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Latitante, ma processato a sua insaputa (Cass.4929/19)

28 gennaio 2019, Cassazione penale

La prova della conoscenza effettiva del procedimento o del provvedimento giudiziale non può essere affidata al dato presuntivo dell’irreperibilità dell’imputato che, con lo stato di latitanza, liberamente scelto, si sia posto nelle condizioni di sottrarsi al procedimento penale e alla conoscenza degli atti: infatti, in tema di restituzione nel termine per impugnare una sentenza contumaciale (vecchia formulazione), l’avvenuta dichiarazione di latitanza dell’imputato, assistito da un difensore d’ufficio, non costituisce, di per sé, elemento idoneo ad escludere la mancata incolpevole conoscenza del procedimento.

Corte di Cassazione

sez. VI Penale, sentenza 10 gennaio – 28 gennaio 2019, n. 4929
Presidente Petruzzellis – Relatore Calvanese

Ritenuto in fatto

1. Con la ordinanza in epigrafe indicata, il Tribunale di Torino respingeva le richieste avanzate da M.D. , rispettivamente in data 24 aprile 2018 e il 4 maggio 2018, volte ad ottenere la restituzione nel termine per proporre appello e la rescissione del giudicato ai sensi dell’art. 625-bis cod. proc. pen. in relazione alla sentenza del 20 aprile 2006, che lo aveva condannato per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73.
Nelle istanze, il condannato, nei cui confronti era stato emesso in data 16 ottobre 2003 decreto di latitanza e che era stato giudicato in contumacia, assumeva di non aver avuto conoscenza del processo, trovandosi all’epoca in Francia dove risiedeva con la sua famiglia.

Il Tribunale rilevava che l’istante non aveva allegato alcuna fonte documentale a sostegno del suo radicamento in territorio francese, mentre dagli atti era emerso che costui avesse preso piena contezza del procedimento a suo carico, in quanto era stato arrestato in data 26 ottobre 2002 per detenzione illecita di stupefacente (venendo poi scarcerato dopo pochi giorni e proseguendo la sua attività illecita di smercio di stupefacenti). Pertanto, secondo il Tribunale, era verosimile che il M. si fosse deliberatamente reso irreperibile per sottrarsi all’esecuzione del provvedimento cautelare e alla conoscenza del procedimento a suo carico.

Il Tribunale riteneva inoltre inammissibile la richiesta di rescissione del giudicato in quanto la disposizione invocata non era applicabile in virtù della norma intertemporale di cui alla L. 28 aprile 2014, n. 67, art. 15-bis, comma 1, come modificata dalla L. n. 118 del 2014.

2. Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’interessato, deducendo, a mezzo del proprio difensore, i motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.:
- violazione di legge e vizio di motivazione, in quanto il Tribunale avrebbe fatto non corretta applicazione dell’art. 175 cod. proc. pen., oltre a rendere una motivazione sul punto carente e manifestamente illogica; il Tribunale avrebbe erroneamente sovrapposto, facendo ricorso alla mera verosimiglianza, lo stato di latitanza (che riguarda la sottrazione volontaria dell’imputato alla ordinanza cautelare) con la cosciente conoscenza del processo, non tenendo conto che tutte le notifiche erano state effettuate al difensore di ufficio e che l’art. 175 cod. proc. pen. pone in capo al giudice il dovere di provare l’effettiva conoscenza da parte dell’imputato del provvedimento di condanna, a nulla rilevando la regolarità della notifica al difensore di ufficio.
3. Il Procuratore generale, nella sua requisitoria scritta, ritiene il ricorso fondato, in quanto il rigetto non risulterebbe congruamente motivato, non avendo fatto applicazione dei principi in tema di restituzione nel termine.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è fondato.

2. Giova precisare che nel caso in esame deve trovare applicazione l’art. 175 c.p.p., comma 2, nella formulazione previgente alla modifica recata dalla L. 28 aprile 2014, n. 67.

La L. n. 67 del 2014, art. 15-bis, introdotto con la L. n. 193 del 2014, prevede infatti che "Le disposizioni di cui al presente capo si applicano ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, a condizione che nei medesimi procedimenti non sia stato pronunciato il dispositivo della sentenza di primo grado. 2. In deroga a quanto previsto dal comma 1, le disposizioni vigenti prima della data di entrata in vigore della presente legge continuano ad applicarsi ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge quando l’imputato è stato dichiarato contumace e non è stato emesso il decreto di irreperibilità".

Orbene, ciò premesso, va rilevato che la giurisprudenza di questa Corte insegna che la formulazione dell’art. 175 c.p.p., comma 2, introdotta dal D.L. n. 17 del 2005, art. 1, conv. in L. n. 60 del 2005, avendo previsto una sorta di presunzione "iuris tantum di mancata conoscenza da parte dell’imputato della pendenza del procedimento, ha posto a carico del giudice l’onere di reperire in atti l’esistenza di una eventuale prova positiva da cui possa desumersi la effettiva conoscenza del provvedimento di condanna. Da ciò si è ricavato che la mera regolarità formale della notifica, eseguita, ai sensi dell’art. 161 c.p.p., presso il difensore d’ufficio nominato all’imputato, non può essere considerata dimostrativa della conoscenza del giudizio o rivelatrice della volontà del destinatario di non impugnare la sentenza contumaciale o di non opporre il decreto penale di condanna (tra tante, Sez. 2, n. 21393 del 15/04/2015, N., Rv. 264219), salvo che questa risulti aliunde ovvero si dimostri che il difensore d’ufficio è riuscito a rintracciare il proprio assistito e a instaurare un effettivo rapporto professionale (ex multis, Sez. 4 n. 8104 del 15/11/2013, Djordjevic, Rv. 259350).
Il principio così affermato deve trovare applicazione anche nel caso, che qui rileva, dell’imputato dichiarato latitante, il quale nel corso del giudizio sia stato assistito e rappresentato da un difensore d’ufficio designato dall’autorità giudiziaria, presso il quale è stata eseguita la notificazione dell’estratto contumaciale della sentenza di condanna, ai sensi dell’art. 165 cod. proc. pen. (Sez. 5 n. 14889 del 29/01/2010, Radu, Rv. 246866); la prova della conoscenza effettiva del procedimento o del provvedimento non può, anche in questo caso, essere affidata al dato presuntivo dell’irreperibilità dell’imputato che, con lo stato di latitanza, liberamente scelto, si sia posto nelle condizioni di sottrarsi al procedimento penale e alla conoscenza degli atti.
In tema di restituzione nel termine per impugnare una sentenza contumaciale (art. 175 c.p.p., comma 2), l’avvenuta dichiarazione di latitanza dell’imputato, assistito da un difensore d’ufficio, non costituisce, di per sé, elemento idoneo ad escludere la mancata incolpevole conoscenza del procedimento (Sez. 6, n. 14743 del 29/01/2018, Tair, Rv. 272654; Sez. 6, n. 19219 del 02/03/2017, Cobo, Rv. 270029; Sez. 3, n. 1805 del 01/12/2010, dep. 2011, Denniraj, Rv. 24913).
3. Declinati questi principi al caso in esame, è evidente che la motivazione con cui l’ordinanza impugnata ha respinto la richiesta del ricorrente di restituzione nel termine per impugnare la sentenza contumaciale di condanna non si sia attenuta ai principi sopra enunciati, con riguardo alla prova della conoscenza effettiva del procedimento e della sentenza.
Sotto tali profili, il provvedimento gravato deve essere annullato, con rinvio al Tribunale di Torino per un nuovo esame che tenga conto dei principi sopra indicati.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Torino per nuovo esame.