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Incensuratezza non basta per generiche (Cass. 23298/23)

29 maggio 2023, Cassazione penale

Il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l'assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell'art. 62-bis c.p., per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non è più sufficiente il solo stato di incensuratezza dell'imputato: l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche non costituisce un diritto conseguente all'assenza di elementi negativi connotanti la personalità del soggetto, ma richiede elementi di segno positivo, dalla cui assenza legittimamente deriva il diniego di concessione delle stesse.

In tema di violenza sessuale, la condizione di inferiorità psichica della vittima al momento del fatto, di cui all'art. 609-bis, comma 2, n. 1, c.p., può dipendere anche dalla minore età accompagnata da una situazione familiare che renda la persona offesa vulnerabile alle richieste dell'agente o da una condizione di menomazione strumentalizzata per accedere alla sfera intima della persona minore, così ridotta a mezzo per soddisfare l'altrui libidine.

La registrazione - come in specie - di conversazioni effettuata da un privato, mediante apparecchio collegato con postazioni ricetrasmittenti attraverso le quali la PG procede all'ascolto delle stesse e alla contestuale memorizzazione, non costituisce una mera forma di documentazione dei contenuti del dialogo nè una semplice attività investigativa, bensì un'operazione di intercettazione di conversazioni ad opera di terzi, come tale soggetta alla disciplina autorizzativa dettata dagli artt. 266 e ss. c.p.p., con la conseguente inutilizzabilità probatoria di tale registrazione, ove preceduta dalla sola autorizzazione del Pubblico Ministero.

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Sent., (ud. 12/01/2023) 29-05-2023, n. 23298

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NICOLA Vito - Presidente -

Dott. CERRONI Claudio - Consigliere -

Dott. PAZIENZA Vittorio - rel. Consigliere -

Dott. CORBETTA Stefano - Consigliere -

Dott. NOVIELLO Giuseppe - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

A.A., nato a (Omissis);

avverso la sentenza del 02/02/2022 della Corte di Appello di Cagliari sez. dist. di Sas sari;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Claudio Cerroni;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Stefano Tocci, che ha concluso per il rigetto del ricorso udito per il ricorrente l'avv. FL, che ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 2 febbraio 2022 la Sezione distaccata di Sas sari della Corte di Appello di Cagliari ha confermato la sentenza del 15 maggio 2017 del Tribunale di Nuoro resa in esito a giudizio abbreviato, in forza della quale A.A. era stato condannato alla pena di anni otto di reclusione per i reati, uniti dal vincolo della continuazione, di cui agli artt. 81 e 609-quater cod. pen. (capo a), e di cui agli artt. 81 e 609-bis, comma 2 n. 1 c.p. (capo b), in danno di B.B..

2. Avverso la predetta decisione è stato proposto ricorso per cassazione articolato su quattro motivi.

2.1. Col primo motivo, quanto all'utilizzazione della registrazione di un dialogo tra l'imputato e la persona offesa, avvenuto in data 18 giugno 2015 all'interno dell'autovettura del ricorrente, era dato pacifico che la conversazione tra imputato e persona offesa era stata registrata ma altresì ascoltata in tempo reale dagli investigatori della Squadra mobile, d'intesa col giovane B.B..

In tal caso doveva pertanto parlarsi di vera e propria intercettazione, assoggettata alla procedura garantita di cui agli artt. 266 e segg. c.p.p..

In conseguenza di ciò, vi sarebbe stata necessità del decreto autorizzativo del Giudice, che non era intervenuto, sì che doveva ritenersi l'inutilizzabilità dei risultati probatori conseguiti. Infatti quantomeno il A.A. ignorava di essere stato ascoltato, tra l'altro in forza di un'apprensione occulta ed in tempo reale del dialogo.

Ciò posto, ne era evidente l'illegittimità, attesa la mancata redazione di verbale a norma dell'art. 268, comma 1, c.p.p., nonchè della trascrizione della conversazione. Nè vi erano stati trasmissione dei verbali al Pubblico ministero, ovvero avviso al difensore.

In effetti si trattava di intercettazione mascherata, neppure coperta dal decreto del 18 maggio 2015 del Giudice per le indagini preliminari, tant'è che allora non si comprendeva l'emissione da parte del Pubblico ministero di decreto autorizzativo in data 11 giugno 2015.

2.2. Col secondo motivo è stata contestata la sentenza impugnata nella parte in cui essa aveva inteso accertare altrimenti la data del primo rapporto sessuale tra l'imputato e la persona offesa, laddove non era stato attribuito rilievo ai contenuti della registrazione del 18 giugno 2015, secondo cui detto rapporto doveva farsi risalire a quando il B.B. aveva quindici anni.

2.3. Col terzo motivo, quanto al giudizio di attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa, quest'ultima era stata smentita sia dalla deposizione del teste C.C. che dal fatto che non erano stati ritrovati i film a contenuto pedopornografico, che sarebbero stati visionati nell'abitazione del A.A..

2.4. Col quarto motivo infine è stato censurato il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, illegittimamente negate sul solo presupposto della gravità del fatto.

3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso del rigetto del ricorso.

Motivi della decisione

4. Il ricorso è infondato.

4.1. In relazione ai primi due motivi di impugnazione, che possono essere esaminati congiuntamente ruotando attorno all'utilizzo e ai contenuti della registrazione telefonica del 18 giugno 2015, vero è che questa Corte ha osservato che la registrazione - come in specie - di conversazioni effettuata da un privato, mediante apparecchio collegato con postazioni ricetrasmittenti attraverso le quali la PG procede all'ascolto delle stesse e alla contestuale memorizzazione, non costituisce una mera forma di documentazione dei contenuti del dialogo nè una semplice attività investigativa, bensì un'operazione di intercettazione di conversazioni ad opera di terzi, come tale soggetta alla disciplina autorizzativa dettata dagli artt. 266 e ss. c.p.p., con la conseguente inutilizzabilità probatoria di tale registrazione, ove preceduta dalla sola autorizzazione del Pubblico Ministero (Sez. 3, n. 39378 del 23/03/2016, C., Rv. 267806). Peraltro è stato anche ritenuto ad es. che la trascrizione della conversazione intercorsa tra la vittima e l'autore di condotte estorsive ed usurarie, portata a conoscenza delle forze dell'ordine per iniziativa della stessa persona offesa mediante l'inoltro della chiamata in corso sull'utenza della polizia, che provveda immediatamente alla sua registrazione tramite l'applicazione cali recorder, costituisce forma di memorizzazione fonica di un fatto storico, utilizzabile in dibattimento quale prova documentale, ai sensi dell'art. 234 c.p.p. (Sez. 2, n. 26766 del 06/07/2020, Spinelli, Rv. 279653).

In ogni caso, anche a prescindere dai rilievi appena svolti, va decisivamente osservato che, nell'ipotesi in cui con il ricorso per cassazione si lamenti l'inutilizzabilità di un elemento a carico, il motivo di impugnazione deve illustrare, a pena di inammissibilità per aspecificità, l'incidenza dell'eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta "prova di resistenza", in quanto gli elementi di prova acquisiti illegittimamente diventano irrilevanti ed ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l'identico convincimento (ad es. Sez. 3, n. 3207 del 02/10/2014, dep. 2015, Calabrese, Rv. 262011).

In proposito il ricorrente nulla ha invece dedotto, insistendo invece ampiamente per l'inutilizzabilità della registrazione, dalla quale comunque ha inteso comunque trarre argomenti a sè favorevoli. In ogni caso il Tribunale aveva definito come "rilevante", e non certo come esclusivo, l'apporto istruttorio della conversazione del giugno 2015, ed al riguardo parimenti la sentenza impugnata ha comunque espressamente dato conto dell'esaustività del quadro anche a prescindere dagli elementi tratti dalla conversazione in questione.

4.1.1. A questo riguardo, e trattando in particolare il secondo profilo di censura, esso anzitutto si fonda su una lettura non corretta del passaggio motivazionale contenuto a pag. 55 della sentenza impugnata.

In proposito, infatti, la Corte territoriale - ed al riguardo il ricorso evita di confrontarsi - aveva osservato che la difesa dell'imputato aveva annotato un elemento di criticità nell'affermato contrasto nelle dichiarazioni rese dalla persona offesa in relazione alla determinazione della data del primo incontro sessuale tra l'imputato e il ragazzo: il B.B. infatti nella denuncia aveva indicato il 2008 mentre, in sede di incidente probatorio, era stata richiamata la data del mese di giugno 2009. Ed è a questo affermato disallineamento che si è invero richiamato l'odierno ricorrente - senza peraltro riportare per intero i termini del contesto - per inficiare l'attendibilità delle dichiarazioni del giovane, laddove per vero la distinzione tra le due date era stata fatta risalire dalla sentenza impugnata ad una contraddizione del tutto giustificabile, in considerazione della lunga durata della relazione tra i due e della molteplicità di rapporti sessuali pertanto intercorsi.

Siffatta incertezza peraltro - siccome segnalata, però nel contesto in cui è stata inserita dalla Corte territoriale - in realtà non ha di per sè un particolare rilievo. In entrambe le ipotesi (come è stato rilevato dai Giudici del merito) si sarebbe trattato infatti di atti sessuali compiuti dall'imputato con soggetto che non aveva comunque raggiunto i quattordici anni, essendo nato il 31 dicembre 1995.

D'altronde - al di là delle date, delle controversie tra i protagonisti della vicenda e della determinazione numerica del millesimo (2008 ovvero 2009) - il giovane ha sempre fissato l'inizio dei rapporti con l'odierno ricorrente - sia di conoscenza personale che di relazione sessuale - in coincidenza con un torneo internazionale di calcio cui lo stesso ragazzo aveva preso parte come giocatore in Nuoro (mentre il A.A. svolgeva le mansioni di dirigente di una formazione giovanile), e ciò risaliva senz'altro alla prima parte del 2009. Laddove la relazione sessuale si era protratta per anni (come era facilmente evincibile dai contenuti degli stessi diari tenuti dall'imputato, di univoca interpretazione quanto alla descrizione della natura della liaison), sì che in definitiva la riflessione della sentenza impugnata, circa la sostanziale irrilevanza dell'incertezza cronologica nel contesto delineatosi, si rivela tutt'altro che illogica.

4.2. In ordine poi alla valutazione di complessiva attendibilità del dichiarante, siffatto giudizio, relativo alla persona offesa dal reato, è questione di fatto, non censurabile in sede di legittimità, salvo che la motivazione della sentenza impugnata sia affetta da manifeste contraddizioni, o abbia fatto ricorso a mere congetture, consistenti in ipotesi non fondate sull'id quod plerumque accidit, ed insuscettibili di verifica empirica, od anche ad una pretesa regola generale che risulti priva di una pur minima plausibilità (Sez. 4, n. 10153 del 11/02/2020, C., Rv. 278609). L'attendibilità infatti della persona offesa dal reato è una questione di fatto, che ha la sua chiave di lettura nell'insieme di una motivazione logica, che non può essere rivalutata in sede di legittimità, salvo che il giudice sia incorso in manifeste contraddizioni (Sez. 2, n. 7667 del 29/01/2015. Cammarota e altro, Rv. 262575).

Invero l'iter argomentativo - corroborato da riscontri evidenti, quanto ad es. ai diari del ricorrente (v. supra), e in buona sostanza dalla stessa linea difensiva assunta, che non nega la relazione sessuale tra i due semmai contestando l'esistenza del reato di cui all'art. 609-quater c.p. - si sofferma non illogicamente sugli stessi elementi in tesi di minore peso per svalutarne ragionevolmente il rilievo (relativamente alle deposizioni dell'allenatore C.C. e della fidanzata D.D., che ben poco avevano potuto dire circa l'abisso in cui era caduto il ragazzo), laddove la Corte territoriale ha invece dato conto delle condizioni del giovane B.B., travolto ed annichilito dalla vicenda umana di cui è stato protagonista suo malgrado, nutrito da sentimenti ambivalenti nei riguardi dell'imputato, visto come dispensatore di doni e di situazioni di vita che il B.B. non si sarebbe potuto permettere, ma al contempo protagonista assoluto della sua devastazione umana, tanto più nel momento in cui tutto era venuto a galla e tutti (in primis i rispettivi difensori, poi la famiglia, la fidanzata, gli amici) erano venuti a conoscenza di quanto era accaduto negli anni.

Al riguardo ben poco è stato aggiunto nel ricorso, tenuto altresì conto che la sentenza impugnata ha evidenziato che il giovane non si era neppure costituito parte civile evitando in tal modo di coltivare pretese economiche, mentre l'angoscia esistenziale ("non riesco più a fare nulla") derivava altresì - come da rilievi peritali opportunamente richiamati - non dall'ipotetica falsità delle accuse mosse all'imputato, ma dalla decisione di denunciare colui che negli anni lo aveva gratificato di regalie, ancorchè strumentali alla più sfrenata soddisfazione carnale, di cui vi è cruda traccia negli scritti risalenti all'imputato (v. supra), imprenditore edile, dirigente sportivo, alle prese con un giovanissimo soggetto privo di sostegni di sorta, data la disgregata situazione familiare e l'assenza di altri solidi appoggi.

E' stato così correttamente sostenuto che, in tema di violenza sessuale, la condizione di inferiorità psichica della vittima al momento del fatto, di cui all'art. 609-bis, comma 2, n. 1, c.p., può dipendere anche dalla minore età accompagnata da una situazione familiare che renda la persona offesa vulnerabile alle richieste dell'agente o da una condizione di menomazione strumentalizzata per accedere alla sfera intima della persona minore, così ridotta a mezzo per soddisfare l'altrui libidine (è stata così ritenuta immune da censure la sentenza di condanna dell'imputato per la condotta induttiva esercitata nei confronti della figlia adottiva mediante una morbosa opera di persuasione e di graduale sessualizzazione della minore, tale da alimentare la convinzione della stessa circa la doverosità e normalità di tali comportamenti sessuali)(Sez. 3, n. 6148 del 08/10/2020, dep. 2021, V., Rv. 281338, che ha ribadito Sez. 3, n. 52041 del 11/10/2016, M. e altri, Rv. 268615, già ricordata dal primo Giudice).

I clamorosi squilibri tra i protagonisti - distantissimi per età, condizione sociale, disponibilità economiche - sono stati ben richiamati tanto dal Tribunale quanto dal Giudice d'appello.

In siffatto contesto, il mancato ritrovamento di filmati di natura pedopornografica appare - come è stato annotato dalla Corte territoriale aspetto del tutto marginale.

Tanto più che le dichiarazioni della persona offesa possono essere appunto legittimamente poste da sole a fondamento dell'affermazione di penale responsabilità dell'imputato, previa verifica, più penetrante e rigorosa rispetto a quella cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone e corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto (ad es. Sez. 2, n. 43278 del 24/09/2015, Manzini, Rv. 265104). In specie, per quanto osservato, la positiva ricorrenza di siffatta verifica non può essere negata.

4.3. Non è meritevole di accoglimento neppure l'ultimo profilo di censura. A questo proposito, infatti, vero è che il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l'assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell'art. 62-bis c.p., per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non è più sufficiente il solo stato di incensuratezza dell'imputato (ad es. Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, Guarnieri, Rv. 283489; Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, Starace, Rv. 270986). Infatti l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche non costituisce un diritto conseguente all'assenza di elementi negativi connotanti la personalità del soggetto, ma richiede elementi di segno positivo, dalla cui assenza legittimamente deriva il diniego di concessione delle stesse (Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, De Crescenzo, Rv. 281590).

Proprio in relazione a ciò le considerazioni del ricorrente non sono condivisibili, dal momento che, in di Spa rte la gravità dei fatti, la sentenza impugnata ha appunto osservato che non sussistevano elementi da positivamente valutare ai fini del riconoscimento del beneficio di cui all'art. 62-bis c.p., ed al riguardo il ricorso non ha inteso in alcun modo replicare.

5. La complessiva infondatezza dei motivi di impugnazione non può che condurre al rigetto del ricorso, con la condanna altresì del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2023.

Depositato in Cancelleria il 29 maggio 2023