Home
Lo studio
Risorse
Contatti
Lo studio

Decisioni

Corrispondenza fra colleghi, dovere deontologico prevale su diritto di difesa (CNF, 20/23)

25 giugno 2023, Consiglio nazionale forense

 

L’art. 48 Cod. deontologico pone in via assoluta il divieto di produrre in giudizio corrispondenza tra professionisti espressamente qualificata riservata, a prescindere dal suo contenuto, prevedendo, a completamento del precetto, il divieto di produzione quando, pur in difetto dell’espressa qualificazione in termini di riservatezza, la corrispondenza riporti proposte transattive scambiate con i colleghi.

Se questa è qualificata riservata e/o se la stessa contiene proposte transattive/conciliative, non potrà mai essere - salve le eccezione di cui al secondo comma dell’articolo in esame - prodotta in giudizio, riportata in atti processuali, riferita in giudizio o consegnata al cliente e/o alla parte assistita.

Tale norma deontologica è stata dettata a salvaguardia del corretto svolgimento dell’attività professionale, con il fine di non consentire che leali rapporti tra colleghi potessero dar luogo a conseguenze negative nello svolgimento della funzione defensionale, specie allorché le comunicazioni ovvero le missive contengano ammissioni o consapevolezze di torti ovvero proposte transattive.
Ciò per evitare la mortificazione dei principi di collaborazione che per contro sono alla base dell’attività legale: il divieto di produrre in giudizio la corrispondenza tra i professionisti contenente proposte transattive assume la valenza di un principio invalicabile di affidabilità e lealtà nei rapporti interprofessionali, quali che siano gli effetti processuali della produzione vietata.

Se però fra i destinatari delle e-mail inviate vi siano anche terzi non vincolati dal divieto, viene meno l'illecito: in questi casi, difatti, a prescindere dall’apposizione della formula “riservata personale”, il contenuto deve considerarsi pubblico.


CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE

N. 128/18 R.G. - decisione n. 20/23


Il Consiglio Nazionale Forense, riunito in seduta pubblica, nella sua sede presso il Ministerodella Giustizia, in Roma, presenti i Signori:

- Avv. Alessandro PATELLI
- Avv. Francesca SORBI
- Avv. Giuseppe Gaetano IACONA

- Avv. Ettore ATZORI
- Avv. Aniello COSIMATO
- Avv. Donato DI CAMPLI
- Avv. Bruno DI GIOVANNI
- Avv. Vittorio MINERVINI
- Avv. Giovanna OLLA’
- Avv. Francesco PIZZUTO
- Avv. Francesco Emilio STANDOLI

con l’intervento del rappresentante il P.G. presso la Corte di Cassazione nella persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Vincenzo Senatore ha emesso la seguente

SENTENZA

sul ricorso tempestivamente presentato dall’avv. [RICORRENTE] avverso il provvedimento n.21/2018, emesso in data 23.03.2018 dal C.D.D. Veneto, con il quale è stata disposta la sanzione disciplinare della censura.
Per la ricorrente è comparso il difensore avv. [OMISSIS].

Per il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Venezia, regolarmente citato, nessuno è pre- sente;

Udita la relazione del Consigliere avv. Francesco Emilio Standoli;
Inteso il P.M., il quale ha concluso per il parziale accoglimento con l’applicazione della sanzione dell’avvertimento.

Inteso il difensore del ricorrente, il quale ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

FATTO

La vicenda trae origine dall’esposto presentato dall’avv. [ESPONENTE] nei confronti dell’avv. [RICORRENTE] con il quale, il primo, segnalava che quest’ultima aveva prodotto, nell’ambito di un giudizio possessorio pendente tra due rispettivi assistiti, una e-mail, a firma dell’esponente medesimo, concernente ipotesi transattive tra le parti. Segnalava, inoltre, che l’Avv. [RICORRENTE] aveva illegittimamente consegnato alla propria assistita, sig.ra [AAA], copia della corrispondenza qualificata riservata e personale scambiata tra gli avvocati e, comunque, contenente proposte transattive/conciliative.

Detta corrispondenza era stata successivamente allegata ad un esposto presentato dalla stessa sig.ra [AAA] proprio nei confronti dell’avv. [ESPONENTE].

Notiziata della segnalazione disciplinare, l’avv. [RICORRENTE] presentava una memoria difensiva con la quale contestava gli assunti e riferiva, da un lato, che la corrispondenza prodotta nel giudizio possessorio non conteneva ipotesi transattive tra le parti e che la stessa, ad ogni modo, non era inerente ai fatti di causa, in quanto si riferiva ad un diverso procedimento (id est al giudizio di separazione dei coniugi) e, dall’altro, di non aver consegnato alla propria assistita le e-mail riservate intrattenute con il collega, avendo invero l’avv. [ESPONENTE] inviato la detta corrispondenza al sig. [BBB], che poi l’aveva riferita/consegnata alla sig.ra [AAA].

All’esito della fase preliminare, il CDD approvava il seguente capo d’incolpazione nei confronti dell’avv. [RICORRENTE]:
<
a) violazione degli artt. 9, 19 e 48 n. 1 NCDF per aver prodotto nel procedimento civile 7652/2015 RG del Tribunale di Venezia, la email di data 9.11.2015 ricevuta dall’avv. [ESPONENTE] e contenente una proposta transattiva. In Venezia in epoca successiva al 9.11.2015 ed in occasione del deposito del fascicolo contenente gli atti ed i documenti relativi alla attività difensiva svolta per conto della cliente [AAA] nell’indicato procedimento civile;

b) violazione degli artt. 9, 19 e 48 n. 3 NCDF per aver consegnato alla cliente [AAA] la propria lettera classificata “riservata e personale” inviata al collega avv. [ESPONENTE] il 11.12.2015 e la risposta da quest’ultimo ricevuta in data 12.12.2015. In Venezia il 14.12.2015 a mezzo della e-mail allegata sub. 1 all’esposto>.

Completata l’istruttoria dibattimentale - caratterizzata dalla produzione documentale, ivi inclusa una consulenza tecnica di parte incolpata, finalizzata a dimostrare quali fossero gli effettivi destinatari delle e-mail scambiate tra l’avv. [RICORRENTE] e l’avv. [ESPONENTE], dall’escussione testimoniale dell’esponente, del cliente dello stesso (sig. [CCC]) e della sig.ra [AAA] - il CDD riteneva provati i fatti contestati e accertava la responsabilità disciplinare dell’incolpata per entrambi i capi d’incolpazione.

Relativamente al capo a), il Giudice di prime cure ha ritenuto che l’e-mail del 9.11.2015, prodotta nel giudizio possessorio, conteneva effettivamente riferimenti ai contenziosi, alle posizioni delle parti e ad accordi transattivi per definire in via conciliativa la vertenza e, di conseguenza, era riconducibile alle previsioni di cui all’art. 48 CDF.

Relativamente al capo b), invece, il CDD ha ritenuto provato il fatto contestato in quanto, la consegna delle e-mail alla parte assistista, sig.ra [AAA], per stessa ammissione di quest’ultima, era stata eseguita dall’avv. [RICORRENTE], a prescindere dalla circostanza (o meno) che anche l’avv. [ESPONENTE] avesse, a sua volta, consegnato detta corrispondenza elettronica al proprio cliente. Con la conseguenza che l’aver divulgato e- mail scambiate con il collega, da quest’ultimo classificate come ‘riservate’, configurava di per sé la violazione di cui all’art. 48 CDF, a prescindere dal comportamento tenuto da altri. Veniva di conseguenza irrogata la sanzione (complessiva) della censura, anche in considerazione della circostanza dichiarata dall’esponente, avv. [ESPONENTE], di aver chiarito ogni controversia con la collega [RICORRENTE].

Avverso il detto provvedimento ha proposto ricorso al CNF l’avv. [RICORRENTE], tramite l’avv. [OMISSIS], difensore cassazionista munito di procura speciale.

La ricorrente ha censurato il provvedimento per i seguenti motivi:

- Violazione degli artt. 97 Cost., 10, 3° co Reg. 2/147, violazione del giusto processo, nullità della decisione e del procedimento preliminare.
Con tale doglianza la ricorrente ha criticato la scelta del CDD di separare i giudizi disciplinari tra la stessa e l’avv. [ESPONENTE], sebbene traessero origine dai medesimi fatti. Tale determinazione avrebbe permesso di qualificare l’esponente come semplice testimone, nonostante vi fossero dei contrasti con l’incolpata e sussistessero dubbi sulla veridicità sulle dichiarazioni testimoniali espresse.

- Violazione dell’art. 48 o erronea interpretazione ncdf ed abuso di potere per difetto di istruttoria e contraddittoria motivazione.
Con tale motivo la ricorrente ha criticato la motivazione del CDD nella parte in cui ha ritenuto violato l’art. 48 CDF relativamente al secondo capo d’imputazione, evidenziando che fosse emersa la prova che le e-mail riservate erano state dapprima consegnate dall’avv. [ESPONENTE] al proprio assistito (sig. [BBB]), per poi essere depositate nel procedimento disciplinare senza l’indicazione, tra i destinatari, proprio del sig. [BBB].

- Violazione o erronea applicazione degli artt. 1966 cc e 48 c 1 e 3 ncdf. Abuso di po- tere per difetto di istruttoria e carente od illogica motivazione.
La decisione del CDD, a detta della ricorrente, sarebbe viziata nella parte in cui ha ritenuto erroneamente che l’e-mail del 09.11.2015 avesse un contenuto di natura transattiva. La stessa evidenzia che in detta e-mail si facesse riferimento ad accordi già perfezionati e, inoltre, che quell’accordo non incidesse sul processo nel quale era stata prodotta, avendo un oggetto diverso. Ad ogni modo non poteva certamente trattarsi di proposta transattiva in quanto vertente in materia di diritti indisponibili.

- Violazione ed erronea applicazione dell’art. 48 c.1 e 3 ncdf. Abuso di potere per di- fetto di istruttoria ed omessa o erronea valutazione della prova. Secondo la ricorrente, la circostanza emersa nel corso dell’istruttoria ovverosia che l’avv. [ESPONENTE] consegnò per primo lo scambio di corrispondenza riservata al proprio assistito (sig. [BBB]) avrebbe eliminato il vincolo della non producibilità e della segretezza.

- Violazione o erronea applicazione degli artt. 52, 1, lett. b) LP all’art. 28 Reg. 2/14 o dell’art. 22, 3° lett. a) e 4 ncdf. Abuso di potere per insufficiente e contraddittoria motivazio- ne.

Con tale motivo la ricorrente si duole della sanzione irrogata ritenendola eccessiva. Il CDD, difatti, non avrebbe considerato che la condotta contestata all’incolpata fosse di gravità tenue, se non altro perché era stato l’avv. [ESPONENTE] a consegnare per primo la corrispondenza al proprio cliente, sig. [BBB], oltre al fatto che l’incolpata aveva sempre collaborato con rispetto con il Collegio giudicante.

Ha concluso, pertanto, per l’annullamento della decisione e, in via subordinata, per la rideterminazione della sanzione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’appello può trovare parziale accoglimento per le seguenti ragioni in fatto e in diritto.

E’ opportuno precisare, in via preliminare/pregiudiziale, trattandosi di un motivo di doglianza afferente una possibile nullità del giudizio, che la decisione del CDD, circa la riunione o separazione di procedimenti disciplinari, rientra nella discrezionalità del giudice della deontologia.

Da ciò consegue che il rigetto dell’istanza di riunione non comporta alcuna violazione del diritto di difesa.
Del resto, così come chiarito dalla Suprema Corte, “
nel procedimento disciplinare a carico degli avvocati trovano applicazione, quanto alla procedura, le norme particolari che, per ogni singolo istituto, sono dettate dalla legge professionale e, in mancanza, quelle del codice di procedura civile, con la conseguenza che, secondo il principio costantemente ribadito per quel rito, è insindacabile in sede di legittimità la decisione sulla riunione dei procedimenti, essendo tale scelta rimessa alla valutazione discrezionale del giudice” (Corte di Cassazione, SS.UU, sentenza n.24896 del 6 novembre 2020).
Va da sé che la legittima scelta operata dal CDD di non riunire il procedimento a carico dell’avv. [RICORRENTE] con quello nei confronti dell’avv. [ESPONENTE], non ha in alcun modo inciso sulla valutazione delle prove e, in particolare, sull’attendibilità o meno dell’esponente.
Ciò premesso, quanto al primo capo di incolpazione, preme rilevare che il fatto, così come contestato nella sua materialità, oltre ad essere documentalmente provato, è stato sostan- zialmente ammesso anche dalla stessa ricorrente.

Non sussistono dubbi che quest’ultima avesse prodotto, nel corso di un giudizio possesso- rio in essere tra la propria assistita e il cliente dell’avv. [ESPONENTE], una e-mail contenente proposte transattive.

Le doglianze sollevate su tale capo della decisione - potendo i vari motivi di gravame esse- re esaminati congiuntamente, vertendo sostanzialmente sulle medesime questioni di diritto - per quanto suggestive, non possono essere condivise.

La circostanza che la proposta transattiva fosse relativa ai diritti oggetto di un diverso pro- cedimento - nella specie del giudizio di separazione dei coniugi - non fa venir meno l’illecei- tà deontologica della condotta.

Anzi, sotto certi profili potrebbe persino aggravarla.

In primo luogo, si osserva che, per giurisprudenza costante di questo Consiglio, debbano essere considerate come riservate, pur in assenza di un’espressa indicazione del mittente, tutte le missive che contengano proposte transattive.
L’art. 48 Cod. deont. (già art. 28 codice previgente) ha inteso porre in via assoluta il divieto di produrre in giudizio corrispondenza tra professionisti espressamente qualificata riservata, a prescindere dal suo contenuto, prevedendo, a completamento del precetto, il divieto di produzione quando, pur in difetto dell’espressa qualificazione in termini di riservatezza, la corrispondenza riporti proposte transattive scambiate con i colleghi.

La norma, in sostanza, impone uno specifico divieto avente carattere generale e che trova applicazione a prescindere dall’oggetto e dal contenuto della missiva.

Se questa è qualificata riservata e/o se la stessa contiene proposte transattive/conciliative, non potrà mai essere - salve le eccezione di cui al secondo comma dell’articolo in esame - prodotta in giudizio, riportata in atti processuali, riferita in giudizio o consegnata al cliente e/o alla parte assistita.

Tale norma deontologica è stata dettata a salvaguardia del corretto svolgimento dell’attività professionale, con il fine di non consentire che leali rapporti tra colleghi potessero dar luogo a conseguenze negative nello svolgimento della funzione defensionale, specie allorché le comunicazioni ovvero le missive contengano ammissioni o consapevolezze di torti ovvero proposte transattive.
Ciò per evitare la mortificazione dei principi di collaborazione che per contro sono alla base dell’attività legale.
Di tal ché il divieto di produrre in giudizio la corrispondenza tra i professionisti contenente proposte transattive assume la valenza di un principio invalicabile di affidabilità e lealtà nei rapporti interprofessionali, quali che siano gli effetti processuali della produzione vietata.
E proprio per questo tale divieto non viene certamente meno per il fatto che la proposta transattiva contenuta nella corrispondenza prodotta abbia ad oggetto i diritti in discussione in altro procedimento che nulla abbia a che vedere con quello nel quale si “manifesta esteriormente” l’illecito.

Quest’ultimo, difatti, si consuma con la mera produzione/divulgazione della missiva riservata, circostanza che costituisce il momento perfezionativo della violazione deontologica e che coincide con la lesione (istantanea) dell’interesse protetto: id est la collaborazione tra Colleghi e la lealtà nei rapporti professionali, in particolare nel corso di un giudizio.

Il principio non soffre alcuna eccezione anche con riferimento a controversie diverse per petitum e/o causa petendi (Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 15 dicembre 2016, n. 362).

Nulla rileva in contrario né l’errore di valutazione dell’incolpato sul contenuto della corrispondenza stessa né l’eventuale irrilevanza della produzione stessa sul convincimento del giudice.

Quanto al primo aspetto, priva di pregio è la considerazione che la proposta transattiva contenuta nella corrispondenza prodotta in giudizio avesse ad oggetto diritti indisponibili (nella fattispecie la quantificazione dell’assegno di mantenimento in favore dei figli).

Se è vero che le parti non possano formalizzare una transazione avente ad oggetto diritti indisponibili è altrettanto vero che le stesse possano sottoporre al necessario vaglio del Tribunale una concorde proposta sulla gestione economica (e non) dei figli minori.

Quanto dedotto dal ricorrente, ragionando per paradossi, renderebbe impossibile qualsiasi ipotesi di separazione consensuale.
Viceversa, come insegna la migliore dottrina, gli accordi in tema di famiglia e, in particolare, quelli relativi ai figli minori, sono condizionati alla valutazione da parte del Giudice, che risulta necessaria a verificarne la conformità all’interesse morale e materiale degli stessi. Quanto al secondo aspetto, invece, come sopra evidenziato, la circostanza che il Giudice non ne tenga conto - situazione parificabile all’irrilevanza della produzione - potrebbe al più configurare un aggravante dell’illecito in quanto consumato, per così dire, per futili motivi e senza nemmeno alcuna ragione difensiva che, peraltro, come noto, non sarebbe di per sé una scriminante.

In conclusione sul primo capo di incolpazione, essendo innegabile che la comunicazione in rilascio dell’immobile da parte della [AAA] e che viene proposto, tenuto conto del reddito, nella misura mensile di € 400,00 per la quota del mio cliente, oltre alle spese straordinarie contestato non merita di essere riformata (fermo quanto si dirà in punto di pena).

Relativamente al secondo capo di incolpazione, viceversa, le doglianze sollevate dalla ricorrente - che anche in questo caso possono essere vagliate congiuntamente - sono meritevoli di adesione.

All’esito dell’istruttoria dibattimentale, difatti, da un lato, non è emerso con assoluta certezza che l’avv. [RICORRENTE] avesse materialmente consegnato la corrispondenza riservata alla propria assistita e, dall’altro, vi è più di un fondato motivo per ritenere che le e- mail avessero “perso” il carattere della riservatezza.

Quanto a tale ultimo profilo non può non rilevarsi quanto emerso all’esito della testimonianza resa dalla sig.ra [AAA], specificatamente nella parte in cui ha dichiarato di aver rinvenuto una copia delle missive riservate - redatte dall’avv. [ESPONENTE] e inviate all’avv. [RICORRENTE] - sopra il tavolo di cristallo dell’abitazione in cui (ancora) viveva con il coniuge pur in pendenza del procedimento civile di separazione.

Dall’altro, dall’esame della consulenza tecnica di parte, è emerso che tra i destinatari delle e-mail inviate dall’avv. [ESPONENTE] vi fosse, oltre all’avv. [RICORRENTE], anche il cliente del primo ovverosia il sig. [BBB].
Come ha avuto modo di chiarire questo Consiglio, in una decisione risalente nel tempo, ma che merita integrale adesione, il divieto imposto dall’art.48 del NCDF viene meno nel caso, di natura singolare qual è quello all’esame, in cui la corrispondenza sia stata inviata dal mittente, per conoscenza, anche a terzi non vincolati dal divieto (Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 02 dicembre 1991, n. 119).

In questi casi, difatti, a prescindere dall’apposizione della formula “riservata personale”, il contenuto deve considerarsi pubblico.

Va da sé che, proprio in considerazione del comportamento tenuto dall’avv. [ESPONENTE], che per primo ha inviato al proprio assistito le lettere riservate, sia venuto meno quel divieto che la norma impone a salvaguardia della lealtà nei rapporti professionali.

Pertanto, sebbene, come detto, non sia emersa con certezza la circostanza che l’avv. [RICORRENTE] avesse consegnato copia delle e-mail alla sig.ra [AAA] - a ben vedere quest’ultima nulla ha riferito in merito nel corso della testimonianza resa nella seduta del 26.10.2018, mentre nella dichiarazione scritta dalla stessa, redatta ed allegata alle memorie difensive della ricorrente nella fase preliminare, sembrerebbe che la consegna vi fosse effettivamente stata - l’eventuale dazione sarebbe, comunque, irrilevante ai fini deontologici essendo venuto meno il divieto di cui alla norma contestata.

In conclusione sul secondo capo di incolpazione, pertanto, in accoglimento dell’impugnazione in parte qua, la decisione deve essere riformata con consequenziale decisione di non luogo a provvedimento disciplinare.
Proprio in considerazione dell’accoglimento parziale del ricorso si rende necessaria una nuova valutazione in ordine alla pena comminata.

Si sarebbe trattato di una sorta di

post factum

non punibile.

7

La sanzione edittale prevista per la violazione dell’art.48, primo comma, ncfd, è la censura.

Tuttavia, in ossequio al principio enunciato dall’art. 21 dello stesso ncdf, nei procedimenti disciplinari l’oggetto di valutazione è il comportamento complessivo dell’incolpato: ciò per valutare la sua condotta in generale e per comminare la sanzione più adeguata in considerazione degli illeciti commessi.

A tal fine occorre effettuare un bilanciamento tra la considerazione di gravità dei fatti addebitati ed i concorrenti criteri di valutazione, quali, ad esempio, la presenza o assenza di precedenti disciplinari e il comportamento dell’incolpato, precedente e successivo ai fatti. Si deve altresì tenere conto del pregiudizio eventualmente subito dalle altre parti e della compromissione dell’immagine della professione forense.

Ciò ricordato, tenuto conto delle circostanze nel cui contesto è avvenuta l’unica violazione ritenuta sussistente, della mancanza del pregiudizio subito dalla controparte in conseguenza della produzione di una missiva riservata ma irrilevante ai fini del giudizio e dell’assenza di precedenti disciplinari, si ritiene, ai sensi e per gli effetti dell’art.22 del ncdf, che ricorrano i presupposti per attenuare la sanzione edittale e sostituirla con quella dell’avvertimento.

P.Q.M.

visti gli artt. 36 e 37 L. n. 247/2012 e gli artt. 59 e segg. del R.D. 22.1.1934, n. 37;
Il Consiglio Nazionale Forense accoglie parzialmente per le ragioni di cui in motivazione il ricorso e per l’effetto, quanto al capo di incolpazione di cui alla lettera a), applica la sanzio- ne dell’avvertimento; quanto al capo di incolpazione di cui alla lettera b), annulla la decisio- ne del CDD Veneto e dichiara il non luogo a provvedimento disciplinare.
Dispone che in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma per finalità di informazione su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli inte- ressati riportati nella sentenza.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 22 settembre 2022.

IL SEGRETARIO f.f. IL PRESIDENTE f.f.
f.to Avv. Francesca Sorbi f.to Avv. Alessandro Patelli

Depositata presso la Segreteria del Consiglio nazionale forense, oggi 28 febbraio 2023.

LA CONSIGLIERA SEGRETARIA f.to Avv. Rosa Capria