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Tunisia non è paese sicuro, diniego di protezione internazionale segue procedura ordinaria (Tr. Firenze, 2023)

20 settembre 2023, Tribunale di Firenze

Sussiste un aggiornamento della valutazione dei presupposti per l’inserimento del paese di origine del singolo richiedente nella lista paesi sicuri allo scopo di verificare i presupposti in forza dei quali la legge giustifica in via eccezionale il sacrificio dei diritti procedurali già menzionati, essendo imposto dalle direttive europee, e segnatamente dalla direttiva procedure per quel che attiene alla materia dei paesi sicuri, grava anche sugli Stati e dunque su tutti i suoi organi, compresi i giudici.

Conseguenza ne è che deve essere disapplicato, in parte qua, il D.M. 17 Marzo 2023 poiché non conforme ai criteri legislativi indicati nella direttiva 2013/32/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 giugno2013 e dichiarato il diritto del richiedente a permanere sul territorio dello stato sinché il suo ricorso giurisdizionale non verrà definito, poiché, disapplicato parzialmente e limitatamente agli effetti processuali il decreto, torna ad applicarsi la disciplina ordinaria e quindi la proposizione della domanda giudiziale ha determinato l’effetto sospensivo automatico dell’efficacia esecutiva della decisione di diniego della Commissione Territoriale, ai sensi dell’art. 35 bis comma 3 del D.lgs. 25 del 2008.

il sacrificio dei diritti dei migranti richiedenti asilo non esonera il giudice dal generale obiettivo di verifica e motivazione in ordine ai profili di sicurezza del Paese

 

 

TRIBUNALE ORDINARIO DI FIRENZE

Sezione Specializzata in materia di Immigrazione, Protezione Internazionale e libera circolazione dei cittadini UE.


Il Collegio, riunito in camera di consiglio, composto dai seguenti magistrati:

Dott.
Luca Minniti Presidente
Dott.ssa Barbara Fabbrini
Giudice Dott. Massimiliano Sturiale
Giudice Relatore Estensore

 nella causa iscritta a n. r.g.9787 /2023

PROMOSSA DA:

*** RICORRENTE


CONTRO

MINISTERO DELL’INTERNO

COMMISSIONE     TERRITORIALE     PER     IL     RICONOSCIMENTO      DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI LIVORNO;

RESISTENTE

all’esito della camera di consiglio del 20.09.2023 ha pronunciato il seguente

DECRETO

ex artt. 35 bis d.lgs. 25/2008 e 737 c.p.c.

** con note difensive depositate in data 05.09.2023 ha chiesto la revoca del decreto assunto nella camera di consiglio del 30.08.2023 e comunicato in data 31.08.2023 ed ha insistito per la sospensione dell’efficacia esecutiva del provvedimento di diniego della protezione internazionale a lui notificato in data 09.08.2023.

Nel termine di giorni 5 decorrenti dal deposito delle suddette note difensive, non sono  state depositate note di replica da parte dell’Amministrazione.

Orbene con le note sopra citate il ricorrente ha evidenziato come nel decreto in questione non siano stati presi in dovuta considerazione gli elementi di grave crisi socioeconomica, sanitaria, idrica, alimentare e politicache hanno recentemente riguardato la Tunisia. In specie il ricorrente ha sottolineato come l’involuzione autoritaria del paese e la crisi politica in atto siano tali da rendere obsoleta la valutazione di sicurezza compiutadal D.M. con il decreto 17 marzo 2023.

Il richiedente asilo, quindi, ha contestato che il proprio Paese di origine sia oggi qualificabile come“sicuro” senza allegare ragioni specifiche, peculiari, riferibili alla sola sua persona, ma facendo riferimento almutamento del quadro sociopolitico e sicuritario generale della Tunisia riguardante la generalità delle persone.

Ciò premesso occorre osservare che il Legislatore Italiano con il D.L. 4 ottobre 2018 ha inserito all’interno del D.Lgs 25 del 2008 l’art. 2 bis rubricato “paesi di origine sicura”. La norma prevede che con decreto del Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale, di concerto con i Ministri dell’Interno e della Giustizia, possa esser stilato un elenco dei Paesi di origine sicuri, individuati sulla base dei criteri enucleati ai commi 2 e ss. del medesimo art. 2 bis, all’esito di una formalizzata istruttoria tecnica. Il decreto in questione è stato emanato il 4 ottobre 2019 e poi successivamente aggiornato il 17 marzo 2023. In entrambe le versioni del decreto nella lista paesi da presumere sicuri è presente la Tunisia.

La disciplina in esame -com’è noto- prevede che l’inserimento di un paese all’interno del suddetto decretocrei una presunzione di sicurezza del paese in relazione alla domanda del richiedente asilo il quale, per vincere tare presunzione, deve, a norma del comma 5 del medesimo articolo 2 bis - tanto in fase amministrativa quanto poi in quella giudiziale – invocare “gravi motivi per ritenere che quel Paese non è sicuro per la situazione particolare in cui lo stesso richiedente si trova”.

E’ bene anche evidenziare che è la stessa normativa (v. art 2 bis, comma 2, ultimo inciso) a precisare che un paese – considerato sicuro – può non esserlo per determinate “parti del territorio o di categorie di persone”.

Nel caso di specie, tuttavia, il ricorrente non ha allegato motivi attinenti alla propria  “situazione particolare”, ma ha sostenuto che la Tunisia per i recenti avvenimenti che si sono verificati su tale territorio e che riguardano la generalità delle persone, non soddisfi più le condizioni previste dalla normativa(commi 2 e ss. dell’art. 2 bis) per essere inserita all’interno dell’elenco paesi sicuri.

Sicché occorre chiedersi se sia attribuito all’autorità giudiziaria - investita della questione - il potere/dovere di verificare il corretto inserimento di un Paese nella lista dei Paesi sicuri, ove la predetta indicazione – compiuta dall’Amministrazione – si discosti dai criteri previsti dalla legge oppure detta indicazione non sia più rispondente ai predetti criteri alla luce delle mutate condizioni di fatto.

Al fine di dare risposta al predetto quesito è necessario premettere che l’inserimento di un paese all’interno della lista paesi sicuri ha una pluralità di conseguenze sulla procedura applicata alle domande di protezione internazionale avanzate dai richiedenti provenienti da quel territorio.

In primo luogo, la decisione amministrativa può essere adottata con un esame prioritario ed a seguito di una procedura c.d. accelerata, e l’onere di motivazione gravante sull’amministrazione è attenuato in quanto “la decisione con cui è rigettata la domanda presentata dal richiedente di cui all'articolo 2-bis, comma 5, è motivata dando atto esclusivamente che il richiedente non ha dimostrato la sussistenza di gravi motivi perritenere non sicuro il Paese designato di origine sicuro in relazione alla situazione particolare del richiedente stesso” (v. art. 9, comma 2-bis del D.Lgs 25 del 2008); in secondo luogo la proposizione del ricorso giudizialenon ha efficacia sospensiva automatica; ed infine i termini di proposizione del ricorso sono dimidiati ( v. art. 35 bis del D.Lgs 25 del 2008), da 30 a 15 giorni.

Con quella che può definirsi “procedura paesi sicuri”, quindi, si introduce una deroga ad alcuni diritti procedurali che la direttiva 2013/32/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 (cd. Direttiva procedure) garantisce – in modo chiaro e specifico - al richiedente asilo.

Vi è in primo luogo la deroga a quanto previsto dall’art. 11, par. 2 della direttiva ove è prescritto che “gliStati membri dispongono inoltre che la decisione con cui viene respinta una domanda riguardante lo status di rifugiato e/o lo status di protezione sussidiaria sia corredata di motivazioni de jure e de facto”. Tuttavia è bene specificare al riguardo che la norma derogatoria (v. art. 9, comma 2-bis sopra riportato) si rivolge unicamente all’amministrazione, prevedendo per i suoi provvedimenti un onere di motivazione attenuato, ma non esonera il Giudice dal generale obbligo di verifica e motivazione in ordine ai profili di sicurezza del paese, sia con riferimento al rischio determinato da ragioni peculiari del singolo richiedente, sia in ordine alla sussistenza di violenza indiscriminata prodotta da un conflitto armato interno o internazionale.

E’ necessario evidenziare che la procedura accelerata prevede deroghe ai diritti esplicitamente qualificati dal legislatore europeo come estrinsecazione del principio dell’effettività della tutela giurisdizionale: in primoluogo al diritto a termini di impugnazione “ragionevoli” che “non rendono impossibile o eccessivamente difficile” l’accesso alla giustizia (cfr. art. 46 par. 4 direttiva procedure); ed in secondo luogo il diritto delrichiedente a rimanere nel territorio “fino alla scadenza del termine entro il quale possono esercitare il loro diritto a un ricorso effettivo oppure, se tale diritto è stato esercitato entro il termine previsto, in attesa dell’esito del ricorso” (art. 46 par 6 sempre della direttiva procedure).

In proposito va rammentato che, con riferimento specifico al termine di 15 giorni per la presentazione del ricorso giurisdizionale, la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha esplicitamente affermato che in assenza di una previsione comunitaria derogatoria “ il principio di effettività deve essere interpretato nel senso che osta aduna norma procedurale nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, che assoggetta una domanda volta ad ottenere lo status di protezione sussidiaria ad un termine di decadenza di quindici giorni lavorativi a decorrere dalla notifica, da parte dell’autorità competente, della possibilità, per un richiedente asilo la cui domanda sia stata respinta, di presentare una siffatta domanda” (cfr. Sentenza 20 ottobre 2016 emessa nella causa C-429/15).

Tuttavia è lo stesso legislatore europeo – nell’ottica di evitare l’abuso del diritto alla protezione internazionale - a consentire ai paesi membri di creare una lista paesi sicuri cui legare una procedura parzialmente diversa. Si tratta di una facoltà concessa agli stati membri e non un obbligo (tanto è vero chel’Italia ha introdotto l’art. 2 bis soltanto nel 2018 e quindi dopo aver dato precedente attuazione alla direttiva inquestione). Per un verso i legislatori nazionali sono liberi di prevedere norme derogatorie alle procedure di richiesta di protezione internazionale per i soggetti provenienti da un paese designato di origine sicura all’esito di una formalizzata istruttoria amministrativa; per altro verso – qualora il legislatore nazionale decida di inserire la nozione di paese sicuro nel sistema di asilo - è necessario che la qualificazione di un paese come sicuro si fondi sulle informazioni raccolteda fonti qualificate (le informazioni fornite da altri Stati membri, dall’EASO, dall’UNHCR, dal Consiglio d’Europa) e, costantemente, aggiornate (Quando gli Stati membri vengono a conoscenza di un cambiamentosignificativo nella situazione relativa ai diritti umani in un paese designato da essi come sicuro, dovrebbero provvedere affinché sia svolto quanto prima un riesame di tale situazione e, ove necessario, rivedere la designazione di tale paese come sicuro - Gli Stati membri riesaminano periodicamente la situazione nei paesi terzi designati paesi di origine sicuri conformemente al presente articolo).

Ciò emerge dal “considerando” n. 48 della direttiva procedure nel quale è previsto che “Al fine di garantire l’applicazione corretta dei concetti di paese sicuro basati su informazioni aggiornate, gli Stati membri dovrebbero condurre riesami periodici sulla situazione in tali paesi sulla base di una serie di fonti diinformazioni, comprese in particolare le informazioni di altri Stati membri, dell’EASO, dell’UNHCR, del Consiglio d’Europa e di altre pertinenti organizzazioni internazionali. Quando gli Stati membri vengono a conoscenza di un cambiamento significativo nella situazione relativa ai diritti umani in un paese designato da essi come sicuro, dovrebbero provvedere affinché sia svolto quanto prima un riesame di tale situazione e, ove necessario, rivedere la designazione di tale paese come sicuro”; ed all’art. 37 – che correlandosi a quanto sopra esposto – obbliga gli stati membri a riesaminare “periodicamente la situazione nei paesi terzi designati paesi di origine sicuri conformemente al presente articolo. La valutazione volta ad accertare che un paese è un paese di origine sicuro a norma del presente articolo si basa su una serie di fonti di informazioni, comprese in particolare le informazioni fornite da altri Stati membri, dall’EASO, dall’UNHCR, dal Consiglio d’Europa e da altre organizzazioni internazionali competenti.”.

Sicché proprio perché la creazione– a determinate condizioni - di un elenco di paesi sicuri consente ailegislatori nazionali di derogare ad alcuni diritti procedurali garantiti dalla direttiva ai richiedenti (diritti che tra l’altro trovano esplicito riconoscimento nell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE, nell’art 13 della CEDU, nonché agli artt. 24 e 113 Cost), deve ritenersi sussistente un potere/dovere di controllo dell’autorità giurisdizionale ordinaria, investita ritualmente della questione, sul legittimo inserimento di un paese all’interno della lista da cui discende causalmente una limitazione dei diritti procedurali e sostanziali che il legislatore europeo ha voluto garantire in via generale a tutti i richiedenti asiloquale strumento di tutela di diritti fondamentali della persona consacrati tanto nelle carte europee quanto nella Costituzione italiana.

Tale conclusione trova fondamento nei principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità in ordine alleprocedure accelerate rispetto alla corretta applicazione delle quali si impone un onere di verifica “ineludibile ed officiosa, attesa la stretta incidenza della scelta del modello procedimentale sul diritto soggettivo di protezione del richiedente il quale, nel corso della procedura accelerata, subisce una restrizione delle garanzie partecipative proprie della fase amministrativa, nonché una contrazione di quelle difensive dinanzi l'Autorità giurisdizionale, mediante la drastica riduzione dei termini.” (cfr. ex multis Cass. Civ. sez. I, 10/03/2021, n.6745; sez. II, 30/06/2021, n.18518).

Non solo, il potere del giudice di sindacare il corretto inserimento di un paese nella lista “paesi sicuri” ècoerente e trova fondamento esplicito con quanto previsto dal considerando n. 30 della direttiva procedure nella quale è previsto“che al richiedente siano fornite garanzie supplementari nei casi in cui il suo ricorso non abbia un effetto sospensivo automatico, al fine di renderlo effettivo in circostanze specifiche”. Dato che è opportuno che la procedura di esame di una domanda di protezione internazionalecontempli di norma per il richiedente almeno: il diritto di rimanere in attesa della decisione dell’autorità accertante (cfr. considerando n.25).

Ne consegue quindi che data la stretta incidenza della scelta del modello procedimentale sul diritto soggettivo di protezione del richiedente; nonché l’esigenza di assicurare una garanzia di legalità supplementare per il richiedente nel caso (come il presente) in cui il suo ricorso non abbia effetto sospensivo automatico devericonoscersi al giudice il potere/dovere di sindacare il corretto inserimento di un paese all’interno della lista.

Tale sindacato, è fondamentale specificare, deve essere rispettoso del principio di separazione dei poteri, e della discrezionalità attribuita all’amministrazione nella valutazione delle fonti qualificate poste alla base dell’inserimento di un paese nella lista.

In altre parole tale sindacato deve attestarsi sulla linea di un controllo che, senza ingerirsi nelle sceltediscrezionali della Pubblica autorità, assicuri la legalità sostanziale del suo agire, per la sua intrinseca coerenza anche e soprattutto in materie connotate da un elevato tecnicismo” (Consiglio di Stato, sez. III, 25 marzo 2013, n. 1645).

Del resto, la valutazione di sicurezza di un paese è un apprezzamento molto complesso e di conseguenza il sindacato del giudice, essendo pur sempre un sindacato di legalità e non di merito amministrativo, è limitato al riscontro della violazione delle regole procedurali e/o alla presenza di sopravvenienze di fatto ( la cui rilevanza èprevista espressamente dalle norme di adozione del Decreto in esame ) che fanno sorgere l’obbligo di revisione previsto dalle direttive e dalla disciplina nazionale, di cui si è dato conto.

Nel caso in esame il ricorrente, come anticipato in premessa, evidenzia significativi mutamenti della situazione socio-politica in Tunisia non presi in considerazione dall’Amministrazione nell’istruttoria che haportato all’inserimento nel DM. 04.10.2019 e poi alla conferma DM 17 marzo 2023 del paese nell’elenco paesi sicuri.

Sicché è da chiedersi quale “cambiamento significativo nella situazione relativa ai diritti umani in un paese designato da essi come sicuro” faccia sorgere l’obbligo dello Stato di riesaminare la situazione nei paesi terzi designati paesi di origine sicuri conformemente al presente articolo.

Ora, esaminando l’allegato 1 alla direttiva 2013/32/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013, si deve ritenere che un paese può essere considerato paese di origine sicuro “se, sulla base dellostatus giuridico, dell’applicazione della legge all’interno di un sistema democratico e della situazione politica generale, si può dimostrare che non ci sono generalmente e costantemente persecuzioni quali definitenell’articolo 9 della direttiva 2011/95/UE, né tortura o altre forme di pena o trattamento disumano o degradante, né pericolo a causa di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”.

E che “Per effettuare tale valutazione si tiene conto, tra l’altro, della misura in cui viene offerta protezione contro le persecuzioni ed i maltrattamenti mediante:

a)   le pertinenti disposizioni legislative e regolamentari del paese ed il modo in cui sono applicate;

b)      il rispetto dei diritti e delle libertà stabiliti nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e/o nel Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici e/o nellaConvenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, in particolare i diritti ai quali non si può derogare a normadell’articolo 15, paragrafo 2, di detta Convenzione europea;

c)     il rispetto del principio di «non-refoulement» conformemente alla convenzione di Ginevra;

d)   un sistema di ricorsi effettivi contro le violazioni di tali diritti e libertà.”

Così analogamente il legislatore nazionale nel recepire la direttiva citata ha previsto, ai commi 2 e 3dell’art. 2 bis del D.Lgs 25 del 2008, che “Uno Stato non appartenente all'Unione europea può essere consideratoPaese di origine sicuro se, sulla base del suo ordinamento giuridico, dell'applicazione della legge all'internodi un sistema democratico e della situazione politica generale, si puo' dimostrare che, in via generale e costante,non sussistono atti di persecuzione quali definiti dall'articolo 7 del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, ne' tortura o altre forme di pena o trattamento inumano o degradante, ne' pericolo a causa di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale. Ai fini della valutazione di cui al comma 2 si tiene conto, tra l'altro, della misura in cui è offerta protezione contro le persecuzioni ed imaltrattamenti mediante: a) le pertinenti disposizioni legislative e regolamentari del Paese ed il modo in cui sonoapplicate;

b) il rispetto dei diritti e delle libertà stabiliti nella Convenzione europea per la salvaguardia dei dirittidell'uomo e delle libertà fondamentali del 4 novembre 1950, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848,nel Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, aperto alla firma il 19 dicembre 1966, ratificato ai sensi della legge 25 ottobre 1977, n. 881, e nella Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura del 10 dicembre 1984, in particolare dei diritti ai quali non si può derogare a norma dell'articolo 15, paragrafo 2,della predetta Convenzione europea; c) il rispetto del principio di cui all'articolo 33 della Convenzione di Ginevra; d) un sistema di ricorsi effettivi contro le violazioni di tali diritti e libertà”

Sicché alla luce di tali norme la sopravvenienza in grado di far sorgere l’obbligo di revisione di cui si è detto può attenere - per un verso - al diffondersi di persecuzioni (quali definite nell’articolo 9 della direttiva2011/95/UE,) tortura, altre forme di pena o trattamento disumano o degradante, o pericolo a causa di violenzaindiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale oppure, può riguardare – per altro verso -il modo con cui le persecuzioni ed i maltrattamenti vengono prevenuti da quello stato avendo riferimento alternativamente a) alle pertinenti disposizioni legislative e regolamentari ed il modo in cui sono applicate; b) al il rispetto dei diritti e delle libertà stabiliti nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e/o nel Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici e/o nella Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, in particolare i diritti ai quali non si può derogare a norma dell’articolo 15, paragrafo 2, di detta Convenzione europea; c) al rispetto del principio di «non-refoulement» conformemente allaconvenzione di Ginevra; d) alla sussistenza o meno un sistema di ricorsi effettivi contro le violazioni di tali diritti e libertà.

In altre parole, il mutamento delle circostanze può riguardare tanto il mutamento delle condizioni di fatto in quel determinato paese nel quale, in ipotesi, potrebbero essersi diffuse forme di persecuzione fino a quel momento non considerate dall’Amministrazione nella propria valutazione, quanto il mutamento del quadro politico e normativo – e della conseguente situazione socio politica – finalizzato alla prevenzione e repressionedelle forme di persecuzione e maltrattamenti ai danni della popolazione.

Ciò rende necessario l’esame delle attuali condizioni di sicurezza della Tunisia operato dalle fonti qualificate più aggiornate al fine di verificare se non vi sia stato un mutamento delle condizioni di fatto tale da determinare un “cambiamento significativo nella situazione relativa ai diritti umani”; le fonti qualificate sonoquelle indicate dal Legislatore europeo ed in particolare le informazioni fornite da altri Stati membri, dall’EASO, dall’UNHCR, dal Consiglio d’Europa e da altre organizzazioni internazionali competenti; eraffrontando dette fonti con quelle utilizzate dall’amministrazione nell’istruttoria che ha portato all’emanazione del decreto al fine di enucleare quali mutamenti di fatto rilevanti – nel senso in cui sopra specificato - si siano medio tempore verificati.

Orbene guardando alle premesse del D.M. 17 Marzo 2023 emerge che con “l'appunto n. 181962 del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale” il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha trasmesso agli altri Ministeri coinvolti (Giustizia ed Interno) “le schede contenenti le determinazioni relativamente” ai Paesi considerati sicuri. Tale “appunto” e la scheda ad esso allegata quindi rappresentano l’atto interno con cui è stata compiuta la valutazione di sicurezza da parte dell’Amministrazione in forza dei criteri legislativi europei sopra evidenziati, e deve essere compiutamenteanalizzato al fine di verificare il corretto inserimento della Tunisia nell’elenco alla luce dei criteri sopra enucleati.

Analizzando la scheda sicurezza della Tunisia, aggiornata al 28/10/2022, si può vedere come l’Amministrazione abbia già valutato in parte alcuni degli eventi di crisi sociopolitica citati dal ricorrente all’interno dei suoi atti difensivi.

Ed in specie l’Amministrazione ha tenuto conto della grave crisi democratica che investe la Tunisia e dell’impatto che essa ha sul “suo ordinamento giuridico”, e sull’applicazione della legge “all'interno di un sistema democratico”.

Di fatti l’Amministrazione ha preso in considerazione il fatto che era in corso una significativa concentrazione di tutti i poteri dello Stato in capo al Presidente Saied tanto è vero che – nella parte relativa all’Ordinamento giuridico (“situazione legale”) - si legge che il “DPR n. 117 del 22 settembre 2021, di fatto ha concentrato la maggior parte dei poteri nelle mani del Presidente”.

Tuttavia, ciò – ad avviso dell’Amministrazione – non sarebbe stato sufficiente per escludere il paese dalla lista in quanto, per un verso sarebbe stata preservata l’indipendenza della magistratura, nonostante il “PresidenteSaïed ha adottato nei mesi scorsi un decreto con il quale ha unilateralmente destituito 57 giudici”.

L’indipendenza sussisterebbe ancora – secondo la valutazione dell’Amministrazione – poiché il Tribunale amministrativo ha sospeso l'esecuzione di tale decreto, a dimostrazione del fatto che la Magistratura mantiene ancora essenzialmente una sua indipendenza”.

Così come, “Un altro importante test” (v. pag 56 scheda sicurezza paese) per la Tunisia sarebbero state le elezioni democratiche del 17 dicembre 2022 per le quali il “controllo è affidato all’ISIE, organo indipendente che sta vigilando sulla correttezza delle procedure di voto” il che secondo la schedadell’Amministrazione avrebbe garantito un sufficiente tasso di democraticità del paese.

Ma, ad oggi, tali elementi, che hanno portato l’Amministrazione a ritenere che la crisi del sistema democratico tunisino non fosse talmente grave da determinare la sua esclusione dalla lista paesi sicuri, devono esser riconsiderati alla luce di alcuni recentissimi e gravi sviluppi che hanno riguardato proprio alcuni deglielementi valorizzati dall’amministrazione in sede istruttoria.

In particolare – per ciò che attiene all’indipendenza della magistratura – sebbene il 9 agosto 2022 ilTribunale Amministrativo di Tunisi avesse sospeso -per 49 su 57 magistrati- il provvedimento presidenziale di destituzione emesso da Saied, ordinando la loro reintegrazione, a tutt’oggi tale ordine è rimasto ineseguito (cfr. https://www.tap.info.tn/en/Portal-Politics/15451071-dismissal-of ; https://www.amnesty.org/en/documents/mde30/6040/2022/en/).

Non solo, risulta anche che il 12 febbraio 2023 tra gli arresti di massa compiuti siano stati coinvolti anche due giudici oggetto del provvedimento destituivo dal Presidente nel Giugno 2022 (cfr. La polizia tunisina arresta ex giudici licenziati dal presidente, dicono avvocati e media | Reuters ).

Lo stesso Presidente poi, con riferimento agli arresti politici, ha affermato, riferendosi ai magistrati arrestati che chiunque avesse “osato esonerare” dalle loro responsabilità gruppi criminali sarebbe statoconsiderato loro “complice” (v. https://www.amnesty.it/indagini-per- reati-infondati-nuovo-giro-di-vite-in-tunisia/;

https://www.hrw.org/news/2023/02/27/tunisia-president-intensifies-attacks-judicial- independence ).

Quanto poi alle elezioni svoltesi il 17 dicembre 2022, deve rilevarsi come risulti che Saïed abbia sostituito il comitato esecutivo dell'ISIE (organo indipendente di controllo delle elezioni) con persone di sua fiducia e l'organismo, nella nuova composizione, sia stato incaricato di organizzare sia le elezioni che il referendum. Conil referendum costituzionale inoltre è stata modificata la modalità di elezione dell’ISIE, la quale non è più disciplinata dalla Costituzione secondo una procedura vincolante. Oggi i membri dell’organismo di controllo possono essere nominati con legge ordinaria, o decreto presidenziale. (v. Tunisia: Rapporto Paese 2023 sulla libertà nel mondo | Casa della Libertà (freedomhouse.org) .

Così, le successive elezioni parlamentari del dicembre 2022, così organizzate, hanno registrato una partecipazione inferiore al 9% degli aventi diritto al voto (v New York Times, As Tunisia Drifts Farther From Democracy, Voters Shun Election, 20 dicembre 2022, https://www.nytimes.com/2022/12/20/world/middleeast/tunisia-election-parliament.html ; Al Jazeera, Tunisia’s election: The beginning of the end for Saeid, 19 dicembre 2022, https://www.aljazeera.com/opinions/2022/12/19/tunisias-election-the-beginning-of-the-end- for-saeid ; WPR, Tunisia’s Low-Turnout Elections Just Backfired for Saied, 20 dicembre 2022, https://www.worldpoliticsreview.com/kais-saied-tunisia-democracy-constitution- elections/ ; The Guardian, Tunisian parliamentary election records just 8.8% turnout, 18 dicembre 2022, https://www.theguardian.com/world/2022/dec/17/tunisian-parliamentary- election-records-just-88-turnout Al Jazeera, Tunisia’s election: The beginning of the end for Saeid, 19 dicembre 2022b, https://www.aljazeera.com/opinions/2022/12/19/tunisias- election-the-beginning-of-the-end-for-saeid) .

Il ballottaggio delle elezioni parlamentari, parimenti, è stato caratterizzato dalle medesime bassissime percentuali di affluenza al voto (Al ballottaggio delle elezioni parlamentari in Tunisia l'affluenza è stata solo dell'11 per cento - Il Post) ed infine il 14 settembre 2023, la Tunisia ha vietato l’ingresso nel Paese a una delegazione del Parlamento Europeo (La Tunisia ha vietato l'ingresso nel paese a una delegazione del ParlamentoEuropeo- Il Post ).

Vi è un ulteriore e rilevantissimo profilo da considerare ai fini della rivalutazione della presunzione di sicurezza di un paese terzo.

È bene evidenziare che il deterioramento delle condizioni democratiche che ha riguardato la Tunisia impone anche la verifica della “la misura in cui è offerta protezione contro le persecuzioni ed i maltrattamenti mediante: (…) il rispetto del principio di cui all'articolo 33 della Convenzione di Ginevra” (cfr. art. 2 bis comma 3 lett. C) D.lgs 25 del 2008).

 Nell’istruttoria amministrativa, con riguardo a questo specifico aspetto già si evidenziava come in Tunisianon vi fosse una disciplina “dedicata alla concessione dell’asilo o dello status di rifugiato” pur considerando cheil Ministro dell’Interno riesce a “coordinarsi regolarmente con UNHCR. Nelle more della definizione di un quadro giuridico definito, UNHCR è l’unico soggetto che conduce valutazioni sullo status di rifugiato. UNHCRfornisce assistenza ai rifugiati registrati per cure sanitarie di base e, in alcuni casi, istruzione di base. Il governo garantisce ai rifugiati registrati accesso a servizi di istruzione e alle strutture pubbliche per la sanità di base.”

Posto che non risulta allo stato essere stato definito alcun quadro giuridico riguardo il riconoscimento del diritto di asilo, risulta di contro che l’UNHCR in data 27 giugno 2023 abbia espresso profonda preoccupazione, “per la sicurezza e il benessere di centinaia di migranti, rifugiati e richiedenti asilo in Tunisia, che rimangonobloccati in condizioni terribili a seguito del loro allontanamento in aree remote e desolate vicino ai confini del Paese con Libia e Algeria. Altri sono stati spinti oltre i confini verso la Libia o l’Algeria”.

In particolare, UNHCR ha richiesto a “tutti i paesi coinvolti di rispettare i propri obblighi legaliinternazionali nei confronti di migranti, rifugiati e richiedenti asilo”; ritenendo necessaria una “tempestiva risoluzione di questa situazione. Ciò include anche la garanzia che coloro che necessitano diprotezione internazionale siano identificati e abbiano l’opportunità di chiedere asilo, e che i migranti vulnerabili, comprese le vittime della tratta e i                    minori       non     accompagnati,          siano      indirizzati   verso servizi                  adeguati”                  (v. https://www.unhcr.org/news/press-releases/unhcr-and-iom-appeal-urgent-solutions- refugees-and-migrants-stranded-tunisia) .

Tale preoccupazione, in data 17.07.2023, è stata condivisa dalla Commissaria per i diritti umani delConsiglio d’Europa, Dunja Mijatović, in una relazione relativa alla conclusione di un memorandum d’intesa tra ipaesi Unione Europea e Tunisia – che prevede, tra l’altro, una più stretta cooperazione in materia migratoria – hasottolineato come sia necessario “insistere su una chiara tutela dei diritti umani in qualsiasi ulteriore cooperazione in materia di migrazione con la Tunisia”; “La tutela globale dei diritti umani deve essere parteintegrante di qualsiasi attività di cooperazione in materia di migrazione tra gli Stati membri del Consigliod’Europa e i paesi terzi, compresa la Tunisia. Tali garanzie dovrebbero garantire che il sostegno non si traduca, direttamente o indirettamente, in violazioni dei diritti umani da parte di tali paesiterzi. Le gravi violazioni dei diritti umani contro i rifugiati e i migranti denunciate di recente in Tunisia non fanno altro che rendere più urgente l’inclusione di tali garanzie” (cfr. https://www.coe.int/en/web/commissioner/-/european-states-migration-co- operation-with-tunisia-should-be-subject-to-clear-human-rights-safeguards) .

E successivamente, in data 05.09.2023, anche il mediatore europeo ha aperto un'indagine di propria iniziativa su come la Commissione europea intendesse garantire il rispetto dei diritti umani dei migranti in Tunisia, aprendo formalmente un “caso” relativo al memorandum d’intesa suddetto e chiedendo alla commissione se “ha effettuato una valutazione dell'impatto sui diritti umani (HRIA) del protocollo d'intesa prima della sua conclusione e ha considerato possibili misure per mitigare i rischi di violazioni dei diritti umani, in particolare nel contesto delle azioni previste in materia di "migrazione e mobilità"?” e se si di renderla pubblica, e se “intende la Commissione effettuare una HRIA periodica, sistematica ed efficace delle azioni intraprese nel corso dell'attuazione del memorandum”. (v. https://www.ombudsman.europa.eu/en/opening-summary/en/175102).

L’analisi complessiva degli eventi successivi al 28 ottobre 2022 – data di ultimo aggiornamento della scheda paese riguardante la Tunisia – denota come siano avvenuti nell’ultimo anno eventi che hanno riguardato aspetti critici già qualificati come tali dalla stessa scheda ministeriale, e che hanno reso la situazione tunisina – proprio con riguardo a tali aspetti - ancora più critica sia sotto il profilo del tasso di democraticità del paese che è funzionale, inter alia, alla permanenza di un “un sistema di ricorsi effettivi contro le violazioni” dei diritti e libertà stabiliti nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali del 4 novembre 1950, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848, nel Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, aperto alla firma il 19 dicembre 1966, ratificato ai sensi della legge 25 ottobre 1977, n. 881, e nella Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura del 10 dicembre 1984, in particolare dei diritti ai quali non si può derogare a norma dell'articolo 15, paragrafo 2, della predetta Convenzione europea”.

Sia poi con riferimento alla “misura in cui è offerta protezione contro le persecuzioni ed i maltrattamenti mediante: (…) il rispetto del principio di cui all'articolo 33 della Convenzione di Ginevra”, (cfr. art. 2 bis comma 3 lett. B) C) e D.lgs 25 del 2008).

Sicché, è proprio perché trattasi di aggiornamenti relativi a fatti già ritenuti rilevanti dall’amministrazione, in modo coerente coi criteri legislativi, che può dirsi che gli eventi recentemente verificatisi in Tunisia -per come descritti dalle fonti qualificate sopra riportate rappresentano- un “cambiamento significativo nellasituazione relativa ai diritti umani in un paese designato da essi come sicuro” in conseguenza dei quali ed in conformità al diritto sovranazionale sorge l’obbligo dello Stato di riesaminare tempestivamente la situazione nei paesi terzi designati paesi di origine sicuri conformemente al presente articolo.

Il suddetto necessario riesame non è ancora avvenuto e ad oggi la Tunisia permane formalmentenell’elenco dei paesi sicuri, in forza di una valutazione non più aggiornata, e che avrebbe dovuto esserlo; perquesta ragione non può ritenersi- allo stato- giustificata la deroga delle regole relative al diritto di accesso alla giustizia di cui sopra si è detto.

Del resto, è utile specificare come, nell’ambito dei giudizi di protezione internazionale il dovere di verifica aggiornata e di cooperazione istruttoria poggia sull’obbligo gravante sia sul decisore amministrativo che sul giudice di decidere il caso con valutazione attualizzata.

L’art.3 d.lgs n. 251/2007 e dagli artt. 8 e 27, comma 1-bis, d.lgs n. 25/2008, norme attuative delle direttive 2005/85/CE (prima “direttiva procedure”) e 2004/83/CE (“direttiva qualifiche”), impongo al giudice di esaminare la domanda, su base individuale, alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo (cfr. v. funditus Cass., n. 17075/2018).

Tale dovere di aggiornamento della valutazione dei presupposti per l’inserimento del paese di origine del singolo richiedente nella lista paesi sicuri allo scopo di verificare i presupposti in forza dei quali la legge giustifica in via eccezionale il sacrificio dei diritti procedurali già menzionati, essendo imposto dalle direttive europee, e segnatamente dalla direttiva procedure per quel che attiene alla materia dei paesi sicuri, grava anche sugli Stati e dunque su tutti i suoi organi, compresi i giudici.

Conseguenza ne è che deve essere disapplicato, in parte qua, il D.M. 17 Marzo 2023 poiché non conforme ai criteri legislativi indicati nella direttiva 2013/32/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 giugno2013 e dichiarato il diritto del richiedente a permanere sul territorio dello stato sinché il suo ricorso giurisdizionale non verrà definito, poiché, disapplicato parzialmente e limitatamente agli effetti processuali il decreto, torna ad applicarsi la disciplina ordinaria e quindi la proposizione della domanda giudiziale ha determinato l’effetto sospensivo automatico dell’efficacia esecutiva della decisione di diniego della Commissione Territoriale, ai sensi dell’art. 35 bis comma 3 del D.lgs. 25 del 2008.

P.Q.M.

Il Tribunale di Firenze, in composizione collegiale, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e difesa:

Dichiara che il provvedimento impugnato deve considerarsi automaticamente sospeso per effetto della proposizione del ricorso e per tutta la durata del procedimento.

 SI COMUNICHI ALLE PARTI ED AL PM

Firenze, così deciso alla camera di consiglio del 20.09.2023.

Il Relatore-Estensore
Dott. Massimiliano Sturiale

 

Il Presidente
Dott. Luca Minniti