Home
Lo studio
Risorse
Contatti
Lo studio

Decisioni

Mandato specifico per Cassazione, anche per rito emergenziale (Cass. 9827/24)

7 aprile 2024, Cassazione penale

L'imputato assente deve, a pena di inammissibilità dell'impugnazione, conferire al difensore uno specifico mandato a impugnare rilasciato successivamente alla sentenza, anche per accedere al giudizio di cassazione, trattandosi di disposizione funzionale a garantire all'imputato la sicura conoscenza dell'incedere della progressione processuale: ciò anche quando  l'appello sia stato celebrato su impugnazione del difensore con il rito cartolare previsto dalla disciplina emergenziale per il contenimento della pandemia e la mancata partecipazione della prevenuta non si presti ad essere qualificata come assenza in senso tecnico.

 

Corte di Cassazione

sez. I penale - Num. 9827 Anno 2024

Data Udienza: 14/02/2024 – 7/03/2024

SENTENZA

Sul ricorso proposto da

IB n. il **/1986

avverso la sentenza della Corte di Appello di Trento in data 14/6/2023

dato atto che si è proceduto a trattazione con contraddittorio cartolare, ai sensi dell'art. 23,

comma 8, D.L. n. 137/20 e succ. modif.;

visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;

udita la relazione svolta dalla Cons. Anna Maria De Santis;

udita la requisitoria del Sost. Proc. Gen, Assunta Cocomello, che ha concluso per il rigetto del

ricorso;

letta la memoria a firma del difensore, Avv. **

RITENUTO IN FATTO

1.Con l'impugnata sentenza la Corte di Appello di Trento confermava la decisione del Gup del Tribunale di Rovereto che, in esito a giudizio abbreviato, aveva riconosciuto IB colpevole dell'abusivo utilizzo di una carta bancoposta di provenienza furtiva, condannandola - in concorso di attenuanti generiche equivalenti alla recidiva contestata- alla pena di mesi otto di reclusione ed euro 300,00 di multa.

2. Ha proposto ricorso per Cassazione il difensore dell'imputato il quale ha dedotto:

2.1 la violazione di legge e il vizio della motivazione in relazione all'interesse dell'imputata alla doglianza in punto di denegato riconoscimento dell'attenuante del risarcimento del danno.

Il difensore sostiene che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di merito, l'imputato che abbia risarcito il danno ha interesse a vedersi riconosciuta la relativa attenuante anche nelle ipotesi in cui la stessa non può avere, per le più varie ragioni, concreti effetti sulla pena in concreto irrogata, dovendo in tal caso considerarsi le ricadute che un eventuale riconoscimento potrebbe avere in ordine alle modalità di espiazione della pena, alla successiva riabilitazione, ai risvolti civilistici della vicenda.

Segnala al riguardo che la giurisprudenza di legittimità ritiene sussistente l'interesse all'impugnazione anche in ipotesi di favorevole giudizio di comparazione, costituendo un diritto dell'imputato il pieno accertamento degli elementi circostanziali che contribuiscono a connotare il fatto sul piano del suo complessivo disvalore. Risulta, pertanto, censurabile il ragionamento della Corte territoriale che ha ritenuto di non prendere in considerazione il motivo di impugnazione relativo al risarcimento del danno in quanto insuscettibile di determinare positivi effetti sulla quantificazione della pena per effetto del disposto di cui all'art. 69, comma 4, cod.pen. Aggiunge che con l'atto d'appello la ricorrente aveva chiestoalla Corte distrettuale il riconoscimento della circostanza ex art. 62 n. 6 cod.pen. sulla base della dichiarazione della p.o. circa il completo risarcimento del danno patito ad opera della prevenuta e l'avvenuta riconciliazione con la stessa, cui aveva fatto seguito la remissione di querela, documentazione non adeguatamente valutata dal primo giudice, il quale escludeva l'integralità del risarcimento, senza tener conto della dichiarazione satisfattiva della parte;

2.2 la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all'applicazione della recidiva reiterata e alla mancata sostituzione della pena. La ricorrente lamenta che la sentenza impugnata ha ritenuto la sussistenza dell'aggravante soggettiva valorizzando erroneamente il precedente a pena patteggiata passato in giudicato il 25/11/2017, da ritenere estinto, nonché la fattispecie contravvenzionale ex art. 707 cod.pen., senza tener conto del corretto comportamento processuale e della collaborazione prestata alle indagini dalla prevenuta.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 ricorso è inammissibile per difetto di legittimazione in quanto il difensore dell'imputata, assente in primo grado, ha allegato all'impugnazione un mandato difensivo rilasciato il 21/1/2020, ovvero nella fase delle indagini (la richiesta di rinvio a giudizio è del 29/7/2020) e non dopo la pronunzia della sentenza d'appello, come richiesto dall'art. 581 quater cod.proc.pen.

1.1 Questa Corte ha ripetutamente affermato in tema di impugnazioni che il disposto di cui all'art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., introdotto dall'art. 33 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, laddove impone all'imputato assente, a pena di inammissibilità dell'impugnazione, di conferire al difensore uno specifico mandato a impugnare rilasciato successivamente alla sentenza, è applicabile anche al giudizio di cassazione, trattandosi di disposizione funzionale a garantire all'imputato la sicura conoscenza dell'incedere della progressione processuale (Sez. 2, n. 47927 del 20/10/2023, Rv. 285525-01; n. 47327 del 03/11/2023, Rv. 285444-01;Sez. 5, n. 39166 del 04/07/2023, Rv. 285305 - 01;Sez. 4, n. 22140 del 03/05/2023, Rv. 284645-01).

Alla luce della disciplina transitoria di cui all'art. 89, comma 3, la norma in questione si applica alle impugnazioni proposte avverso le sentenze pronunziate in data successiva a quella di entrata in vigore del decreto lgs. n. 150/22, e quindi anche a quella in questa sede impugnata, emessa in data 14/6/2023 nei confronti di imputata giudicata in assenza in primo grado.

1.2 Infatti, sebbene l'appello sia stato celebrato su impugnazione del difensore con il rito cartolare previsto dalla disciplina emergenziale per il contenimento della pandemia e la mancata partecipazione della prevenuta non si presti ad essere qualificata come assenza in senso tecnico (Sez. 3, n. 32864 del 15/07/2022, Rv. 283415-01), milita a favore dell'applicazione della norma in esame l'evidenza della ratio legis giacché, alla stregua dei criteri direttivi fissati dalla legge delega, dei lavori preparatori e della relazione di accompagnamento della legge delegata emerge che il legislatore della riforma ha inteso incidere sul processo in assenza anche con riguardo alle impugnazioni al fine di precluderne la celebrazione nei confronti di imputato inconsapevole ed evitare la successiva rimozione degli esiti a mezzo dei rimedi restitutori, risultato perseguito attraverso la previsione del duplice onere del rilascio al difensore di uno specifico mandato ad impugnare e dell'elezione o dichiarazione del domicilio presso il quale effettuare la citazione a giudizio.

Dalla specifica disciplina dell'assenza nella fase d'appello, che prevede una distinzione tra il rito cartolare (art. 598 bis cod.proc.pen.) e la trattazione in pubblica udienza o in camera di consiglio partecipata e una diversa modulazione delle garanzie a seconda che l'imputato  sia appellante o meno, emerge, dunque, la dirimente esigenza del legislatore di assicurare concretezza ed effettività al profilo dell'assente consapevole. In detta prospettiva la celebrazione del giudizio di appello su impugnazione proposta in epoca anteriore la riforma, in difetto di specifico mandato dell'assente in primo grado e con le modalità cartolari dettate dalla legislazione emergenziale pandemica impone, per ragioni di coerenza sistematica e in aderenza alla voluntas Iegis, che il difensore al fine di proporre ricorso per Cassazione sia munito di specifico mandato rilasciato in epoca successiva alla sentenza impugnata anche nelle ipotesi in cui l'appello sia stato celebrato secondo le disposizioni previgenti (in tal senso Sez. 6, n. 41309 del 20/09/2023,S., Rv. 285353 - 01).

2. Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria precisata in dispositivo,  non ravvisandosi ragioni d'esonero.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma il 14 febbraio 2024