbe considerato il principio di diritto secondo cui - anche in mancanza di una valida polizza RCA - occorre tutelare l'affidamento ingenerato nell'assicurato dal rilascio di un certificato o di un contrassegno assicurativo, dando prevalenza alla situazione di apparenza del diritto.

Nel caso di specie, infatti, l'affidamento sulla sussistenza di una valida copertura assicurativa era stato generato dal rapporto dei Carabinieri - depositato in atti - nonché dal teste l'appuntato P.V. .

4.2. Con il secondo motivo, proposto in via subordinata al primo, i ricorrenti censurano la nullità della sentenza, ai sensi dell'art. 360,1 comma, n. 3, c.p.c., per violazione e falsa applicazione degli artt. 346 e 112 c.p.c..

La Corte d'Appello avrebbe erroneamente considerato passata in giudicato la statuizione della sentenza di primo grado relativa all'estromissione dal giudizio della società Assitalia, con una grave violazione degli artt. 346 e 112 c.p.c..

Ritengono i ricorrenti che, mancando l'interesse ad impugnare la sentenza di prime cure perché vittoriosi nel giudizio di primo grado, sarebbe stato sufficiente il richiamo da loro fatto, ai sensi dell'art. 346 c.p.c., nella comparsa conclusionale d'appello.

4.3. Con il terzo motivo di ricorso, i ricorrenti lamentano la nullità della sentenza, ai sensi dell'art. 360, I comma, n. 3, c.p.c., per avere la Corte Territoriale ritenuto insussistente il danno da perdita del rapporto parentale (sotto il profilo della diminuzione o modificazione delle attività dinamico relazionali) e per aver in applicazione delle Tabelle di Milano liquidato, in modo irrisorio, il danno morale inteso quale sofferenza soggettiva.

5. Il primo motivo è infondato.

In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, qualora il danneggiato agisca direttamente nei confronti dell'assicuratore ai sensi della L. n. 990 del 1969, art. 18 e l'assicuratore gli opponga la mancanza di copertura assicurativa, il danneggiato ha l'onere di provare, anche a mezzo di testimoni, essendo egli terzo rispetto al contratto assicurativo, che tale danno si è verificato nel periodo di copertura assicurativa. A sua volta, l'assicuratore è responsabile, nei confronti dei terzi danneggiati, per il periodo di tempo indicato nel certificato d'assicurazione e, in caso di mancato pagamento, alla scadenza del premio successivo al primo, fino alle ore ventiquattro del quindicesimo giorno successivo ad essa, senza che abbia rilevanza, con riferimento al sinistro accaduto nel periodo in cui la garanzia assicurativa sia sospesa, il pagamento del premio successivamente effettuato, stante che la mancanza della copertura assicurativa al momento del verificarsi del sinistro ha irrevocabilmente prodotto la irrisarcibilità dello stesso da parte dell'assicuratore (v., ex multis, Cass. ord. n. 25366/2018; sent. n. 23149/2014; sent n. 5944/2014; Cass. sent. n. 5194/1998).

Nel caso di specie, come evidenziato nella sentenza impugnata, il contratto di assicurazione - con durata annuale dal 26 giugno 1992 al 26 giugno 1993 con frazionamento quadrimestrale - risultava risolto, al momento del verificarsi dell'incidente stradale, per mancato pagamento del premio da parte dell'assicurato.

In ossequio alla giurisprudenza richiamata, infatti, il mancato pagamento alla scadenza, da parte dell'assicurato, di un premio successivo al primo determina, ai sensi dell'art. 1901, comma 2, c.c., la sospensione della garanzia assicurativa non immediatamente, ma dopo il decorso del periodo di tolleranza di quindici giorni (Cass. sent. n. 26104-2016).

Si osserva allora come la Corte Territoriale abbia correttamente escluso la responsabilità della società Milano Ass.ni Spa, essendo il termine ampiamente decorso, in conseguenza della risoluzione del contratto di assicurazione, in data 26 febbraio 1992, rispetto alla verificazione dell'evento avvenuto in data (omissis) .

Inoltre, il Giudice di secondo grado - attenendosi al disposto dell'art. 1888 c.c. - che, in tema di assicurazione, prescrive che il contratto debba essere provato per iscritto da chi intende avvalersene - ha dato prevalenza alla prova documentale rispetto a quella orale rappresentata dalla testimonianza dell'appuntato P.V. , valutando anche la mancata esibizione dei documenti assicurativi, richiesta dal Tribunale, da parte di Z. e V.T. . E il giudice di merito, nel suo sovrano apprezzamento delle prove, è libero di attingere il proprio convincimento da quegli elementi istruttori che ritenga più attendibili ed idonei per la risoluzione della controversia senza che tale giudizio sia sindacabile in sede di legittimità, ove non si traduca in un insanabile vizio di motivazione.

5.1. È inammissibile anche il secondo motivo di ricorso, proposto in via subordinata al primo.

Le Sezioni Unite di questa Corte hanno statuito, con la sentenza n. 7940 del 2019, che nel giudizio di appello la parte totalmente vittoriosa in primo grado deve riproporre, al fine di evitare preclusioni, con il primo atto difensivo e comunque entro la prima udienza, le domande e le eccezioni non accolte in primo grado respinte o rimaste assorbite: solo in tal modo, infatti, può sottrarsi alla presunzione di rinuncia delle stesse.

Secondo la decisione delle Sezioni Unite, la disciplina dettata dall'art. 346 c.p.c. fa sì che in appello viga un effetto devolutivo limitato e non automatico, con la conseguenza che la mancata riproposizione delle domande o delle eccezioni respinte o ritenute assorbite comporta che in capo alle parti si verifichi una vera e propria decadenza, con formazione di giudicato implicito sul punto. Uniche questioni che si sottraggono al principio sono quelle pregiudiziali di rito: queste infatti, anche qualora non siano fatte soluzione di motivazione della sentenza di primo grado, rimangono rilevabili anche d'ufficio in grado di appello, pur in mancanza di un motivo apposito di gravame o di loro riposizione.

La riproposizione, specifica la Corte, sebbene possa avvenire in qualsiasi forma, deve avvenire in maniera chiara, univoca e specifica, e non può limitarsi ad un mero richiamo delle conclusioni del primo grado.

Inoltre la parte totalmente vittoriosa non potrà proporre appello incidentale (in quanto carente di interesse), ma potrà solamente riproporre quelle domande o eccezioni, contenute nella comparsa di costituzione e risposta, non accolte o non esaminate in quanto assorbite nella sentenza di prima grado, tra cui rientra anche la chiamata del terzo in garanzia.

Ovviamente, come sopra ricordato, per potersi sottrarre alla presunzione di rinuncia delle domande non riproposte, la parte totalmente vittoriosa in primo grado potrà utilmente riproporre le domande respinte o ritenute assorbite in qualsiasi momento del giudizio di appello e comunque fino all'udienza per la precisazione delle conclusioni. Le decadenze in cui si può incorrere a seguito della tardiva costituzione nel giudizio di appello (almeno venti giorni prima della data fissata in citazione) riguardano le domande riconvenzionali, che come sopra visto non potranno però essere proposte dalla parte totalmente vittoriosa in primo grado.

Ebbene, atteso che soltanto la parte vittoriosa in primo grado non ha l'onere di proporre appello incidentale per far valere le domande e le eccezioni non accolte e, per sottrarsi alla presunzione di rinuncia ex art. 346 c.p.c., può limitarsi a riproporle, mentre la parte rimasta parzialmente soccombente in relazione ad una domanda od eccezione di cui intende ottenere l'accoglimento ha l'onere di proporre appello incidentale, pena il formarsi del giudicato su rigetto della stessa (Cass. sent. n. 9265/2021), nel caso di specie, non avendo i ricorrenti impugnato in via incidentale l'estromissione di Assitalia Spa nq per il FGVS, la relativa statuizione risulta passata in giudicato.

5.2. Il terzo motivo è fondato.

La Corte d'Appello ha ritenuto non sussistente il danno da perdita del rapporto parentale, quale diminuzione o modificazione delle attività dinamico relazionali, perché risulta non provato che ‘il soggetto deceduto convivesse, al momento della morte, con alcuno dei parenti. (cfr. pag. 7 della sentenza impugnata).

Tale assunto è errato.

In tema di illecito plurioffensivo, ciascun danneggiato - in forza di quanto previsto dalla Cost., artt. 2, 29, 30 e 31, nonché degli artt. 8 e 12 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo e dell'art. 1 della cd. "Carta di Nizza" - è titolare di un autonomo diritto all'integrale risarcimento del pregiudizio subito, comprensivo, pertanto, sia del danno morale (da identificare nella sofferenza interiore soggettiva patita sul piano strettamente emotivo, non solo nell'immediatezza dell'illecito, ma anche in modo duraturo, pur senza protrarsi per tutta la vita) che di quello "dinamico-relazionale" (consistente nel peggioramento delle condizioni e abitudini, interne ed esterne, di vita quotidiana). Ne consegue che, in caso di perdita definitiva del rapporto matrimoniale e parentale, ciascuno dei familiari superstiti ha diritto ad una liquidazione comprensiva di tutto il danno non patrimoniale subito, in proporzione alla durata e intensità del vissuto, nonché alla composizione del restante nucleo familiare in grado di prestare assistenza morale e materiale, avuto riguardo all'età della vittima e a quella dei familiari danneggiati, alla personalità individuale di costoro, alla loro capacità di reazione e sopportazione del trauma e ad ogni altra circostanza del caso concreto, da allegare e provare (anche presuntivamente, secondo nozioni di comune esperienza) da parte di chi agisce in giudizio, spettando alla controparte la prova contraria di situazioni che compromettono l'unità, la continuità e l'intensità del rapporto familiare (Cass. n. 9231/2013). Si è anche affermato che la convivenza non può assurgere a connotato minimo attraverso cui si esteriorizza l'intimità dei rapporti parentali ovvero a presupposto dell'esistenza del diritto in parola, ma che la stessa costituisce elemento probatorio utile, unitamente ad altri elementi, a dimostrare l'ampiezza e la profondità del vincolo affettivo che lega tra loro i parenti e a determinare anche il quantum debeatur. In ogni caso non è condivisibile limitare la "società naturale", cui fa riferimento la Cost., art. 29, all'ambito ristretto della sola cd. "famiglia nucleare" (Cass. n. 21230/2016).

Quindi i congiunti devono provare la effettività e la consistenza della relazione parentale rispetto alla quale il rapporto di convivenza non assurge a connotato minimo di esistenza, ma può costituire elemento probatorio utile a dimostrarne l'ampiezza e la profondità.

5.2.1. Sempre con il terzo motivo, censurano i ricorrenti che l'irrisoria liquidazione del danno morale (sofferenza soggettiva), riconosciuta dalla Corte territoriale sia ai genitori che ai fratelli, sarebbe in contrasto non soltanto con la documentazione versata in atti ma anche con le stesse Tabelle di Milano.

La Corte territoriale, in violazione dei principi ripetutamente affermati da questa Corte, pur riconoscendo il danno morale, lo ha liquidato quantificandolo in un terzo del minimo previsto dalle Tabelle di Milano sia per i genitori sia per i fratelli considerate la non convivenza e l'età dei genitori (…) e l'età dei fratelli (…) e l'età della vittima (…) (cfr. pag. 8 sentenza impugnata).

Va premesso che, in tema di danno non patrimoniale da lesione della salute, non costituisce duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione del risarcimento del "danno biologico", quale pregiudizio che esplica incidenza sulla vita quotidiana e sulle attività dinamico-relazionali del soggetto, e di un'ulteriore somma a titolo di ristoro del pregiudizio rappresentato dalla sofferenza interiore (c.d. danno morale, "sub specie" di dolore dell'animo, vergogna, disistima di sé, paura, disperazione): con la conseguenza che, ove dedotto e provato, tale ultimo danno deve formare oggetto di separata valutazione e liquidazione, trattandosi di voci di danno tra loro diverse e derivanti dalla lesione di beni logicamente ed ontologicamente distinti che trovano riferimento, rispettivamente, nella Cost., art. 29 e nell'art. 32 (Cass. 9857/2022; Cass. 4878/2019; Cass. 7513/2018).

In tema di danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale, se la liquidazione avviene in base ad un criterio che prevede un importo variabile tra un minimo ed un massimo, è consentito al giudice di merito liquidare un risarcimento inferiore al minimo solo in presenza di circostanze eccezionali e peculiari al caso di specie, tra le quali non si annoverano nè l'età della vittima, nè quella del superstite, nè l'assenza di convivenza tra l'una e l'altro, trattandosi di circostanze che possono solo giustificare la quantificazione del risarcimento entro la fascia di oscillazione della tabella (Cass. 26440/2022).

Pertanto, in tema di liquidazione equitativa del danno non patrimoniale, al fine di garantire non solo un'adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l'uniformità di giudizio in casi analoghi, il danno da perdita del rapporto parentale deve essere liquidato seguendo una tabella basata sul "sistema a punti", che preveda, oltre all'adozione del criterio a punto, l'estrazione del valore medio del punto dai precedenti, la modularità e l'elencazione delle circostanze di fatto rilevanti, tra le quali, indefettibilmente, l'età della vittima, l'età del superstite, il grado di parentela e la convivenza, nonché l'indicazione dei relativi punteggi, con la possibilità di applicare sull'importo finale dei correttivi in ragione della particolarità della situazione, salvo che l'eccezionalità del caso non imponga, fornendone adeguata motivazione, una liquidazione del danno senza fare ricorso a tale tabella.

La Corte di rinvio dovrà applicare i predetti principi sia per la valutazione del danno parentale sia per la liquidazione del danno morale con riferimento ai nuovi valori tabellari previsti dalla tabella di Milano del 9.6.2022, quale parametro risarcitorio già applicato nei precedenti gradi di giudizio.

6. In conclusione la Corte dichiara inammissibili il primo e secondo motivo di ricorso, accoglie il terzo motivo, come in motivazione, cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese di questo giudizio, alla Corte d'Appello di Reggio Calabria in diversa composizione personale.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibili il primo e secondo motivo di ricorso, accoglie il terzo motivo, come in motivazione, cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese di questo giudizio, alla Corte d'Appello di Reggio Calabria in diversa composizione personale.