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Mandato ad impugnare in Cassazione, e .. diritto di difesa deve rispondere ad efficienza (Cass. 42414/23)

17 ottobre 2023, Cassazione penale

Applicabile la disciplina di cui all'art. 581 comma 1 quater cod. proc. pen. sullo specifico mandato ad impugnare anche al giudizio di Cassazione: il diritto alla difesa è inviolabile ma non può espandersi oltre ogni confine di “buon senso” e la misura della durata (appunto) “ragionevole” del processo connaturata anche a vincolanti canoni di efficienza e risparmio delle risorse e di cui è espressione il principio di economia degli atti processuali.

Cassazione Penale

Sez. V penale, 17 ottobre 2023 (ud. 28 settembre 2023), n. 42414
Presidente Sabeone, Relatore Masini

suI ricorso proposto da ** nato il**

SENTENZA

avverso la sentenza del 11/01/2023 della CORTE APPELLO di ROMA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere TIZIANO MASINI;

il procedimento è stato trattato in forma cartolare, ai sensi dell'art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020, convertito con modificazioni dalla I. 18 dicembre 2020, n. 176, e dell'art. 16, comma 1, d.l. 30 dicembre 2021, n. 228, convertito dalla I. 25 febbraio 2022, n. 15.

Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, dr.ssa Sabrina Passafiume, ha depositato conclusioniscritte, con cui ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.

Il difensore dell'imputato ha fatto pervenire memoria di replica in data 21 settembre 2023.

Ritenuto in fatto

La sentenza impugnata è della Corte d'appello di Roma del 11 gennaio 2023, che ha confermato quella con la quale il Tribunale di Roma - nel giudizio abbreviato - ha affermato la penale responsabilità di     per il delitto di cui all'art. 497 bis comma 2 cod. pen., per aver formato o comunque detenuto un passaporto e una carta d'identità contraffatte, apparentemente rilasciate a persona diversa dalle Autorità rumene, con la sua effigie fotografica.

L'imputato era stato arrestato in flagranza di reato in data 20 aprile 2022 all'aeroporto di Ciampino, in uscita dal territorio dello Stato, e tempestivamente processato con rito direttissimo; interrogato all'udienza di convalida dell'arresto dinanzi al Giudice monocratico del tribunale di Roma si era avvalso della facoltà di non rispondere; nel rito abbreviato all'uopo richiesto e nel successivo grado di giudizio era stato giudicato in assenza e nel processo di secondo grado risultava domiciliato, per le notificazioni, presso lo studio del difensore d'ufficio, avv.

Il ricorso per cassazione, proposto per tramite del medesimo legale, ha articolato tre motivi.

1.II primo motivo ha dedotto inosservanza della legge penale e vizio di motivazione, perché la  Corte di merito non avrebbe affrontato le ragioni di gravame tese a ricondurre la condotta contestata nell'alveo del comma 1 dell'art. 497 bis cod. pen., non essendo emersa prova appagante della partecipazione dell'imputato al confezionamento dei documenti falsi, a lui sequestrati.

2.II secondo motivo ha denunciato i medesimi vizi a riguardo della mancata applicazione della condizione di non punibilità di cui all'art. 131 bis cod. pen., riconoscibile anche ex officio ai sensi dell'art. 129 cod. proc. pen..

3.II terzo motivo ha invitato la Corte a sollevare incidente di costituzionalità dell'art. 581 comma 1 quater cod. proc. pen., che esige il deposito, a pena d'inammissibilità dell'impugnazione e contestualmente alla sua presentazione, dello specifico mandato ad impugnare rilasciato al difensore dall'imputato giudicato in assenza dopo la pronuncia della sentenza, contenente la dichiarazione o l'elezione di domicilio dell'imputato stesso, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio, per assunto contrasto con gli articoli 24,27 e 111,117 Cast., 6 e 7 CEDU, con particolare riferimento ai difensori d'ufficio, per i quali l'imposizione dell'ottenimento del previsto mandatosi presenterebbe particolarmente onerosa e, pertanto, irragionevole, specie in un regime di applicabilità della disciplina ai procedimenti in corso.

Considerato in diritto

Il ricorso è inammissibile.

1. Deve essere esaminata, per il suo carattere potenzialmente assorbente e, comunque, preliminare alla delibazionedei primi due motivi, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 581 comma 1 quater cod. pro_c. pen. posta dal difensore con il terzo motivo, che deve essere ritenuta, sotto diversi profili, irrilevante nel presente giudizio emanifestamente infondata.

Premessa indispensabile è che, di recente, questa Corte ha ritenuto applicabile la disciplina di cui all'art. 581 comma 1 quater cod. proc. pen. al giudizio di Cassazione, propendendo per la piena compatibilità della sua ratio con il meccanismo degli avvisi dovuti alle parti al fine di garantirne la conoscenza e, entro certi limiti eper lo più attraverso il patrocinio defensionale, la partecipazione al giudizio di legittimità, a prescindere daldato testuale della previsione, che fa menzione della "citazione a giudizio", formalmente propria dellaregolamentazione del processo di merito (sez.5, notizia di decisione n. 14 del 2023,  udienza 4 luglio2023, ric. Nappi).

Occorre allora prendere le mosse dalla relazione della Commissione di studio per la elaborazione di proposte diriforma del processo penale, istituita con D.M. 16 Marzo 2021, presieduta dal dr. Giorgio Lattanzi, che, perspicuamente per la parte di interesse, così si è espressa:

"....Nel contesto delle innovazioni proposte, va rimarcato che l'intervento sulla legittimazione del difensore ad impugnare costituisce uno snodo essenziale, sia in chiave di effettiva garanzia dell'imputato, sia in chiave di razionale e utile impiegodelle risorse giudiziarie: la misura, infatti, è volta ad assicurare la celebrazionedelle impugnazioni solo quando si abbia effettiva contezza della conoscenza della sentenza emessa da parte dell'imputato giudicato in assenza e ad evitare - senza alcunpregiudizio del diritto di difesa dell'interessato, tutelato dai rimedi "restitutori" contestualmente assicurati - l'inutile celebrazione di gradi di giudizio destinati ad essere travolti dalla rescissione del giudicato. A tutela delle esigenze di pieno e impregiudicato esercizio del diritto di difesa, la modifica è accompagnatadall'allungamento dei termini per impugnare a favore del difensore e dalla rivisitazione dell'istituto di cui all'art. 629-bis c.p.p., che oggi limita la rescissione del giudicato ai soli casi in cui tutto il processo si sia svolto in assenza dell'imputato. L'istituto di recente introduzione verrebbe così ad operare per leipotesi di sentenza di condanna in absentia non impugnata (data la effettiva mancataconoscenza da parte dell'imputato e, dunque, la mancata predisposizione del mandato specifico ad impugnare) e, quindi, passata in giudicato. Per tutti gli altri casi, laprevisione del mandato specifico attesterebbe l'effettiva conoscenza del processo e,dunque, eliminerebbe il presupposto del rimedio restitutorio per la mancata conoscenza (salvi, ovviamente, casi limite). Nel pieno rispetto anche della direttiva 2016/343 UE -nei suoi profili cruciali già implementata, per quel che riguarda il giudizio inabsentia - si dovrebbe intervenire sulla disciplina della rescissione del giudicato,rendendo l'istituto idoneo a risolvere tutti i casi in cui emerga l'effettiva mancata conoscenza del processo, anche nei confronti degli imputati latitanti...".

Il legislatore ha inteso realizzare un equo contemperamento tra il diritto di difesa dell'imputato - artt. 24 comma 2, 27 comma 2, 111 comma 1 e comma 2 primo alinea e 117 comma 1 Cost. - e l'esigenza, fondata precipuamente sul rispetto del principio di ragionevole durata del processo, che rinviene tutela nell'art. 111 comma 2 secondo alinea Cost., di una più celere ed efficiente organizzazione dello sviluppo del procedimento penale e degli strumenti dell'attività giurisdizionale propriamente detta, anche nella prospettiva di allontanare il pericolo della patologìa dell'abuso del diritto.

L' "imputato rispetto al quale si è proceduto in assenza" è il soggetto a conoscenza del processo inbase agli snodi di cui agli artt. 420 bis, 554 bis comma 2 e 484 comma 2 bis cod. proc. pen. - garanzie a presidio della legittimità dello svolgimento del processo in absentia in armonìa con le direttive convenzionali dilivello internazionale - sulla cui piena attuazione incombono i controlli dei giudizi d'impugnazione di cui agli artt.604 comma 5 bis e 623 lett. b) bis cod. proc. pen..

E tale deve ritenersi il ricorrente, arrestato in flagranza, condotto dinanzi al giudice per i'interrogatorio e lo svolgimento del rito direttissimo, ed istante, in tale sede, per la celebrazione del processo con rito abbreviato.

Laddove il processo non abbia rispettato le prudenti scansioni della disciplina sottesa alla formale dichiarazione di assenza, sono previsti i rimedi restitutori postumi, costituiti dalla rimessione in termini per impugnare - di cui all'art. 175 commi 2.1 e 2 bis cod. proc. pen. - dalla rescissione del giudicato di cui all'art. 629 bis cod. proc. pen., modellata dalla riforma sull'evenienza della nullità del procedimento a causa dell'illegittima declaratoria di assenza dell'imputato.

Reputa  insomma  il  collegio  che  sia  stato  assicurato  pieno  e  corretto  equilibrio  tra "'inviolabilità" del diritto di difesa, di natura certamente primaria nel sistema ordinamentale - ma che non può espandersi oltre ogni confine di "buon senso" - e la misura della durata (appunto) "ragionevole" del processo connaturata anche a vincolanti canoni di efficienza e risparmio delle risorse e di cui è espressione il principio di economia degli atti processuali; in altre parole, il legislatore della riforma ha inteso conciliare, normandola, l'etica tra i due principi  fondamentali,   nell'ottica  di  evitare    la  proliferazione  di  giudizi  d'impugnazione  variamente dispendiosi - attivati per iniziativa del difensore, svincolata dall'avallo esplicito del diretto interessato - che potrebbero rivelarsi, anche dopo la formale irrevocabilità della pronuncia, del tutto inutili perché, qualora sfavorevoli all'imputato, potenzialmente obliterabili dall'indiscriminato riconoscimento, attraverso gli istituti processuali appena citati, di un diritto dell'imputato, che non abbia personalmente partecipato al processo, alla rinnovazione e duplicazione di tutti o parte dei gradi di giudizio.

Si è ritenuto dunque di prevedere, equamente, che la scelta di impugnare la sentenza sia riservata all'imputato che sia stato posto in condizioni di partecipare al processo in virtù di uno scrupolosocomplesso di precetti normativi e, per libera determinazione, non abbia coltivato tale sua facoltà, attribuendogli il consentaneo diritto, ove tali garanzie non siano state concretamente adottate, di ricorrere ai rimedi ripristinatori post iudicatum sopraindicati.

E, per concludere, si tratta di opzione di politica legislativa che ha tenuto conto dell'abbandono del principio di unicità dell'impugnazione, sancito dalla sentenza n. 317 del 2009 della Corte Costituzionale la quale, nel dichiararel'illegittimità costituzionale dell'art. 175 comma 2 cod. proc. pen. nella formulazione a quel tempo vigente, ha ritenuto che il diritto di difesa e al contraddittorio dell'imputato contumace "inconsapevole" - e dunque il suo diritto alla rimessione in termini per impugnare la sentenza contumaciale - non potesse essere compresso da un atto autonomamente compiuto dal difensore, che non avesse ricevuto un mandato "ad hoc" in tale direzione.

Né si ravvisano ipotesi di frizione con i principi costituzionali a riguardo dell'elezione normativa di diritto transitorio di cui all'art. 89 comma 3 del Decr. Lgs. n. 150 del 2022, che ha stabilito l'applicazione di tali disposizioni alla soleimpugnazioni promosse contro le sentenze pronunciate dopo l'entrata in vigore del medesimo Decreto, coerente -anzi - con il più ampio dispiego dei diritti e delle prerogative della difesa, tenuto conto, altresì, dell'allungamento(di 15 giorni) del termine per proporre l'impugnazione a favore del difensore dell'imputato giudicato in assenza, ai sensi del comma 1 bis dell'art. 585 cod. proc. pen. e della cristallizzazione, a tal fine, di un momento processuale oggettivo e sottratto a qualsiasi perplessità interpretativa.

Ne viene, in definitiva, che il ricorso per cassazione risulta presentato da un difensore privo di specifico mandato ad impugnare e non può sfuggire alla sanzione dell'inammissibilità ai sensi dell'art. 591 lett. a) cod. proc. pen..

2. Sotto altro aspetto, la questione di legittimità costituzionale appare anche non correttamente prospettata quanto al profilo della rilevanza nel presente giudizio, dal momento che - per un verso - la difesa non ha chiarito gliantecedenti fattuali che avrebbero impedito od ostacolato un "contatto" con l'assistito, ai fini della dichiarazione od elezione di domicilio e della formalizzazione del mandato ad impugnare e - per altro verso - i primi due motivi di ricorso sarebbero comunque inammissibili per genericità e manifesta infondatezza, così che, ai sensi dell'art. 23 comma 2 della L. n. 87 del 1953, il procedimento penale potrebbe essere definito, nei medesimi termini, indipendentemente dalla risoluzione della questione stessa.

Da un lato, il primo motivo non si confronta, in nulla, con la ratio decidendi della sentenza impugnata, che ha esaurientemente illustrato, con motivazione piana ed immune da censure di illogicità, che la consegna della fototessera da apporre sul documento d'identità la cui contraffazione sia poi, in ipotesi, perfezionata da un terzo, vale ad integrare fattivo e consapevole contributo concorsuale, penalmente rilevante, ai fini del riconoscimento della responsabilità per il più grave delitto di cui al comma 2 dell'art. 497 bis cod. pen., che rappresenta fattispecie autonoma di reato;

il secondo motivo, a sua volta, nella sua dimensione puramente contestativa, non si misura con la decisione della Corte di merito che ha già respinto l'istanza di riconoscimento della condizione di non punibilità di cui all'art. 131 bis cod. pen., rimarcando l'esorbitanza del trattamento sanzionatorio previsto dalla norma incriminatrice dai limiti di pena edittale che astrattamente ne consentirebbero l'operatività.

Entrambe le ragioni di censura, dall'altro lato, sono manifestamente infondate, la prima in quanto contrastante con il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità (ex multis, sez. 5, n. 48241 del 04/11/2019, Kanthasamy, Rv. 277427) e la seconda perché in aperto conflitto con la legge penale (sez. 2, n.17281 del 08/01/2019, Delle Cave, Rv. 276916).

3. Ai sensi dell'art. 616 cod. proc. pen., alla declaratoria di inammissibilità del ricorso, conseguono la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e, non potendosi escludere profili di colpa nella formulazione dei motivi, anche al versamento della somma di euro 3000 a favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 28/09/2023