Legittimo criticare la diffusione mediatica di un video, realizzato dai R.I.S. di Parma e da questi trasmesso ufficialmente agli organi di stampa già durante la fase delle indagini, che ritraeva un furgone bianco, compatibile con quello dell’imputato, realizzato per scopo comunicativo e non probatorio.
Legittimi e non diffamati gli articoli che trattano, con piglio fortemente critico, a cominciare dall’articolo in oggetto che ha definito il video “taroccato”.
La cronaca e la critica giornalistica, nel caso di specie, non solo si sono inserite su un fatto obiettivo, di indubbio interesse pubblicistico e certamente non frutto di loro invenzione o di artefatto, ma sono anche state mosse dal fondamentale principio della presunzione di innocenza dell’imputato che deve proteggere le persone indagate o imputato in procedimenti penali da sovraesposizioni mediatiche deliberatamente volte a presentarli all’opinione pubblica come colpevoli prima dell’accertamento processuale definitivo.
Tribunale di Milano
Ufficio GIP
ORDINANZA
6843/21 RGNR
(ARTT. 409, 410 comma 2 C.P.P)
(omessi nome indagati, difensori e persona offesa)
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di cui dà lettura:
L’articolata e completa richiesta di archiviazione del Pm, fondata sul riconoscimento dell’esimente del diritto di cronaca e di critica giornalistica al delitto di diffamazione, è fondata e va accolta.
Secondo la consolidata giurisprudenza di Cassazione in tema di diffamazione a mezzo stampa, presupposto imprescindibile per l’applicazione dell’esimente dell’esercizio del diritto di critica è la verità del fatto storico posto a fondamento dell’elaborazione valutativa (v. in tal senso, Cassazione n. 7715 del 04/11/2014; n. 40930 del 27/09/2013; n. 54501 del 21.9.2016).
Una volta accertato tale presupposto va riconosciuto che l’esimente del diritto di critica presuppone, per la sua stessa natura di esimente, la manifestazione di espressioni oggettivamente offensive della reputazione altrui a condizione che l’offesa non si traduca in una gratuita e immotivata aggressione alla sfera personale del soggetto passivo ma sia contenuta (in questo senso si parla di requisito de3lla “continenza formale”) nell’ambito della tematica attinente al fatto dal quale la critica ha tratto spunto; fermo restando che, entro tali limiti, la critica, siccome espressione di valutazioni puramente soggettive dell’agente, può essere caratterizzata da forte asprezza (v. Cassazione n. 3047 del 13/12/2010; n. 32668 del 08/06/2018).
Nel caso di specie, la vicenda processuale oggetto dapprima dell’articolo di cronaca giudiziaria pubblicato su “libero” il 01.11.2015, a firma Telese, e poi dei successivi articoli di stampa, cartacea e online, nonché delle trasmissioni televisive che lo hanno ripreso, è quello dell’omicidio di Yara Gambirasio, scomparsa il 26 novembre 2010 e ritrovata assassinata il 26 febbrai o2011; processo conclusosi il 12 ottobre 2018 con la condanna definitiva di Massimo Giuseppe Bossetti.
Le complesse modalità di individuazione dell’imputato quale responsabile sono state oggetto di un acceso dibattito mediatico, anche durante le indagini e poi durante il dibattimento, nel sui contesto si è inserita la questione, oggetto del presente procedimento, della diffusione mediatica di un video, realizzato dai R.I.S. di Parma e da questi trasmesso ufficialmente agli organi di stampa già durante la fase delle indagini, che ritraeva un furgone bianco, compatibile con quello dell’imputato, che transitava più volte, in orari compatibili con il delitto, in prossimità dei luoghi frequentati dalla vittima.
Il video, il cui scopo era dichiaratamente comunicativo e non probatorio, non è entrato nel compendio istruttoria del processo ma è stato nondimeno oggetto di esame testimoniale, e controesame difensivo, del Tenente Colonnello Giampietro LAG, dei R.I.S. di Parma, all’udienza del 30.10.2015 presso la Corte di Assise di Bergamo: in tal sede sono state discusse le modalità di realizzazione del video, tramite montaggio di frame di diversa provenienza, e le tecnologie utilizzate per la verifica di compatibilità tra il furgone ripreso nel video e quello sequestrato all’imputato.
L’articolo a firma Telese, e “a catena” i successivi, trattavano, con piglio fortemente critico, proprio il tema l’affidabilità di tali modalità e verifiche, a cominciare dall’articolo in oggetto che ha definito il video “taroccato”: espressione poi ripresa dai successivi con sinonimi ed espressioni egualmente allusiva, come “patacca” e simili, nonché con toni di espressa riprovazione per la diffusione per via istituzionale del video senza una chiara rappresentazione delle tecniche di formazione dello stesso e dei conseguenti limiti di affidabilità del suo contenuto.
E’ quindi chiaro che la cronaca e la critica giornalistica, nel caso di specie, non solo si sono inserite su un fatto obiettivo, di indubbio interesse pubblicistico e certamente non frutto di loro invenzione o di artefatto, ma siano anche state mosse dal fondamentale principio della presunzione di innocenza dell’imputato che, anche in base alla direttiva U.E. n. 343 del 2016, oggetto di recente recepimento da parte dell’Italia, deve proteggere le persone indagate o imputato in procedimenti penali da sovraesposizioni mediatiche deliberatamente volte a presentarli all’opinione pubblica come colpevoli prima dell’accertamento processuale definitivo.
Il presupposto della verità del fatto storico, che in questo caso coincide con la controversia sulle modalità di formazione e sull’attendibilità di quei video e sulle rilevanti conseguenze in tema di lesione del diritto alla presunzione dell’innocenza dell’imputato, risulta quindi ampiamente rispettato, al che consegue la piena legittimità della successiva rielaborazione giornalistica, anche qualora essa si sia mossa, come è avvenuto nella specie, su un piano fortemente critico e allusivo, non potendo d’altra parte il diritto di cronaca e di critica giornalistica essere, per definizione, svilito nella sua funzione di controllo sull’operato delle istituzioni tutte né limitato all’esposizione mera dei fatti e alla loro puntuale ed esatta riproduzione (v. in tal senso, Cassazione n. 17259 del 06/03/2020).
P.Q.M.
Visti gli artt. 408, 410 e 415 c.p.p.
Dispone l’archiviazione del procedimenti penale:
ordina la restituzione dei atti al P.M..
Autorizza il rilascio di copia agli aventi diritto
manda alla cancelleria le comunicazioni di competenza
Il presente verbale viene chiuso alle ore 11.11
L’assistente Giudiziario Il Giudice
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