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Vietata estradizione di cittadino UE verso terzi senza informazioni a stato di cittadinanza (Cass. 1203/22)

5 gennaio 2022, Cassazione penale

In tema di estradizione di un cittadino di uno Stato membro dell'Unione Europea verso un paese terzo, sussiste l'obbligo di informare lo Stato membro della richiesta di estradizione quando  la persona di cui è reclamata la consegna soggiorni di fatto nel territorio dell'Unione nel momento in cui la richiesta è presentata: peraltro, nella ricostruzione dell'istituto risultante dalle sentenze della Corte di Giustizia, l'obbligo di informazione allo Stato di cittadinanza del soggetto investito della richiesta di estradizione da parte di uno Stato terzo rispetto all'Unione europea è funzionale non solo al rispetto del principio di leale collaborazione tra gli Stati membri, ma anche a consentire che quello Stato possa esercitare a sua volta la richiesta di consegna del proprio cittadino ai sensi della decisione - quadro n. 2002/584/GAI sul mandato d'arresto europeo, sempre che lo stesso sia competente, in forza del suo diritto nazionale, a perseguire tale persona per i fatti commessi fuori del suo territorio nazionale.

Ai fini dell'apprezzamento della causa ostativa correlata allo stato di salute del soggetto la Corte di appello non può limitarsi a verificare se nel Paese richiedente i presidi sanitari siano adeguati a far fronte alle esigenze terapeutiche dell'estradando, ma deve tenere conto anche della concreta incidenza negativa che può avere la procedura esecutiva di consegna, per le complicanze patologiche connesse al trasferimento all'estero in sé nonché in rapporto all'esigenza di non interrompere le terapie in atto.

Corte di Cassazione

 Sent. Sez. 6 penale Num. 1203 Anno 2022

 Presidente: CRISCUOLO ANNA

Relatore: VILLONI ORLANDO

Data Udienza: 06/12/2021 – deposito 05/01/2022

  

SENTENZA

 sul ricorso proposto da:

CFD, n. il ** (Romania)

avverso la sentenza n. 143/21 della Corte di appello di Roma del 22/07/2021

letti gli atti, il ricorso e la sentenza impugnata;

udita la relazione del consigliere Orlando Villoni;

sentito il pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale

Simone Perelli, che ha concluso per il rigetto;

sentito per il ricorrente l'avv. Nicola Canestrini che ha insistito per l'accoglimento del ricorso

 RITENUTO IN FATTO

 1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Roma ha ritenuto sussistenti le condizioni per estradare MDC verso gli Stati Uniti d'America, in accoglimento della richiesta promossa in forza di mandato di arresto emesso dalla Corte Distrettuale Meridionale dell'Illinois a seguito della condanna alla pena di tre anni di reclusione per il reato di truffa nei confronti del Governo (art. 18, Section 1546 (a) del codice penale federale statunitense) in relazione a condotte commesse nel periodo 1999 - 2005, qualificabili nel sistema italiano ai sensi dell'art. 12, commi 1 e 3, d. Igs. n. 286 del 25 luglio 1998 (favoreggiamento dell'immigrazione clandestina) e degli artt. 48 e 480 cod. pen. (falso per induzione in autorizzazioni amministrative).

 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'estradando, il quale formula i seguenti motivi di censura, riprodotti in forma riassuntiva ai sensi dell'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.

 2.1. Violazione di legge in relazione agli artt. 18, 20, 21 e 267 TFUE, alla Convenzione sul trasferimento delle persone condannate ratificata con legge n. 334 del 1988 e al Trattato di estradizione tra gli Stati Uniti d'America e l'Italia ratificata con legge n. 25 del 2009 e vizi congiunti di motivazione riguardo sia al mancato esperimento del rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'Unione europea circa l'applicabilità della Convenzione sul trasferimento delle persone condannate al soggetto non cittadino italiano ,ma cittadino dell'Unione europea, sia alla mancata informazione dello Stato di cittadinanza dell'estradando (Romania) dell'avvenuta ricezione della richiesta estradizionale proveniente da uno Stato terzo.

 2.2. Violazione dell'art. 705, comma 2, lett. a) cod. proc. pen. e vizi congiunti di motivazione in ordine alla mancata tutela del diritto dell'estradando ad un giusto processo ai sensi dell'art. 6 Convenzione europea dei diritti dell'uomo in caso di consegna. L'estradando è attualmente sottoposto ad ulteriore procedimento penale nel proprio Stato di cittadinanza (Romania) per il delitto di frode aggravata, come risultante dall'ordine di indagine europeo (OIE) emesso dalla Corte di appello di Cluj allegato al ricorso e in seguito al quale è stato sottoposto ad audizione in videoconferenza. Egli ha pieno diritto a prendere parte a tale procedimento (art. 6 Conv. EDU ) e la consegna agli Stati Uniti d'America determinerebbe l'impossibilità di potervi partecipare, stante l'assenza di qualsivoglia mezzo di cooperazione processuale tra USA e Romania.

 2.3. Violazione degli artt. 508, 511, comma 3 e 178 lett. c) cod. proc. pen. in relazione alla mancata audizione del perito nominato dalla Corte di appello per la verifica delle condizioni di salute del ricorrente.

 Alla Corte di appello sono state evidenziate le condizioni di salute altamente precarie dell'estradando, sottoposto nell'anno 2016 ad intervento laparoscopico di chirurgia bariatrica comportante la rimozione dell'80% dello stomaco; gli è stato, inoltre, diagnosticato un cancro alla prostata metastatico, poiché diffuso alle ossa.

 Disposta l'esecuzione di una perizia, la Corte si è, però, limitata ad acquisire senza formalità l'elaborato scritto senza procedere all'esame del perito, non presentatosi in udienza, così violando gli artt. 508 e 511, comma 3, cod. proc. pen. che sanciscono il principio generale che la relazione peritale può essere acquisita ed utilizzata per la decisione solo quando previamente preceduta dall'esame del perito; la perizia va, pertanto, dichiarata nulla ai sensi dell'art. 178, lett. c) cod. proc. pen. (Sez. 4, n. 1288 del 19/01/2015; Sez. 6 n. 38157 del 24/10/2011) per lesione del diritto di difesa dell'imputato, il quale non è stato messo in condizione di porre le proprie domande al perito circa il contenuto della relazione. L'eccezione di nullità viene posta in sede di ricorso, quale prima occasione utile per formularla, attesa la ricordata assenza di una formale acquisizione dell'elaborato peritale.

 2.4. Violazione dell'art. 705, comma 2, lett. c-bis) cod. proc. pen. e vizi congiunti di motivazione in relazione all'erronea valutazione operata dalla Corte di appello in merito al concreto rischio per la salute dell'estradando in caso di consegna.

 Le valutazioni peritali si sono focalizzate solo sulla capacità dell'estradando di affrontare il viaggio aereo che lo porterebbe negli Stati Uniti d'America, senza prendere in considerazione la sussistenza di rischi per la sua salute in caso di consegna; il perito ha, comunque, evidenziato nella sua relazione alcune necessità terapeutiche (ad es. quella di seguire una dieta liquida o semi-solida per via dell'intervento di chirurgia bariatrica), mentre ha addotto l'assenza di tempo sufficiente per verificare l'attuale stadio della patologia tumorale.

 Detti elementi non sono stati minimamente presi in considerazione dalla Corte di appello, che ha concentrato la sua attenzione sui pur rilevanti risvolti psichici della salute del ricorrente e sulle modalità eventuali di organizzazione del viaggio aereo verso gli Stati Uniti; nessuna considerazione è stata, inoltre svolta sulle concrete condizioni di detenzione cui il ricorrente potrebbe essere sottoposto nelle prigioni americane e sull'eventuale incidenza di dette condizioni sulle sue precarie condizioni di salute.

 2.5. Violazione dell'art. 705, comma 2, lett. c) cod. proc. pen. e vizi congiunti di motivazione in ordine alla mancata valutazione operata dalla Corte di appello circa il rischio che l'estradando corre di essere sottoposto a trattamenti inumani e degradanti in caso di consegna.

 La Corte di appello si è limitata a recepire le cd. rassicurazioni diplomatiche fornite dal Governo degli Stati Uniti riguardo alla fase del trasferimento dello estradando dall'Italia e alla generica possibilità di accedere a trattamenti sanitari, senza verificare in concreto se le garanzie offerte siano sufficienti a preservare il pericolo di imposizione dei paventati trattamenti, anche con riferimento alle ormai notorie condizioni di sovraffollamento delle prigioni nordamericane.

 CONSIDERATO IN DIRITTO

 1. Il ricorso è fondato nei termini di cui alla motivazione.

 2. Preliminare rispetto all'esame di ogni altra questione è, tuttavia, quella concernente il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'Unione europea di cui all'art. 267 TFUE, invocato dal ricorrente in relazione alla dedotta applicabilità della Convenzione europea del 21 marzo 1983 sul trasferimento delle persone condannate - ratificata sia dall'Italia con legge 25 luglio 1988 n. 334 sia dagli Stati Uniti d'America 1'11 marzo 1985 - a soggetto non cittadino italiano ma di un altro Stato dell'Unione europea.

 Sul punto la sentenza impugnata segnala che, investito della questione ai sensi dell'art. 731 cod. proc. pen., il Ministro della giustizia ha risposto in termini negativi, evidenziando - come del resto riconosciuto dallo stesso ricorrente – che il Trattato bilaterale Italia - USA non prevede, quale alternativa all'estradizione, l'esecuzione nello Stato richiesto della condanna inflitta all'estradando nello Stato richiedente.

 La decisione ministeriale è stata, poi, impugnata in sede giurisdizionale amministrativa (TAR Lazio e Consiglio di Stato) con esito ancora negativo per l'estradando; il Ministro della giustizia ha, infine, respinto due ulteriori istanze, negando nuovamente l'applicazione della Convenzione, non essendo l'estradando cittadino italiano.

 Come anticipato, il ricorrente non contesta la correttezza formale di tale ultima determinazione, conforme alla lettera dell'art. 3 della Convenzione europea, ma sostiene che essa viola gli artt. 18, 20 e 21 del TFUE in tema di parità di trattamento dell'estradando, in quanto stabilmente radicato in Italia fin dal 2017, a tal fine avendo sollecitato la Corte di appello ad avviare la procedura di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'Unione europea e di fronte al diniego, impugnando la statuizione mediante ricorso per cassazione con il richiamo di ampia giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione europea a sostegno.

 La richiesta è, però, inammissibile in questa sede.

 Essa avrebbe dovuto, infatti, essere tempestivamente proposta dinanzi al TAR ed al Consiglio di Stato, investiti direttamente della questione del mancato avvio della procedura di riconoscimento delle sentenze penali straniere a norma di accordi internazionali, dal momento che in assenza di impulso ministeriale ai sensi dell'art. 731, comma 1, cod. proc. pen. e di avvio della fase giurisdizionale da parte del Procuratore generale competente per territorio (art. 731, comma 2, cod. proc. pen.), la Corte di appello e la Corte di cassazione risultano semplicemente carenti di giurisdizione sul tema.

 L'instaurazione della fase giurisdizionale della procedura di riconoscimento della sentenza penale straniera non può, infatti, prescindere dall'impulso della autorità politica competente, rappresentata dal Ministro della Giustizia secondo il modulo procedimentale previsto dagli artt. 731 e segg. cod. proc. pen.

Diverso è evidentemente il sistema nell'ambito della cooperazione giudiziaria rafforzata esistente tra gli Stati membri dell'Unione europea, atteso che l'art. 10 del d. Igs. n. 161 del 7 settembre 2010 — costituente trasposizione nello ordinamento interno della Decisione - quadro n. 2008/909/GAI - contempla la possibilità per l'autorità giudiziaria italiana di riconoscere la sentenza di condanna emessa in un altro Stato membro a determinate condizioni (comma 1), pur richiedendo significativamente il consenso aggiuntivo del Ministro della Giustizia ove la sentenza da riconoscere riguardi persona che non possiede la cittadinanza italiana (comma 2).

 Il principio è stato del resto già affermato dalla giurisprudenza di questa Corte di cassazione che con la sentenza Sez. 6, n. 6237 del 15/01/2020, Taraj, Rv. 278344 ha stabilito che in tema di estradizione esecutiva per l'estero, richiesta sulla base della Convenzione europea di estradizione, non spetta all'autorità giudiziaria disporre l'esecuzione in Italia di pene inflitte all'estero, sia per lo straniero residente che per il cittadino italiano, rientrando invece nelle attribuzioni del Ministro della giustizia attivare la procedura per il riconoscimento della sentenza straniera, ove la stessa, in base ai relativi accordi internazionali, possa essere poi eseguita in Italia.

 Né esso appare suscettibile di deroghe ove, come nel caso di specie, venga sollecitata l'attivazione del rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'Unione europea, costituente strumento processuale che presuppone, comunque, la giurisdizione dell'organo giudiziario remittente, sia pure collocato, come la Corte di cassazione, al vertice del sistema giudiziario nazionale.

 3. Risulta, invece, fondata la questione proposta nella seconda parte del primo motivo di ricorso.

 Il ricorrente lamenta la mancata informazione della richiesta estradizionale proveniente dagli Stati Uniti d'America alle autorità del proprio Stato di cittadinanza (Romania), citando a sostegno dell'esistenza di un obbligo in tal senso varie pronunce della Corte di Giustizia dell'Unione europea (sent. Petruhhin, C-182/15 Grande Sezione del 6 settembre 2016; sent. Pisciotti, C- 191/16, Grande Sezione del 10 aprile 2018; sent. BY, C-398/19, Grande Sezione del 17 dicembre 2020).

 La doglianza è fondata e la giurisprudenza di questa Corte di cassazione si è già espressa sul punto, affermando il principio che in tema di estradizione di un cittadino di uno Stato membro dell'Unione Europea verso un paese terzo, sussiste l'obbligo di informare lo Stato membro della richiesta di estradizione solo ove la persona di cui è reclamata la consegna soggiorni di fatto nel territorio dell'Unione nel momento in cui la richiesta è presentata, e non quando si trovi al di fuori di tale spazio territoriale perché già materialmente consegnata allo Stato richiedente, in quanto destinataria di un precedente provvedimento definitivo di estradizione (Sez. 6, n. 26310 del 26/05/2021, K., Rv. 281543).

 Nel caso in esame la condizione sostanziale appare  pacificamente sussistente, atteso che stando alla documentazione prodotta, l'estradando risiede stabilmente in Italia dal 2017.

 Il tema sembra essere stato posto anche all'attenzione della Corte di appello, posto che al ricorso è allegata specifica memoria che ne tratta, ma la sentenza impugnata risulta silente sul punto, per cui alla violazione di legge si aggiunge la carenza grafica di motivazione.

 La questione si rivela non solo formale, poiché nella ricostruzione dell'istituto risultante dalle sentenze della Corte di Giustizia, l'obbligo di informazione allo Stato di cittadinanza del soggetto investito della richiesta di estradizione da parte di uno Stato terzo rispetto all'Unione europea è funzionale non solo al rispetto del principio di leale collaborazione tra gli Stati membri, ma anche a consentire che quello Stato possa esercitare a sua volta la richiesta di consegna del proprio cittadino ai sensi della decisione - quadro n. 2002/584/GAI sul mandato d'arresto europeo, sempre che lo stesso sia competente, in forza del suo diritto nazionale, a perseguire tale persona per i fatti commessi fuori del suo territorio nazionale.

 A tale tema si collega, inoltre, quello posto dal secondo motivo di ricorso, concernente la pendenza di un concomitante procedimento in Romania a carico del ricorrente.

La questione non è stata posta all'attenzione Corte di appello e non rientra tra le situazioni prese in considerazione dall'art. 705, comma 2, lett. a) cod. proc. pen., ma pare evidente che essa debba, esattamente come propugnato dal ricorrente (pag. 23 ricorso), costituire oggetto della nota da inoltrare alla Romania a titolo di informazione circa l'avvenuta ricezione della richiesta estradizionale da parte degli Stati Uniti d'America.

 4. Il ricorso è fondato anche con riferimento alle altre doglianze di cui esso consta, tutte in vario modo afferenti alla verifica delle attuali condizioni di salute del ricorrente e alla possibile incidenza sulle stesse dell'estradizione.

 La Corte di appello ha in effetti disposto perizia sulle condizioni di salute del **, dalla stessa emergendo che trattasi di soggetto privo di particolari patologie, ma psicologicamente fragile, alcoldipendente e affetto da possibili disturbi dell'umore; il perito ha a tal fine raccomandato un servizio di assistenza psicologica durante il trasferimento negli Stati Uniti ad opera di personale sanitario specializzato e la Corte ha sollecitato e ottenuto espresse assicurazioni in tal senso dallo USMS (United States Marshals Service) - organismo che svolge alcune funzioni demandate nell'ordinamento italiano alla Polizia Penitenziaria - della circostanza che all'atto del trasferimento dell'estradando negli Stati Uniti farà intervenire la sua Operational Medica! Support Unit (unità operativa di supporto sanitario).

 La difesa allega, tuttavia, l'esistenza di un quadro patologico ben più complesso ed allarmante sul quale, stante la dedotta assenza di un esame del perito in udienza, non è stato possibile instaurare un contraddittorio.

 L'esame del verbale del 22 luglio 2021 conferma la mancata partecipazione all'udienza del perito, al quale non è stato, perciò, possibile porre questioni da approfondire; del quadro clinico complesso, nei termini prospettati dalla difesa, la decisione non fa, invece, alcuna menzione.

 Ciò premesso, la nullità relativa verificatasi e riferita alla violazione degli artt. 508, 511, comma 3 e 178, lett. c) cod. proc. pen., tempestivamente proposta in quanto consumatasi nell'udienza di discussione della richiesta di estradizione, appare tanto più rilevante dal momento che la giurisprudenza di questa Corte di cassazione ha ormai da tempo affermato il principio che in tema di estradizione per l'estero, a seguito dell'introduzione dell'art. 705, comma 2, lett. c-bis), cod. proc. pen. ad opera dell'art. 4 della legge 3 ottobre 2017, n. 149, la valutazione delle condizioni di salute del soggetto richiesto non è più rimessa alla discrezionalità del Ministero della giustizia nella fase amministrativa della procedura, ma è devoluta alla cognizione della Corte di appello nella fase giurisdizionale della stessa, integrando autonoma causa ostativa all'estradizione (Sez. 6, n. 1363 del 05/12/2018, Castiglione, dep. 2019, Rv. 274838).

 La pronuncia ha, poi, trovato completamento in una più recente decisione secondo cui ai fini dell'apprezzamento della causa ostativa correlata allo stato di salute del soggetto, prevista dall'art. 705, comma 2, lett. c-bis), cod. proc. pen., la Corte di appello non può limitarsi a verificare se nel Paese richiedente i presidi sanitari siano adeguati a far fronte alle esigenze terapeutiche dell'estradando, ma deve tenere conto anche della concreta incidenza negativa che può avere la procedura esecutiva di consegna, per le complicanze patologiche connesse al trasferimento all'estero in sé nonché in rapporto all'esigenza di non interrompere le terapie in atto (Sez. 6, n. 33781 del 25/06/2021, Macchiavelli, Rv. 281934).

 È indubbio che non qualsiasi conseguenza negativa per la salute dello estradando possa costituire causa ostativa alla consegna, ma solo quelle comportanti effetti patologici importanti e oggettivamente riscontrabili (v. Sez. 6, n. 1354 del 27/11/2018, dep. 2019, Fioretti, Rv. 274837 secondo cui la causa di rifiuto prevista dall'art. 705, comma 2, lett. c-bis), cod. proc. pen., introdotto dall'art. 4 della legge 3 ottobre 2017, n. 149, può trovare applicazione non solo nel caso in cui nello Stato richiedente non sia possibile assicurare cure mediche all'estradando, ma anche quando la procedura di estradizione sia in sé suscettibile di comportare un pregiudizio per le sue condizioni di salute), ma dal momento che la sussistenza delle patologie allegate dal ricorrente non ha potuto costituire oggetto di discussione e di approfondimento alla presenza del perito non è stato possibile neppure apprezzarne la potenziale incidenza.

 Stando alla sentenza impugnata, infatti, non consta che l'estradando abbia terapie mediche in corso la cui sospensione possa comprometterne inevitabilmente la salute, ma la prospettazione difensiva appare di segno profondamente diverso e il silenzio serbato in sentenza sulle gravi patologie allegate rende impossibile comprendere se vi sia stata o meno valutazione in concreto delle stesse.

 5. Risulta, infine, assorbito dalle precedenti considerazioni, relative a questioni in rapporto di antecedenza logica e temporale, l'esame del quinto motivo di ricorso, concernente il tema dei trattamenti inumani e degradanti posto dalla difesa con riferimento alla mancanza di reali assicurazioni che, nell'ambito del sistema penitenziario statunitense, ad un soggetto, come il ricorrente, afflitto da così gravi patologie possano essere garantite continue ed efficaci cure  mediche.

 P. Q. M.

 annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Roma. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui

all'art. 203 disp. att. cod. proc. pen.

 

Così deciso, il 6 dicembre 2021