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Incidente, ma vittima muore per errore del sanitario: omicidio stradale? (Cass. 25819/23)

15 giugno 2023, Cassazione penale

I potenziali errori di cura costituiscono, rispetto ad un soggetto vittima di un precedente fatto lesivo, un fatto tipico e prevedibile, mentre, ai fini della esclusione del nesso di causalità, occorre un errore del tutto eccezionale, abnorme, da solo determinante l'evento letale.

Con specifico riguardo a comportamenti negligenti dei sanitari nelle cure praticate alla vittima di un precedente evento lesivo, l'eventuale negligenza o imperizia dei medici, ancorchè di elevata gravità, non elide, di per sè, il nesso causale tra la condotta lesiva e l'evento morte, in quanto l'intervento dei sanitari costituisce, rispetto al soggetto leso, un fatto tipico e prevedibile, anche nei potenziali errori di cura, mentre ai fini dell'esclusione del nesso di causalità occorre un errore del tutto eccezionale, abnorme, da solo determinante l'evento letale. 

La nozione di "causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento" si riferisce non solo al caso di un processo causale del tutto autonomo, ma anche a quello di un processo non completamente avulso dall'antecedente, a condizione però che esso sia caratterizzato da un percorso causale completamente atipico, di carattere assolutamente anomalo ed eccezionale, ossia di un evento che non si verifica se non in casi del tutto imprevedibili a seguito della causa presupposta. 

 

 CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Sent., (data ud. 23/05/2023) 15/06/2023, n. 25819

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIAMPI Francesco - Presidente -

Dott. RANALDI Alessandro - Consigliere -

Dott. BRUNO Mariarosaria - Consigliere -

Dott. MICCICHE Loredana - Consigliere -

Dott. CIRESE Marina - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

A.A., nato a (Omissis);

avverso la sentenza del 07/06/2022 della CORTE APPELLO di L'AQUILA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere MARINA CIRESE; lette le conclusioni del P.G..

Svolgimento del processo

1. Con sentenza in data 7 giugno 2022 la Corte d'appello di L'Aquila ha confermato la sentenza con cui in data 10.12.2019 il Gup del Tribunale di Chieti, all'esito di giudizio abbreviato, aveva ritenuto A.A., colpevole del reato di cui all'art. 589 bis c.p. (così riqualificato il fatto) per essersi posta alla guida nello stato di ebbrezza alcolica previsto dal D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 186, comma 2, lett. c) con conseguente condanna alla pena di anni sei di reclusione. Con la medesima condanna l'imputata è stata altresì interdetta in perpetuo dai pubblici uffici ed in stato di interdizione legale durante l'esecuzione della pena.

2. I fatti come ricostruiti dalle sentenze di merito sono i seguenti:

in data (Omissis) intorno alle ore 19 e 10 A.A., alla guida della propria Lancia tg. (Omissis) di proprietà di B.B., percorreva (Omissis) nel comune di (Omissis) allorchè investiva C.C. sospingendolo contro la parete posteriore della Lancia Y tg. (Omissis) in quel momento ferma sul margine destro della carreggiata con il dispositivo hazard in funzione quindi contro la recinzione metallica del prospiciente civico n. 1 per poi urtare e piegare la portiera della vettura antistante proseguendo la corsa nella medesima direzione di marcia e fermandosi dopo m 55 dal primo urto.

La Lancia Y tg. (Omissis) era condotta da D.D., moglie del C.C., ed in quel momento era ferma dinanzi ad un'altra Lancia condotta dallo stesso C.C., a sua volta ferma perchè interessata da fiamme al motore che i due coniugi cercavano di spegnere. In particolare il C.C. stava intervenendo sulle fiamme versando il contenuto di bottiglie d'acqua recuperate dalla moglie all'interno della propria auto ed in quel frangente era stato investito, mentre la moglie aveva udito il colpo contro lo sportello ed un dolore al braccio.

Alle ore 19 e 50 interveniva sul posto la pattuglia dei Carabinieri di Chieti rilevando che il tratto di strada antecedente l'investimento era rettilineo ed in discesa e che l'investitrice presentava i classici sintomi di ebbrezza alcolica; sottoposta ad alcoltest, l'apparecchio non generava alcuna lettura utile per insufficienza del volume espirato.

Condotta presso l'Ospedale di (Omissis) e sottoposta ad esame ematico, risultava un valore alcolemico pari a 1,83 g/l.

Il C.C., ricoverato al Pronto Soccorso, veniva mandato in rianimazione con diagnosi di politrauma di investimento con emorragia cerebrale, successivamente il decorso ospedaliero evidenziava l'iniziale stato di coma con prognosi riservata, sciolta il 28 febbraio 2018 all'atto del ricovero presso l'istituto di riabilitazione "(Omissis)" di (Omissis) risultando affetto da tetraparesi. Successivamente in data 23 maggio 2018 perveniva la notizia del decesso del medesimo da cui scaturivano le indagini sulla relativa causa.

Dal separato fascicolo trasmesso dalla Procura di Macerata, si apprendeva che il Pubblico ministero aveva disposto l'autopsia del cadavere nominando un consulente tecnico al fine di accertare se il decesso fosse eziologicamente dipendente dalle lesioni riportate nel precedente sinistro stradale o se fosse derivato da altre cause.

Poichè era emerso che il decesso era intervenuto a seguito di un intervento chirurgico (tentativo di gastrostomia endoscopica percutanea (PEG), su sollecitazione dello stesso consulente tecnico, il Pubblico Ministero nominava anche un secondo consulente. Detta consulenza accertava che era stata corretta la scelta di procedere all'intervento di PEG, trattandosi di paziente tetraparetico non alimentabile per via orale con conservata funzionalità gastrointestinale ed aspettativa di vita in termini di mesi.

Con riguardo all'esecuzione dell'intervento, si accertava che l'operatore non era riuscito ad ottenere l'indicazione del sito da pungere attraverso la transilluminazione ed aveva tentato per ben due volte di inserire il trocut affidandosi alla digitopressione. I consulenti concludevano che "la complicazione emorragica non deriva da esecuzione chirurgica manifestamente non corretta dell'intervento rappresentando una possibile complicanza nota dello stesso"; al contrario ritenevano la gestione post operatoria "indubbiamente inadeguata, in ragione della mancata ospedalizzazione d'urgenza da disporre al più tardi alle ore 1 e 30 del 23 maggio 2018 ed invece eseguita tardivamente alle ore 5". Ed infatti dopo l'interruzione della procedura alle ore 17 il paziente risultava rientrato all'Istituto (Omissis) mentre doveva essere sottoposto a stretta sorveglianza clinica mentre il monitoraggio veniva affidato solo a personale infermieristico che riferiva di tanto in tanto al medico di guardia.

Medicati i punti di sutura che sanguinavano persistentemente e registrata l'insorgenza di dolori addominali, il medico di guardia aveva ritenuto di non visitare il paziente e aveva disposto la somministrazione di antiemorragico ed antidolorifico; solo dopo il rilievo delle ore 5 con P.A. a 60/40 si disponeva il trasferimento d'urgenza in ospedale. Il paziente decedeva alle ore 5 e 50 ancora sulla barella del 118 per arresto cardiocircolatorio.

I consulenti concludevano quindi che mentre le gravissime lesioni personali erano conseguenza evidente e diretta dell'incidente, il decesso era diretta conseguenza della inadeguatezza della gestione della fase post operatoria del paziente; ipotizzando una ospedalizzazione urgente il paziente avrebbe avuto buone possibilità di sopravvivenza, tenuto conto anche della risposta positiva manifestata alle somministrazioni di plasma ed ormoni.

Nel corso del giudizio abbreviato in primo grado venivano sentiti a chiarimenti i due consulenti.

Il Pubblico ministero, sulla base degli elementi acquisiti, riteneva l'interruzione del nesso di causalità tra la condotta scritta alla A.A. e la morte e contestava alla stessa il delitto di lesioni personali stradali gravissime.

All'esito, il giudice di primo grado ha ritenuto invece il nesso di causalità tra l'evento determinato dall'incidente stradale che ha condotto il C.C. in una condizione di vita residuale ed al limite della dignità umana e l'evento morte, determinatosi per effetto di condotte illecite ulteriori ma pienamente coerenti con la serie causale innescata dall'incidente e dalla condizione clinica del paziente che ne è derivata, ed anzi proprio per la necessità di assicurare un'alimentazione efficace e meno rischiosa per tutto il periodo residuo di sopravvivenza attesa del paziente.

Di conseguenza ha ritenuto la piena responsabilità dell'imputata per l'evento morte generatosi a seguito dell'intervento chirurgico infausto, riqualificato il fatto quale omicidio stradale aggravato ai sensi dell'art. 589 bis cpv. c.p. per essersi l'imputata posta alla guida in stato di ebbrezza alcolica.

Ha evidenziato da parte della medesima plurime violazioni del C.d.S.: oltre alla velocità la totale assenza di controllo del veicolo conseguenza del forte stato di intossicazione etilica.

Il giudice d'appello nel confermare la sentenza di primo grado ha condiviso l'assunto secondo cui l'errore commesso dal sanitario nel decorso post-operatorio consistito nella tardiva diagnosi della complicanza in corso non può affatto definirsi come eccezionale rispetto al rischio attivato dall'investimento da parte dell'imputata che quindi non ha interrotto la connessione causale tra la condotta colposa e la morte del C.C..

3. Avverso la sentenza d'appello l'imputata, a mezzo del difensore, ha proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi.

Con il primo deduce ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) il difetto di motivazione e la violazione dell'art. 40 c.p.p. e art. 41 c.p.p., comma 2 avendo riguardo alla riqualificazione del fatto nonchè il vizio di motivazione ex art. 606 c.p.p., lett. e) avendo riguardo alla mancata disamina delle prove in merito al secondo motivo di appello.

Si assume che la Corte d'appello ha ripetuto acriticamente la valutazione del primo giudice modificando totalmente la realtà dei fatti e la responsabilità del medico nella fase post operatoria risultando la motivazione sul punto apparente.

Inoltre la Corte territoriale ha errato laddove ha ritenuto che l'errore medico non sia causa sopravvenuta imprevedibile di carattere eccezionale e di assoluta anormalità. Esclusivamente l'errore medico ha causato il decesso di talchè l'odierna imputata deve rispondere solo del reato di lesioni gravissime.

Con il secondo motivo deduce il vizio di motivazione a norma dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e) avendo riguardo alla apoditticità della motivazione in merito all'attenuante specifica ai sensi dell'art. 589 bis c.p., comma 7.

Assume che la Corte territoriale nel negare la ricorrenza dell'attenuante de qua ha sostanzialmente rinviato alle motivazioni espresse dal primo giudice senza descrivere l'iter logico giuridico seguito.

Con il terzo motivo deduce la violazione di legge in riferimento all'art. 133 c.p., comma 2 e art. 62 bis c.p. nonchè vizio di motivazione a norma dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e) avendo riguardo alla apoditticità della motivazione ed al trattamento sanzionatorio.

Si rileva che la Corte d'appello ha confermato la sentenza di primo grado in punto di mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche ed alla applicazione di una pena superiore al minimo edittale senza tenere conto delle numerose circostanze sottoposte al suo giudizio.

3. Il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.

4. La difesa dell'imputata ha depositato memoria ove solleva eccezione di nullità della sentenza di primo grado e di appello ai sensi dell'art. 178 c.p.p. lett. b) e art. 179 c.p.p., comma 1 e art. 423 c.p.p. (ratione temporis applicabile) per violazione del diritto di difesa dell'imputato in merito alla riqualificazione del fatto di reato ed alla conseguenziale scelta del modello processuale più adeguato.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è nel complesso infondato.

Con riguardo al primo motivo, va premesso che la nozione di "causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento" - che, secondo il ricorrente, sarebbe per l'appunto ravvisabile nel comportamento dei sanitari dell'Istituto (Omissis) che ebbero in cura il C.C. nella fase post operatoria - si riferisce non solo al caso di un processo causale del tutto autonomo, ma anche a quello di un processo non completamente avulso dall'antecedente, a condizione però che esso sia caratterizzato da un percorso causale completamente atipico, di carattere assolutamente anomalo ed eccezionale, ossia di un evento che non si verifica se non in casi del tutto imprevedibili a seguito della causa presupposta (Sez. 2, n. 17804 del 18/03/2015, Vasile, Rv. 263581; Sez. 4, n. 20272 del 16/05/2006, Lorenzoni ed altro, Rv. 234596).

Con specifico riguardo a comportamenti negligenti dei sanitari nelle cure praticate alla vittima di un precedente evento lesivo, deve rammentarsi che l'eventuale negligenza o imperizia dei medici, ancorchè di elevata gravità, non elide, di per sè, il nesso causale tra la condotta lesiva e l'evento morte, in quanto l'intervento dei sanitari costituisce, rispetto al soggetto leso, un fatto tipico e prevedibile, anche nei potenziali errori di cura, mentre ai fini dell'esclusione del nesso di causalità occorre un errore del tutto eccezionale, abnorme, da solo determinante l'evento letale (in tal senso vds. Sez. 4, n. 41943 del 04/10/2006, Lestingi ed altri, Rv. 235537; in relazione all'errore dei sanitari nella prestazione delle cure alla vittima di un incidente stradale, vds. altresì Sez. 4, n. 41293 del 04/10/2007, Taborelli, Rv. 237838; Sez. 4 2.5.2017, n. 25560, Schiavone, RV. 269976; fattispecie sovrapponibile a quella in esame e nella quale la Corte ha escluso l'interruzione del nesso di causalità in relazione al decesso della vittima per insufficienza cardiocircolatoria con corna da shock emorragico in soggetto politraumatizzato da lesioni stradali, intervenuto a circa un mese di distanza dal sinistro, rilevando che i potenziali errori di cura costituiscono, rispetto al soggetto leso, un fatto tipico e prevedibile, mentre, ai fini della esclusione del nesso di causalità, occorre un errore del tutto eccezionale, abnorme, da solo determinante l'evento letale; in senso conforme Sez. 4, n. 18396 del 4.4.2022, Di Bernardo, RV. 283216-02).

Facendo buon governo di tali principi, la Corte territoriale correttamente ha ritenuto che il pur grave errore del sanitario nella fase post operatoria non abbia comunque interrotto il nesso causale tra la condotta della A.A. e l'evento morte.

2. Infondato è anche il secondo motivo.

Ed invero, la Corte territoriale ha negato l'applicazione dell'art. 589 bis c.p., comma 7 sul rilievo che, considerate le condizioni in cui versava la persona offesa dopo il sinistro, l'incidenza causale dell'errore medico va valutata in modo assolutamente trascurabile.

3. Infondato è anche il terzo motivo di ricorso.

Ed invero la Corte territoriale, nel concludere per il diniego delle circostanze attenuanti generiche ha compiutamente valutato anche le circostanze dedotte dal ricorrente, quale il comportamento tenuto dopo l'incidente, e ciò considerato il grado della colpa e le conseguenze dannose per la persona offesa.

Destituita di fondamento è altresì la censura sviluppata nella memoria depositata dall'imputata atteso che il difensore della medesima, nel corso del giudizio di primo grado, ha potuto operare una scelta tra i riti speciali avanzando prima richiesta ex art. 444 c.p.p. e successivamente di definizione del giudizio con rito abbreviato condizionato all'audizione dei consulenti del Pubblico Ministero. Una volta che il Gup ha formalmente ammesso tale rito, stante il principio di alternatività dei riti, correttamente ha ritenuto che vi fosse stata una implicita rinuncia alla prima istanza.

In conclusione il ricorso va rigettato. Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali .
Conclusione
Così deciso in Roma, il 23 maggio 2023.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2023