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Ne bis in idem blocca MAE in reato continuato transfrontaliero? (CGUE, 23)

25 ottobre 2023, Nicola Canestrini

La decisione quadro contiene un motivo obbligatorio di non esecuzione di un mandato di arresto europeo in forza del quale l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve rifiutare di eseguire il mandato di arresto europeo qualora sia informata che la persona ricercata è stata giudicata con sentenza definitiva per gli stessi fatti in uno Stato membro a condizione che, in caso di condanna, la sanzione sia stata applicata o sia in fase di esecuzione o non possa più essere eseguita in base alle leggi dello Stato membro della condanna. 

 Per quanto riguarda la nozione di «stessi fatti», la nozione deve essere oggetto, nell’intera Unione, di un’interpretazione autonoma e uniforme: occorre interpretare la nozione in parola nel senso della sola identità dei fatti materiali, ricomprendente un insieme di fatti inscindibilmente collegati tra loro, a prescindere dalla qualificazione giuridica dei fatti medesimi o dall’interesse giuridico tutelato 

L’identità dei fatti materiali deve essere intesa come un insieme di circostanze concrete derivanti da eventi che sono, in sostanza, gli stessi, in quanto coinvolgono lo stesso autore e sono inscindibilmente legati tra loro nel tempo e nello spazio: il principio del ne bis in idem non trova applicazione quando i fatti di cui trattasi non sono identici, bensì soltanto analoghi

Osta all’esecuzione di un mandato d’arresto europeo emesso da uno Stato membro in una situazione in cui la persona ricercata è già stata oggetto di una sentenza definitiva in un altro Stato membro e vi sconta una pena detentiva per il reato constatato in tale sentenza, a condizione che la persona di cui trattasi sia perseguita per gli stessi fatti nello Stato membro di emissione, senza che occorra, per dimostrare la sussistenza degli «stessi fatti», tenere conto della qualificazione dei reati in discussione secondo il diritto dello Stato membro d’esecuzione.

 

Corte di giustizia dell'Unione Europea

(Prima Sezione) - C‑164/22 - ECLI:EU:C:2023:684

21 settembre 2023 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Cooperazione giudiziaria in materia penale – Decisione quadro 2002/584/GAI – Mandato d’arresto europeo – Motivi di non-esecuzione – Articolo 3, punto 2 – Principio del ne bis in idem – Nozione di “stessi fatti” – Insieme di fatti inscindibilmente collegati tra loro – Attività fraudolente svolte, dalla persona ricercata, in due Stati membri, attraverso due persone giuridiche diverse e a danno di vittime diverse»

Nella causa C‑164/22,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dall’Audiencia Nacional (Corte centrale, Spagna), con decisione del 2 marzo 2022, pervenuta in cancelleria il 4 marzo 2022, nel procedimento relativo all’esecuzione di un mandato d’arresto europeo emesso nei confronti di

Juan

con l’intervento di:

Ministerio Fiscal,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da A. Arabadjiev, presidente di sezione, P.G. Xuereb, T. von Danwitz, A. Kumin (relatore) e I. Ziemele, giudici,

avvocato generale: G. Pitruzzella

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il sig. Juan, da M. Díaz Perales, abogada, e R. Rodríguez Nogueira, procurador;

–        per il governo spagnolo, da A. Gavela Llopis, in qualità di agente;

–        per la Commissione europea, da J. Baquero Cruz e M. Wasmeier, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 45, dell’articolo 49, paragrafo 3, e dell’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), dell’articolo 54 della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen, del 14 giugno 1985, tra i governi degli Stati dell’Unione economica Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni, firmata a Schengen (Lussemburgo) il 19 giugno 1990 e entrata in vigore il 26 marzo 1995 (GU 2000, L 239, pag. 19; in prosieguo: la «CAAS»), dell’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (GU 2002, L 190, pag. 1), come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009 (GU 2009, L 81, pag. 24) (in prosieguo: la «decisione quadro 2002/584»), della decisione quadro 2008/675/GAI del Consiglio, del 24 luglio 2008, relativa alla considerazione delle decisioni di condanna tra Stati membri dell’Unione europea in occasione di un nuovo procedimento penale (GU 2008, L 220, pag. 32), e dell’articolo 8, paragrafi 1 e 2, della decisione quadro 2008/909/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2008, relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell’Unione europea (GU 2008, L 327, pag. 27).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito dell’esecuzione, in Spagna, di un mandato d’arresto europeo emesso dal Tribunal Judicial da Comarca de Lisboa, Juízo Central Criminal de Lisboa, Juiz 16 (Tribunale circondariale di Lisbona, sedicesima sezione del Tribunale penale centrale di Lisbona, Portogallo), ai fini dell’esecuzione di una pena detentiva inflitta al sig. Juan per un reato di truffa aggravata.

 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

 La CAAS

3        L’articolo 54 della CAAS, contenuto nel capitolo 3, intitolato «Applicazione del principio ne bis in idem», del titolo III della medesima, così dispone:

«Una persona che sia stata giudicata con sentenza definitiva in una [p]arte [c]ontraente non può essere sottoposta ad un procedimento penale per i medesimi fatti in un’altra [p]arte [c]ontraente a condizione che, in caso di condanna, la pena sia stata eseguita o sia effettivamente in corso di esecuzione attualmente o, secondo la legge dello Stato contraente di condanna, non possa più essere eseguita».

 Decisione quadro 2002/584

4        L’articolo 3 della decisione quadro 2002/584, intitolato «Motivi di non esecuzione obbligatoria del mandato di arresto europeo», prevede quanto segue:

«L’autorità giudiziaria dello Stato membro di esecuzione (in prosieguo: “autorità giudiziaria dell’esecuzione”) rifiuta di eseguire il mandato d’arresto europeo nei casi seguenti:

(...)

2)      se in base ad informazioni in possesso dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione risulta che la persona ricercata è stata giudicata con sentenza definitiva per gli stessi fatti da uno Stato membro a condizione che, in caso di condanna, la sanzione sia stata applicata o sia in fase di esecuzione o non possa più essere eseguita in forza delle leggi dello Stato membro della condanna;

(...)».

5        L’articolo 4 di tale decisione quadro, intitolato «Motivi di non esecuzione facoltativa del mandato di arresto europeo», è così formulato:

«L’autorità giudiziaria d’esecuzione può rifiutare di eseguire il mandato d’arresto europeo:

(...)

6)      se il mandato d’arresto europeo è stato rilasciato ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà, qualora la persona ricercata dimori nello Stato membro di esecuzione, ne sia cittadino o vi risieda, se tale Stato si impegni a eseguire esso stesso tale pena o misura di sicurezza conformemente al suo diritto interno;

(...)».

 Diritto spagnolo

6        Ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 2, della ley orgánica 7/2014, sobre intercambio de información de antecedentes penale y consideración de resoluciones judiciales penales en la Unión Europea (legge organica n. 7/2014, sullo scambio di informazioni relative ai casellari giudiziari e sulla considerazione delle decisioni giudiziarie penali nell’Unione Europea), del 12 novembre 2014 (BOE n. 275, del 13 novembre 2014, pag. 93204):

«(...) [L]e decisioni di condanna definitive adottate da altri Stati membri non esplicheranno effetti sulle seguenti e non possono comportarne la revoca o il riesame:

a)      le decisioni definitive adottate anteriormente dai giudici spagnoli e le decisioni relative alla loro esecuzione;

b)      le decisioni di condanna pronunciate nel corso di ulteriori procedimenti in Spagna connessi a reati commessi prima che il giudice dell’altro Stato membro abbia pronunciato una decisione di condanna;

c)      le ordinanze pronunciate o che devono essere pronunciate in forza dell’articolo 988, terzo comma, della Ley di Enjuiciamiento Criminal (codice di procedura penale) che fissa i limiti all’esecuzione delle pene, fra le quali quella di cui al punto b)».

7        L’articolo 988, terzo comma, del codice di procedura penale dispone, in sostanza, che, quando il colpevole di più reati è stato condannato in procedimenti diversi per fatti che avrebbero potuto costituire oggetto di un procedimento unico, si applicheranno i limiti stabiliti all’articolo 76 del Código Penal (codice penale). Secondo quest’ultimo articolo, la durata massima di esecuzione effettiva della condanna non può essere superiore al triplo della pena più grave, e non può, in via di principio, essere superiore a 20 anni.

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

8        La persona ricercata, un cittadino spagnolo, si trova in carcere in Spagna dove sconta una pena detentiva di undici anni e dieci mesi. Detta pena gli è stata inflitta per truffa aggravata e riciclaggio di denaro, con pronuncia dell’Audiencia Nacional (Corte centrale, Spagna), del 13 luglio 2018, che è stata oggetto di cassazione parziale con sentenza del Tribunal Supremo (Corte suprema, Spagna), del 4 marzo 2020 (in prosieguo: la «pronuncia spagnola»).

9        Il 20 gennaio 2020, la persona ricercata è parimenti stata condannata, con pronuncia del Tribunal Judicial da Comarca de Lisboa, Juízo Central Criminal de Lisboa, Juiz 16 (Tribunale circondariale di Lisbona, sedicesima sezione del Tribunale penale centrale di Lisbona), a una pena detentiva di sei anni e sei mesi per truffa aggravata (in prosieguo: la «pronuncia portoghese»). Un mandato d’arresto europeo è allora stato emesso nei suoi confronti ai fini dell’esecuzione di tale pena e trasmesso alle autorità spagnole competenti (in prosieguo: il «mandato d’arresto europeo in discussione»).

10      Dal mandato d’arresto europeo in discussione risulta che la persona ricercata era, dal 30 maggio 2001, presidente del consiglio di amministrazione di una società con sede in Portogallo (in prosieguo: la «società portoghese»), interamente controllata da una società con sede in Spagna (in prosieguo: la «società spagnola»), di cui la persona ricercata era parimenti, dal 29 gennaio 2001, il presidente del consiglio di amministrazione.

11      L’attività principale che la società portoghese svolgeva in Portogallo era la stessa svolta dalla società spagnola in Spagna, vale a dire la commercializzazione di prodotti d’investimento cui era associata la garanzia che, al temine del periodo stabilito contrattualmente, i medesimi sarebbero stati riacquistati per un valore corrispondente al capitale investito, maggiorato di rendimenti superiori a quelli abitualmente offerti dagli istituti finanziari. Orbene, siffatte attività dissimulavano in realtà un sistema piramidale fraudolento.

12      L’adesione massiccia di privati a tali prodotti d’investimento ha consentito alla società portoghese di sperimentare una crescita ed un’espansione eccezionali. Dopo che, alla fine del mese di aprile del 2006, la società spagnola è stata oggetto di un’indagine condotta dalle autorità giudiziarie spagnole, la società in parola ha cessato le sue attività nel territorio spagnolo nel mese di maggio del medesimo anno.

13      Quando, a causa dell’intervento delle autorità giudiziarie portoghesi, è stato parimenti posto termine all’attività di raccolta fondi da parte della società portoghese, quest’ultima ha cessato di rispettare gli impegni di riacquisto assunti nei confronti degli investitori, i quali hanno tutti finito per subire perdite finanziarie significative.

14      In tale contesto, con ordinanza del 20 dicembre 2021, il Juzgado Central de Instrucción nº 1 de la Audiencia Nacional (giudice centrale d’istruzione nº 1 della Corte centrale, Spagna) ha rifiutato l’esecuzione del mandato d’arresto europeo in discussione, con la motivazione che la persona ricercata era un cittadino spagnolo, ma ha deciso l’esecuzione in Spagna della pena inflitta in Portogallo.

15      La persona ricercata, che ha proposto appello avverso la suddetta ordinanza dinanzi all’Audiencia Nacional (Corte centrale), giudice del rinvio, sostiene che i fatti all’origine della pronuncia spagnola sono gli stessi che hanno costituito oggetto della pronuncia portoghese e lamenta una violazione del principio ne bis in idem. Di conseguenza, secondo tale persona, né il mandato d’arresto europeo in discussione né la pronuncia portoghese possono essere eseguiti.

16      Orbene, al riguardo il giudice del rinvio precisa, da un lato, che tanto dall’esposizione dei fatti quanto dalla motivazione della pronuncia spagnola risulta che quest’ultima concerne essenzialmente le truffe commesse dalla società spagnola in Spagna. D’altro lato, la pronuncia portoghese verterebbe, in sostanza, sulle attività svolta dalla società portoghese nel territorio portoghese. Peraltro, le persone lese, quali considerate in ciascuna di tali due pronunce, non sarebbero identiche e i responsabili dei fatti lo sarebbero soltanto in parte. Quindi, e in considerazione della giurisprudenza spagnola riguardante il principio del ne bis in idem, il giudice del rinvio è incline a ritenere che, nel caso di specie, la condizione «idem» non sembri sussistere.

17      Ciò posto, il giudice in parola precisa che, quand’anche non si trattasse di una situazione in cui il principio del ne bis in idem dovesse applicarsi, occorre nondimeno considerare che sussiste nella fattispecie un complesso di fatti punibili che può essere qualificato come «reato continuato», ai sensi del diritto penale spagnolo. Un tale reato continuato comprenderebbe l’insieme dei fatti di cui trattasi, compresi quelli commessi in Portogallo, e una pena unica dovrebbe essere loro applicata.

18      Orbene, il giudice del rinvio ritiene, a detto riguardo, che in una situazione come quella di cui al procedimento principale nella quale i fatti costitutivi di un reato continuo sono stati perseguiti nell’ambito di due procedimenti distinti e hanno dato luogo a due decisioni di giudici diversi in Stati membri diversi, né la legge spagnola né il diritto dell’Unione prevedono la procedura da seguire per definire il tetto massimo della pena.

19      Inoltre, il giudice del rinvio precisa che, nella fattispecie, esso non può nemmeno applicare il meccanismo procedurale spagnolo del cumulo delle pene, quale previsto all’articolo 988, terzo comma, del codice di procedura penale, al fine di rispettare il principio di proporzionalità delle pene.

20      In ogni caso, siffatta situazione, oltre a non rispettare il requisito di proporzionalità delle pene nell’ambito della repressione dei reati, quale previsto all’articolo 49, paragrafo 3, della Carta, lederebbe il principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie, quale previsto nella decisione quadro 2008/909, nonché la presa in considerazione delle decisioni di condanna tra gli Stati membri dell’Unione europea, quale prevista nella decisione quadro 2008/675, e comprometterebbe del pari l’effettività delle disposizioni della decisione quadro 2002/584, segnatamente del suo articolo 4, punto 6, producendo effetti sulla libera circolazione dei cittadini dell’Unione.

21      In tale contesto, l’Audiencia Nacional (Corte centrale) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se nel caso di specie sussiste una situazione di “bis in idem” di cui all’articolo 50 della Carta e all’articolo 54 della CAAS, per il motivo che si tratta dei medesimi fatti, in base alla portata che la giurisprudenza dell’Unione conferisce a tale nozione, o se, al contrario, tale valutazione, per il motivo che si tratta di un unico reato continuato, spetta al giudice del rinvio, conformemente ai principi espressi nella presente decisione di rinvio, tra cui la necessità dell’applicazione del cumulo giuridico (refundición) delle pene e della fissazione di un limite di pena secondo criteri di proporzionalità.

2)      Nel caso in cui si ritenesse che non sussiste una situazione di “bis in idem”, per il motivo che non vi è totale coincidenza dei fatti, secondo i criteri esposti nella presente decisione:

a)      Se, alla luce delle circostanze del caso di specie, le limitazioni degli effetti delle sentenze di altri Stati membri dell’Unione, espressamente previste dall’articolo 14 paragrafo 2 della [legge organica n. 7/2014], che traspone la normativa dell’Unione, siano compatibili con la decisione quadro 2008/675, nonché con gli articoli 45 e 49, paragrafo 3, della Carta e con il principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie all’interno dell’Unione.

b)      Se l’assenza nel diritto spagnolo di una procedura o di un meccanismo che consenta il riconoscimento di sentenze pronunciate da giudici di altri Stati membri dell’Unione, nonché l’applicazione del cumulo giuridico delle pene e l’adattamento o la limitazione delle pene, in modo da garantire la proporzionalità di queste ultime, qualora si verifichi la situazione nella quale una sentenza straniera deve essere eseguita in Spagna, relativamente a fatti che si trovano in un rapporto di continuità o di connessione penale con altri fatti giudicati in Spagna e rispetto ai quali esista del pari una sentenza di condanna, sia contraria agli articoli 45 e 49 paragrafo 3 della Carta, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 6, della decisione quadro 2002/584 e con l’articolo 8, paragrafi 1 e 2, della decisione quadro 2008/909, nonché, in generale, al principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie all’interno dell’Unione».

 Procedimento dinanzi alla Corte

22      Conformemente all’articolo 107 del regolamento di procedura della Corte, il giudice del rinvio ha chiesto, unitamente alla presentazione della sua domanda di pronuncia pregiudiziale, che quest’ultima fosse trattata con procedimento pregiudiziale d’urgenza. A sostegno della sua richiesta detto giudice ha precisato che il procedimento principale riguarda «un procedimento penale nel quale l’interessato è detenuto in carcere, ove sconta una pena di una durata determinata senza avere la certezza quanto alla durata durante la quale questi dovrà in definitiva scontare la sua pena detentiva, procedimento che incide parimenti sul suo regime penitenziario, i suoi permessi di uscita, il suo progresso nei trattamenti penitenziari e il calcolo del tempo ai fini dell’ottenimento della liberazione condizionale nell’ultima fase dell’esecuzione della sua pena».

23      Il 16 marzo 2022 la Corte ha deciso, su proposta del giudice relatore, sentito l’avvocato generale, che non occorreva dare seguito a tale domanda, non ricorrendo le condizioni dell’urgenza previste all’articolo 107 del regolamento di procedura.

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

24      Secondo una costante giurisprudenza della Corte, nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta a quest’ultima fornire al giudice nazionale una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia di cui è investito. In tale prospettiva, spetta alla Corte, se necessario, riformulare le questioni che le sono sottoposte. Il fatto che un giudice nazionale abbia, sul piano formale, formulato una questione pregiudiziale facendo riferimento a talune disposizioni del diritto dell’Unione non osta a che la Corte fornisca a detto giudice tutti gli elementi di interpretazione che possono essere utili per la soluzione della causa di cui è investito, indipendentemente dalla circostanza che esso vi abbia fatto o no riferimento nell’enunciazione delle sue questioni. Spetta, al riguardo, alla Corte trarre dall’insieme degli elementi forniti dal giudice nazionale, e, in particolare, dalla motivazione della decisione di rinvio, gli elementi di diritto dell’Unione che richiedano un’interpretazione, tenuto conto dell’oggetto della controversia (sentenza del 22 giugno 2022, Volvo e DAF Trucks, C‑267/20, EU:C:2022:494, punto 28).

25      Nel caso specie, dalla decisione di rinvio risulta che, con ordinanza del 20 dicembre 2021, il Juzgado Central de Instrucción nº 1 della Audiencia Nacional (giudice centrale d’istruzione n. 1 della Corte centrale) ha rifiutato l’esecuzione del mandato d’arresto europeo in discussione, con la motivazione che la persona ricercata era un cittadino spagnolo, ma ha deciso l’esecuzione in Spagna della pena inflitta in Portogallo. Orbene, facendo valere, segnatamente, l’articolo 3, punto 2, della decisione quadro 2002/584, la persona ricercata mette in discussione l’ordinanza in parola dinanzi al giudice del rinvio e sostiene che l’esecuzione del mandato d’arresto europeo in discussione deve essere rifiutata sulla base del rilievo che essa è stato oggetto di una sentenza definitiva per gli stessi fatti in uno Stato membro.

26      In tale contesto, senza che occorra pronunciarsi sull’articolo 50 della Carta né sull’articolo 54 della CAAS, si deve considerare che, con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3, punto 2, della decisione quadro 2002/584 debba essere interpretato nel senso che osta all’esecuzione di un mandato d’arresto europeo emesso da uno Stato membro in una situazione in cui il reato per il quale la persona ricercata è stata oggetto di una sentenza definitiva nello Stato membro d’esecuzione e il reato per il quale tale persona è perseguita nello Stato membro emittente sono, secondo il diritto dello Stato membro d’esecuzione, da qualificare come «reato continuato».

27      Come risulta dalla formulazione dell’articolo 3, punto 2, della decisione quadro 2002/584, la disposizione in parola enuncia un motivo di non esecuzione obbligatoria in forza del quale l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve rifiutare di eseguire il mandato di arresto europeo qualora sia informata che la persona ricercata è stata giudicata con sentenza definitiva per gli stessi fatti in uno Stato membro a condizione che, in caso di condanna, la sanzione sia stata applicata o sia in fase di esecuzione o non possa più essere eseguita in base alle leggi dello Stato membro della condanna.

28      Suddetta disposizione mira a evitare che una persona sia nuovamente perseguita o giudicata penalmente per gli stessi fatti e rispecchia il principio del ne bis in idem, sancito all’articolo 50 della Carta, secondo il quale nessuno può essere perseguito o condannato penalmente due volte per lo stesso reato [sentenza del 25 luglio 2018, AY (Mandato d’arresto – Testimone), C‑268/17, EU:C:2018:602, punto 39 e giurisprudenza ivi citata].

29      Una delle condizioni contemplate all’articolo 3, punto 2, della decisione quadro 2002/584 cui è subordinato il rifiuto d’esecuzione del mandato d’arresto europeo è dunque che la persona ricercata sia stata giudicata con sentenza definitiva «per gli stessi fatti».

30      Per quanto riguarda la nozione di «stessi fatti», la Corte ha considerato che, giacché l’articolo 3, punto 2, della decisione quadro 2002/584 non rinviava al diritto degli Stati membri, tale nozione doveva essere oggetto, nell’intera Unione, di un’interpretazione autonoma e uniforme [sentenza del 29 aprile 2021, X (Mandato d’arresto europeo – Ne bis in idem), C‑665/20 PPU, EU:C:2021:339, punto 70 e giurisprudenza ivi citata].

31      Inoltre, occorre interpretare la nozione in parola nel senso della sola identità dei fatti materiali, ricomprendente un insieme di fatti inscindibilmente collegati tra loro, a prescindere dalla qualificazione giuridica dei fatti medesimi o dall’interesse giuridico tutelato [sentenza del 29 aprile 2021, X (Mandato d’arresto europeo – Ne bis in idem), C‑665/20 PPU, EU:C:2021:339, punto 71 e giurisprudenza ivi citata].

32      Più specificamente, la Corte ha dichiarato che l’identità dei fatti materiali deve essere intesa come un insieme di circostanze concrete derivanti da eventi che sono, in sostanza, gli stessi, in quanto coinvolgono lo stesso autore e sono inscindibilmente legati tra loro nel tempo e nello spazio [sentenza del 23 marzo 2023, Generalstaatsanwaltschaft Bamberg (Riserva relativa al principio del ne bis in idem), C‑365/21, EU:C:2023:236, punto 38 e giurisprudenza ivi citata].

33      Per contro, il principio del ne bis in idem non trova applicazione quando i fatti di cui trattasi non sono identici, bensì soltanto analoghi [v., in tal senso, sentenza del 23 marzo 2023, Generalstaatsanwaltschaft Bamberg (Riserva relativa al principio del ne bis in idem), C‑365/21, EU:C:2023:236, punto 37 e giurisprudenza ivi citata].

34      Peraltro, non è sufficiente per concludere nel senso dell’identità dei fatti la mera circostanza che, in una data pronuncia, sia menzionato un elemento di fatto che riguarda il territorio di un altro Stato membro. Occorre altresì verificare se il giudice che ha reso detta pronuncia si sia effettivamente pronunciato su detto elemento di fatto al fine di accertare l’infrazione, dimostrare la responsabilità della persona perseguita per tale infrazione e, se del caso, infliggerle una sanzione, di modo che detta infrazione debba essere considerata come estesa al territorio di tale altro Stato membro (v., in tal senso, sentenza del 22 marzo 2022, Nordzucker e a., C‑151/20, EU:C:2022:203, punto 44).

35      Spetta al giudice del rinvio, il solo competente a pronunciarsi sui fatti, determinare se, nel caso di specie, i fatti oggetto della pronuncia portoghese siano identici, nel senso di cui ai punti da 30 a 34 della presente sentenza, a quelli giudicati in via definitiva dai giudici spagnoli. Ciò premesso, la Corte può fornire a detto giudice elementi di interpretazione del diritto dell’Unione nell’ambito della valutazione dell’identità dei fatti [sentenza del 23 marzo 2023, Generalstaatsanwaltschaft Bamberg (Riserva relativa al principio del ne bis in idem), C‑365/21, EU:C:2023:236, punto 39 e giurisprudenza ivi citata].

36      Al riguardo, dal fascicolo a disposizione della Corte risulta che la persona ricercata ha ripetuto in Portogallo l’attività fraudolenta messa in atto in Spagna. Se si tratta quindi di attività che seguono il medesimo modus operandi, queste sono state nondimeno messe in atto attraverso persone giuridiche diverse, l’una dedita all’attività fraudolenta in Spagna e l’altra dedita a siffatta attività in Portogallo. Inoltre, il giudice del rinvio segnala che i parallelismi tra i fatti commessi rispettivamente in Portogallo e in Spagna sono meramente episodici, dal momento che l’attività fraudolenta è stata proseguita in Portogallo dopo l’avvio di un procedimento di indagine e la cessazione dell’attività in Spagna. Parimenti, le persone colpite dal reato sarebbero diverse. Appare quindi che le attività fraudolente realizzate in Spagna e in Portogallo non erano inscindibilmente legate fra loro. Peraltro, il giudice del rinvio precisa che la pronuncia spagnola concerne l’attività fraudolenta svolta in Spagna a danno di persone residenti in tale Stato membro, mentre la pronuncia portoghese concerne quella messa in atto in Portogallo a danno di persone residenti in quest’ultimo Stato membro.

37      In tale contesto, e con riserva di verifica da parte del giudice del rinvio, sembra che i fatti oggetto delle pronunce spagnola e portoghese non siano identici. La circostanza dedotta dal giudice del rinvio, secondo cui i reati commessi in Spagna e quelli commessi in Portogallo dovrebbero essere qualificati come «reato continuato» secondo il diritto spagnolo, non può mettere in discussione siffatta conclusione, nella misura in cui l’articolo 3, punto 2, della decisione quadro 2002/584 richiede una valutazione dei fatti materiali sulla base di elementi oggettivi che è, in conformità alla giurisprudenza citata al punto 31 della presente sentenza, indipendente dalla loro qualificazione giuridica nel diritto nazionale.

38      Tenuto conto del complesso delle suesposte considerazioni, si deve rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 3, punto 2, della decisione quadro 2002/584 deve essere interpretato nel senso che osta all’esecuzione di un mandato d’arresto europeo emesso da uno Stato membro in una situazione in cui la persona ricercata è già stata oggetto di una sentenza definitiva in un altro Stato membro e vi sconta una pena detentiva per il reato constatato in tale sentenza, a condizione che la persona di cui trattasi sia perseguita per gli stessi fatti nello Stato membro di emissione, senza che occorra, per dimostrare la sussistenza degli «stessi fatti», tenere conto della qualificazione dei reati in discussione secondo il diritto dello Stato membro d’esecuzione.

 Sulla seconda questione

39      Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se nell’ipotesi in cui occorresse rifiutare l’esecuzione del mandato d’arresto europeo in discussione sul fondamento dell’articolo 4, punto 6, della decisione quadro 2002/584 e non sul fondamento dell’articolo 3, punto 2, di detta decisione quadro, l’articolo 45 e l’articolo 49, paragrafo 3, della Carta, disposizioni che sanciscono rispettivamente il principio della libera circolazione e di proporzionalità delle pene, in combinato disposto con la decisione quadro 2002/584 nonché con la decisione quadro 2008/675, relativa alla considerazione delle decisioni di condanna tra Stati membri dell’Unione europea in occasione di un nuovo procedimento penale, e la decisione quadro 2008/909, relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali, ostino ad una normativa nazionale che non consente né di infliggere una sola pena a titolo di un insieme di fatti che possono essere qualificati come «reato continuato», commesso tanto in Spagna quanto in un altro Stato membro, né il meccanismo nazionale di cumulo delle pene per le pene pronunciate dai giudici di tale altro Stato membro e che devono essere eseguite in Spagna.

40      Al riguardo, il governo spagnolo contesta la ricevibilità della seconda questione sulla base del rilievo che, da un lato, l’oggetto del procedimento principale è decidere in appello sull’esecuzione del mandato d’arresto europeo in discussione, laddove, in caso di rifiuto di esecuzione del medesimo e di impegno ad eseguire in Spagna la pena pronunciata in Portogallo, gli effetti connessi al riconoscimento della pronuncia portoghese sarebbero trattati, eventualmente, nel corso di un nuovo procedimento. D’altro lato, l’interpretazione richiesta sarebbe prematura, giacché l’autorità giudiziaria d’esecuzione spagnola non avrebbe ancora pronunciato una decisione definitiva relativamente al riconoscimento e all’esecuzione in Spagna della pronuncia portoghese. Pertanto, sarebbe unicamente una volta che tale decisione fosse stata adottata che sorgerebbe la questione di accertare se le pene pronunciate rispettivamente in Spagna e in Portogallo debbano eventualmente essere oggetto di un qualche adattamento.

41      Secondo una giurisprudenza costante della Corte, il procedimento istituito dall’articolo 267 TFUE costituisce uno strumento di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, per mezzo del quale la prima fornisce ai secondi gli elementi d’interpretazione del diritto dell’Unione loro necessari per risolvere le controversie che essi sono chiamati a dirimere. Pertanto, la ratio del rinvio pregiudiziale non consiste nell’ottenere pareri consultivi su questioni generiche o ipotetiche, ma risponde all’esigenza di dirimere concretamente una controversia (v., in tal senso, sentenza del 30 giugno 2022, Valstybės sienos apsaugos tarnyba e a., C‑72/22 PPU, EU:C:2022:505, punti 47 e 48 e giurisprudenza ivi citata).

42      La Corte non può statuire su una questione pregiudiziale proposta da un giudice nazionale quando appaia in modo manifesto che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcun legame con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale, o qualora il problema sia di natura ipotetica (sentenza del 19 gennaio 2023, Unilever Italia Mkt. Operations, C‑680/20, EU:C:2023:33, punto 19 e giurisprudenza ivi citata).

43      Nel caso di specie, una richiesta di informazioni è stata rivolta al giudice del rinvio, invitando quest’ultimo a precisare, da un lato, il legame che stabilisce fra la seconda questione e il procedimento dinanzi ad esso pendente e, dall’altro, la ragione per la quale una risposta a detta questione gli sarebbe necessaria per dirimere il procedimento principale.

44      In risposta a tale richiesta, il giudice del rinvio ha fatto presente che le eventuali conseguenze della condanna della persona ricercata in Spagna sull’esecuzione, in Spagna, della pronuncia portoghese non sarebbero prese in considerazione nell’ambito del procedimento dinanzi ad esso pendente e che, una volta che la decisione di non consegna sarà definitiva, un altro procedimento giudiziario per l’esecuzione in Spagna della pena pronunciata dalla pronuncia portoghese sarà avviato.

45      In tale contesto, si deve ritenere che la questione di accertare quali conseguenze occorra trarre dalla condanna della persona ricercata in Spagna per l’esecuzione, in Spagna, della pronuncia portoghese si porrà soltanto quando una decisione sul riconoscimento di quest’ultima pronuncia sarà stata presa, cosicché tale questione non si pone ancora nel procedimento principale, che verte sull’esecuzione o sul rifiuto di esecuzione del mandato d’arresto europeo in discussione.

46      Si deve quindi constatare che una risposta alla seconda questione non è necessaria affinché il giudice del rinvio possa pronunciarsi nel procedimento dinanzi ad esso pendente e che, pertanto, tale questione è irricevibile.

 Sulle spese

47      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

L’articolo 3, punto 2, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009, 

deve essere interpretato nel senso che:

osta all’esecuzione di un mandato d’arresto europeo emesso da uno Stato membro in una situazione in cui la persona ricercata è già stata oggetto di una sentenza definitiva in un altro Stato membro e vi sconta una pena detentiva per il reato constatato in tale sentenza, a condizione che la persona di cui trattasi sia perseguita per gli stessi fatti nello Stato membro di emissione, senza che occorra, per dimostrare la sussistenza degli «stessi fatti», tenere conto della qualificazione dei reati in discussione secondo il diritto dello Stato membro d’esecuzione.

Firme