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"Madre inadeguata" non è reato, ma calunnia non scriminata negli scritti difensivi (Cass. 25035/23)

9 giugno 2023, Cassazione penale

Non sono punibili le offese contenute negli scritti e nei discorsi pronunciati dinanzi alle autorità giudiziarie o amministrative non si applica allorché l'esposizione infedele espressa con la consapevolezza dell'innocenza dell'accusato integri un fatto costitutivo di illecito penale (calunnia), essendo, in tal caso, del tutto irrilevante la circostanza di avere agito nell'espletamento di condotta difensiva.

Cassazione penale

sez. V, ud. 16 febbraio 2023 (dep. 9 giugno 2023), n. 25025
Presidente Zaza – Relatore Miccoli

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 19 maggio 2022, il Tribunale di Viterbo, in funzione di giudice di appello, rigettando l'impugnazione proposta dalla parte civile, ha confermato la pronuncia di primo grado con la quale P.A. era stato assolto, in quanto non punibile ai sensi dell'art. 598 c.p., dal reato di diffamazione nei confronti della ex moglie Z.M.

2. Avverso la suindicata sentenza ha proposto ricorso la parte civile, con atto sottoscritto dal difensore ed articolato nell'unico motivo qui di seguito sintetizzato a norma dell'art. 173, comma 1, disp. att. c.p.p..

Si denunziano violazione di legge e correlati vizi motivazionali in riferimento alla riconosciuta esimente di cui all'art. 598 c.p..

Il giudice di appello ha ritenuto non sussistere in uno scritto difensivo dell'imputato l'intento accusatorio nei confronti della ex moglie, controparte nella controversia di separazione, poiché l'obiettivo dell'atto era evidenziare l'inidoneità della donna, quale genitore, a prendersi cura del figlio minorenne.

La parte civile, però, contesta l'applicazione dell'esimente, in quanto l'esposizione infedele operata dall'imputato integrerebbe gli estremi del reato di calunnia, essendo stata accusata del reato di abbandono di minori previsto dall'art. 591 c.p., con consapevolezza della propria innocenza.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è inammissibile.

2. I giudici di merito hanno correttamente applicato l'art. 598 c.p.

In proposito, va ricordato che, in tema di delitti contro l'onore, perché possa ricorrere la scriminante prevista dall'art. 598 c.p.(relativa alle offese eventualmente contenute in scritti presentati o discorsi pronunciati dalle parti o dai loro difensori in procedimenti innanzi alla autorità giudiziaria od amministrativa), è necessario che le espressioni ingiuriose concernano, in modo diretto ed immediato, l'oggetto della controversia ed abbiano rilevanza funzionale per le argomentazioni poste a sostegno della tesi prospettata o per l'accoglimento della domanda proposta (Sez. 5, n. 8421 del 23/01/2019, Gigli, Rv. 275620; Sez. 5, n. 2507 del 24/11/2016, dep. 2017, Rv. 269075; Sez. 6, n. 14201 del 06/02/2009, Dodaro, Rv. 243832).

Peraltro, l'esimente di cui all'art. 598 c.p. -per il quale non sono punibili le offese contenute negli scritti e nei discorsi pronunciati dinanzi alle autorità giudiziarie o amministrative non si applica allorché l'esposizione infedele espressa con la consapevolezza dell'innocenza dell'accusato integri un fatto costitutivo di illecito penale (calunnia), essendo, in tal caso, del tutto irrilevante la circostanza di avere agito nell'espletamento di condotta difensiva (Sez. 5, n. 32823 del 06/02/2019, Rv. 276773 01; Sez. 5, n. 31115 del 30/06/2011, Rv. 250587).

La sentenza in esame ha chiarito che le espressioni utilizzate dall'imputato nel proprio scritto difensivo concernevano in modo diretto ed immediato la controversia in tema di separazione intercorrente tra lo stesso e la moglie; esse, infatti, sono state proposte in maniera funzionale a sostegno della domanda con la quale era stata chiesta pronuncia di addebito della separazione alla donna e l'affidamento in via esclusiva del figlio minore al padre, in ragione della ritenuta incapacità della madre di prendersene cura in modo adeguato.

La natura calunniosa delle argomentazioni dello scritto difensivo è stata pertanto esclusa dal Tribunale sulla base del tenore complessivo dell'atto, finalizzato a sostenere l'incapacità genitoriale della donna, che avrebbe anteposto le proprie esigenze a quelle di assistenza del figlio minore, che sarebbe stato trascurato e non "abbandonato", condotta quest'ultima riconducibile nella fattispecie di cui all'art. 591 c.p. e integrata solo da qualunque azione od omissione contrastante con il dovere giuridico di cura o di custodia che grava sul soggetto agente e da cui derivi uno stato di pericolo, anche meramente potenziale, per la vita o l'incolumità del soggetto passivo (Sez. 1, n. 5 del 11/05/2021 -dep. 03/01/2022- Rv. 282481).

A fronte di un percorso motivazionale puntuale, congruo e non manifestamente illogico della sentenza impugnata (si vedano in particolare pagg. 3-4), le deduzioni proposte con il ricorso risultano aspecifiche e finalizzate ad ottenere da questa Corte una rivalutazione del merito, con allegazioni di fatti afferenti alla "piena consapevolezza" da parte dell'imputato della "innocenza della ex consorte" (si veda in tal senso anche la memoria conclusiva depositata nell'interesse della ricorrente).

3. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di Euro 3000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

I rapporti tra le parti impongono l'oscuramento dei dati personali.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n.196-03, art. 52 in quanto imposto dalla legge.